Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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22 luglio 2008

Quanto lavorano i professori universitari?

Alcuni quotidiani nazionali stanno pubblicando articoli a tutta pagina con ampio uso dell'infografica per "denunciare" all'opinione pubblica quello che accade nei nostri Atenei. Alcune "inchieste" arrivano con anni di ritardo, ma i dati diffusi in questi giorni non corrispondono alla realtà. Ieri "calcolatrice alla mano" si dimostrava che nell'Università pubblica italiana i professori lavorano tre ore e trentanove minuti al giorno per 5 giorni alla settimana .. tutto compreso: lezioni, commissioni di esami, sedute di laurea, consigli vari, ricevimento studenti, tesi, attività di e-learning, ricerca, ecc. Si precisava anche che dividendo per 365 giorni le ore diventano 29 al mese, vale a dire meno di un'ora al giorno che sicuramente rende meglio l'idea. Questo è un sicuro esempio di giornalismo non riflessivo, un giornalismo che tende allo scandalo senza neppure sapere che cosa sia la ricerca, senza neppure sapere come funzioni una Facoltà universitaria. E' un giornalismo che non indaga per capire e far capire E' un giornalismo che travolge ogni possibile comprensione.
Le notizie diffuse in questi giorni, che sicuramente saranno amplificate nei prossimi giorni, meritano alcune considerazioni.
In via prioritaria si dovrebbe spiegare all'opinione pubblica chi siano i professori universitari, quale attività veramente svolgono, con quali modalità, che cosa vuol dire fare ricerca? che cosa vuol dire organizzare e gestire un seminario, che cosa vuol dire seguire una tesi di laurea? quanto tempo di lavoro richiede la ricerca, quanto tempo richiede la preparazione di una lezione che durerà circa 2 ore? quanto tempo richiede la correzione di una tesi di laurea, ecc. Perché è utile investire risorse nella ricerca? Perché è utile investire nella formazione universitaria? Perché lo Stato deve investire nella ricerca, anche quella umanistica? Perché lo Stato deve investire risorse per la formazione universitaria? Possiamo ottenere di più dal mondo accademico? Possiamo offrire di più a chi frequenta l'Università? possiamo migliorare la qualità dei nostri docenti per migliorare la qualità della nostra ricerca e dei nostri laureati?
L'Università è prima di tutto una comunità ed ogni comunità umana è fatta di sfumature più o meno evidenti: in ogni Università ci sono docenti (anche di chiara fama) che neppure i colleghi vedono mai, ci sono docenti che danno il minimo con il minimo sforzo, ci sono docenti che esplicano i loro talenti in modi diversi. Chi scrive furiosamente, chi partecipa ad ogni convegno possibile forse non è troppo presente nelle aule o nelle stanze dei dipartimenti, alle volte proprio per questa attività di ricerca o di relazioni pubbliche consegna visibilità ed autorevolezza alla propria Facoltà e al proprio Ateneo. Ci sono quelli che si chiudono da mattina a sera in laboratorio o in archivio, non partecipano troppo a Consigli e "consiglietti" ma "producono" scienza, scrivono libri che meritano di essere meditati, studiati e tradotti, ecc..
Ci sono soprattutto quelli che amo definire gli "artigiani" dell'Università che con sicura passione coniugano ricerca e attività didattica cercando di comunicare competenze e valori. Gli "artigiani" sono quelli che sono sempre lì, quelli che ritengono di poter condividere con gli studenti e con i laureandi un tratto di strada, per insegnare un metodo di lavoro ed uno stile di vita. Gli "artigiani" sono quelli che non hanno mai pensato di misurare il tempo da dedicare alla didattica, quello per la ricerca o quello per tutte le attività di contorno che crescono in misura esponenziale. Gli "artigiani" sono quelli che confondono il tempo del lavoro con il tempo libero, quelli che non hanno orari perché non esiste l'interruttore on/off per disattivare il ragionamento, quelli che entrano in una libreria di domenica e lì inconsapevolmente "lavorano" per il saggio che stanno scrivendo o per la tesi che potranno assegnare, quelli che vedono un film e capiscono che proprio in quelle due ore di "tempo libero" hanno trovato la traccia per la lezione del giorno dopo, coloro che quando sono in vacanza non resistono alla tentazione di entrare in quella particolare biblioteca o in quel museo perché sanno che anche in quel tempo libero al di fuori del dipartimento trovano linfa per le loro ricerche o per le tesi dei laureandi che seguono. Gli "artigiani" sono quelli decidono di dedicare tempo e attenzione ad attività "che non competono" come la riorganizzare dell'intera biblioteca del proprio istituto con vero lavoro di manovalanza, lavoro sicuramente utile per la comunità scientifica di cui fai parte.
"Artigiani" sono i dottori di ricerca, gli assegnisti, i borsisti che investono tutto nella ricerca e nella didattica, da sempre precari, spesso senza alcun tipo di retribuzione eppur così necessari per il funzionamento delle strutture in cui sono inseriti, per anni in attesa di un varco per accedere ad un ruolo più stabile.
Questi "artigiani" non meritano di essere esposti al disprezzo dell'opinione pubblica da chi spara titoli come se avesse il mitra puntato contro la folla indistinta dei professori, come in altri giorni lo ha puntato contro la folla degli statali, dei medici, dei giudici, per non parlare degli "assalti" agli immigrati e ai rom ecc..  - Marina Milan 

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