Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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22 ottobre 2008

L'Io So di Roberto Saviano

Tutto nasce da qui: “Casarsa è un bel posto, uno di quei posti dove ti viene facile pensare a qualcuno che voglia campare di scrittura, e invece ti è difficile pensare a qualcuno che se ne va dal paese per scendere più in giù, oltre la linea dell’inferno. Andai sulla tomba di Pasolini non per un omaggio, neanche per una celebrazione. Pier Paolo Pasolini. Il nome uno e trino, come diceva Caproni, non è il mio santino laico, né un Cristo letterario. Mi andava di trovare un posto. La possibilità di scrivere dei meccanismi del potere, al di là delle storie, oltre i dettagli. Riflettere se era ancora possibile fare i nomi, uno a uno, indicare i visi spogliare i corpi dei reati e renderli elementi dell’architettura dell’autorità. Se era possibile inseguire come porci da tartufo le dinamiche del reale, l’affermazione dei poteri, senza metafore, senza mediazioni, con la sola lama della scrittura.”*
Con queste parole, entriamo nel mondo di un giovane giornalista scrittore, giovane per età, ma segnato nell’aspetto da ciò che significa combattere qualcosa che non è mai stata realmente battuta: la camorra.
Le notizie di questi giorni ci hanno portato a conoscenza del progetto camorristico di uccidere Saviano, come si è potuto apprendere delle ultime confessioni del pentito cugino del boss casalese Francesco Schiavone, detto Sandokan.
Il mondo culturale, e non solo, si è unito in un movimento a sostegno dello scrittore, non solo per la stima nei confronti di Saviano, ma soprattutto per la capacità con cui ci ha portati dentro una realtà di cui spesso non ci accorgiamo e che non era mai stata spiegata così chiaramente. Ma in un paese democratico non è civile permettere che tutto ciò accada. Lo stesso Saviano in una lettera pubblicata su “La Repubblica” ed intitolata “LETTERA ALLA MIA TERRA”, denuncia l’indifferenza di un paese di fronte all’ennesima strage in quelle terre di nessuno, di come la sua vita sia totalmente cambiata da quando ha fatto nomi e cognomi dei maggiori boss casalesi e raccontato i loro traffici: da quello della droga, a quello dello smaltimento dei rifiuti , dal lavoro nero fino ad arrivare alla cosiddetta “spettacolarità” di un sistema che, controllando tutto e tutti, si comporta come se stesse nel bel mezzo di un film di Scorzese. Ma non è un film. Sono vere le 16 vittime dei soli ultimi 6 mesi, veri i ragazzini reclutati come postini della droga in cambio di un motorino o come sentinelle che al grido “fortuna, fortuna” avvertono gli spacciatori dell’arrivo della polizia, vere le vittime morte ammazzate per avere la sola colpa di essere presenti al momento sbagliato o parenti alla lontana di chi sa chi.
Molti si chiedono quale sia il merito di questo scrittore, non ultimo il Ministro degli Interni Maroni, che ha puntualizzato come Saviano sia Un Simbolo e non IL Simbolo di una lotta che impiega magistrati , forze dell’ordine e governo stesso in un impegno fatto sul campo. Il punto non è questo, ma la straordinarietà della forza comunicativa che caratterizza sia l’opera di Saviano sia qualsiasi intervento egli faccia. Ha saputo portare all’attenzione di tutti una realtà che spesso è cosa degli addetti ai lavori, ha fatto sì che molti giovani, soprattutto quelli che vivono determinate realtà avessero tra le mani uno scritto che parlasse di loro oltre che delle dinamiche della camorra. Lo stesso giudice Paolo Borsellino, come ricorda la sorella Rita dalle pagine di “La Repubblica”, sosteneva che “la lotta alla mafia non può essere una distaccata opera di repressione di magistratura e forze dell’ordine, ma deve essere un movimento culturale, morale , persino religioso che parte dal basso”. E ‘ la forza della parola di cui parla l’autore in “GOMORRA” ad aver smosso le coscienze sopite di molti, ad aver impaurito più di qualsiasi istituzione i vertici della criminalità organizzata. Perché chi ha letto” GOMORRA “ è improvvisamente divenuto partecipe di una realtà che non si può far finta di non conoscere, che spiazza ogni nostra certezza quotidiana e lascia una sola cosa da fare: parlare, continuare a leggere, documentarsi, credere fortemente nella libertà di espressione e nella capacità di una parola, capace di arrivare a tutti. Ancorarsi con più volontà ognuno ai propri “IO SO”, l’io so di Roberto Saviano che erano gli stessi di Falcone, del sopra citato Borsellino,di Carmelina la maestra di Mondragone – allontanata da tutti per aver denunciato il killer di un camorrista -di Don Peppino Diana e di tutte quelle vittime che in nome della loro e nostra libertà hanno messo in gioco la loro vita .
“In terra di camorra conoscere i meccanismi d’affermazione dei clan, le loro cinetiche d’estrazione, i loro investimenti significa capire come funziona il proprio tempo in ogni misura e non soltanto nel perimetro geografico della propria terra. Porsi contro i clan diviene una guerra per la sopravvivenza , come se l’esistenza stessa, il cibo che mangi, le labbra che baci, la musica che ascolti, le pagine che leggi non riuscissero a concederti il senso della vita, ma solo quello della sopravvivenza. E così conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare”*.

Teodora Cristalli


FONTI:
*Gomorra
Sito dell’autore:
http://www.robertosaviano.it/
“Lettera alla mia terra”-La Repubblica, 22 settembre 2008
“La repubblica” del 16-17-18 ottobre 2008
Puntata di Matrix del 18 ottobre 2008

2 commenti:

Lorenzo ha detto...

Occorre sottolineare e rilanciare le parole della sorella di Paolo Borsellino secondo cui la lotta alla mafia "(...)deve essere un movimento culturale, morale , persino religioso che parte dal basso”. Un'altra persona di caratura a cui è come se fosse stato tramandato quel senso umanitario, quell'idea universalmente riconosciuta che ogni ganglo, interstizio della società ha la sua responsabilità nel determinare quella forza comune e dirompente in grado di schiacciare l'omertosa indifferenza creatasi intorno al tema della criminalità organizzata.
Il libro di Saviano è stato rivelatore, la spia di accensione delle coscienze. Ora occorre ulteriormente rinsaldare queste "luci" della speranza.
Come disse un altro estimatissimo collaboratore di giustizia, Giovanni Falcone: "La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine."
Parole significative, che richiamano la ricerca delle ragioni del suo esistere nell'uomo e alla sua anima collettivo...

mmilan ha detto...

Le parole di Giovanni Falcone ci ricordano che lo sguardo deve essere sempre aperto al futuro.
mmilan

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