Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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26 luglio 2008

Obama a Berlino

Lucia Sgueglia
Barack-Mania. I media tedeschi tra scetticismo e fascinazione
"Manifesto", 25 luglio 2008

«Non facciamoci illusioni»: il discorso di Obama alla Siegessäule è stata una vetrina elettorale, diretta soprattutto al pubblico americano. Su questo tutti i tedeschi concordano da giorni. Non solo: le location simbolo della storia di Berlino e il passato tedesco sono stati abilmente sfruttate dal candidato alla presidenza Usa a fini pubblicitari. Tanto che alla vigilia la berlinese Tageszeitung faceva ironia proponendo un elenco di siti alternativi che Barack avrebbe potuto scegliere come palcoscenico: tra cui, omaggio al multiculti, un imbiss (chiosco) di kebab o la periferia ex comunista dell'est dove ancora arranca la 'vecchia' classe operaia. Non mancano le critiche, anche aspre, alla visita del senatore dell'Illinois a Berlino. Ma certo è che da una settimana è Obamamania in Germania, non solo tra i fan entusiasti del runner democratico, ma soprattutto sui media. Colonizzate dall'evento prime, seconde e terze pagine. I commentatori fanno a gara per rintracciare le ragioni profonde dell'entusiasmo, in un paese oggi tanto allergico alla propaganda e al «culto della personalità». A criticarne i riti è per prima la Frankfurter Allgemeine. Che però ha lanciato sul suo sito un live reportage sulla visita, dove ieri mattina si leggeva: «è sbarcato, porta gli occhiali da sole». Mentre il settimanale Spiegel gli ha dedicato la copertina: «La Germania incontra la Superstar». «Due colori, nero» azzardava invece dalla Sueddeutsche L. Goldman facendo appello addirittura al mito della razza: «Obama dà un nuovo significato al colore nero per i tedeschi. In un mondo che non è più omogeneo, viene a portare il suo messaggio di universalismo in un paese che è etnicamente è ancora molto omogeneo». Contro il razzismo: «Obama ha globalizzato il colore della sua pelle. È un fenotipo-esperanto». «Speranza nel portatore di speranza» ha cantato la Zeit. Le aspettative dei politici tedeschi sono alte: Difesa dell'ambiente, pace, valori comuni - è di questo che si tratta.Sopravvalutato? Secondo un sondaggio pubblicato di recente dalla Bild, il 72 cento dei tedeschi voterebbe per Obama. Ma gran parte del suo successo, ricordano molti, è dovuta all'impopolarità, anzi all'odio per George W. Bush: la maggior parte dei tedeschi non vedono l'ora che se ne vada. Peggio di lui, per loro, c'è solo il concorrente repubblicano Mc Cain - vistosamente ignorato dai media tedeschi.«Pro e contro: perché andare a sentire Obama che parla - o anche no» - propone ancora la Taz. Si rischia di finire, non volenti, nei poster e negli spot tv della campagna presidenziale che circoleranno nei prossimi mesi negli Usa. Ma in ballo c'è il dialogo Usa-Europa: se una folla giubilante si assembla alla Colonna, dimostrerà anche che l'obiezione alla guerra in Iraq non è antiamericanismo. Attenti però al messianismo: «Barack Obama non è Gesù. Nè un Salvatore». Ancora la conservativa Sueddeutsche riportava ieri un commento di Kurt Kister, dove si spiegano invece le ragioni dello scetticismo anti-Obama in Germania: «Noi tedeschi siamo così: ciò che può Michael Ballack, non può il prossimo presidente degli States. Perlomeno, ne è convinta la Cancelliera. Se un candidato tedesco a qualche elezione avesse osato un discorso al Lincoln Memorial, tutti qui gli avrebbero riso dietro». Oggi l'America, prosegue Kister, è «l'amico piu odiato» della Germania. Tuttavia, «a nessuno è indifferente. La nostra società è totalmente americanizzata». Il candidato Obam, dice il columnist, per ogni tedesco è una proiezione in cui può ritrovare la propria nostalgia del Buon Americano: il ricordo che esiste «un'altra America». Kennedyana: l'aggettivo ricorre come un mantra sui fogli tedeschi. L'ultima parola alla Zeit on line. In passato i presidenti Usa, vi si legge, venivano a Berlino perché rappresentava il centro del conflitto Est-Ovest. Oggi, è il paese che aiuta a risolverli. Sempre che non si parli di Iraq o Afghanistan.
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*segnalato da A.R.

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