Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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17 febbraio 2009

...E Invece...

“Dicono tutti che non succede niente, e invece...”. Mi permetto una piccola omissione nel citare lo slogan della rivista “Invece”, creata alla fine degli anni '80 da Franco Carlini, ma credo che sia oltremodo adatta per descrivere l'attuale situazione legata al mondo dell'informazione. Quanto è grande la rivoluzione messa in atto dall'avvento di internet? In potenza, siamo davanti a qualcosa di epocale, impossibile negarlo. Ma in atto? Come ha detto Luca De Biase, ricordando appunto Carlini, “L'opportunità, in effetti, conta. Però, quello che conta è, poi, coglierla”. Impossibile non chiedersi se e come questo stia avvenendo. Il proliferare dell'uso della rete come passatempo non può certo definirsi una totale presa di coscienza del mezzo, ma rimane, ad ogni modo, un primo passo. Ma iniziare una passeggiata non basta per portare a termine un percorso. Non per nulla, era lo stesso Carlini a dire che il giornalista che si forma oggi, deve essere conscio delle possibilità conferite da internet. Non solo, deve mostrarle al lettore. Il lettore, si, quello che oggi si sta candidamente staccando sempre più dai surriscaldatissimi media (per dirla alla Marshall McLuhan) per passare il proprio tempo davanti al pc. Perché la rete è duttile, ti fa sentire al centro del mondo, in un fulcro che tutto può raggiungere e per cui nulla è accessibile. Almeno, è quello che ci hanno sempre detto. Miliardi di ipertesti, possibilità infinite. Infatti, “possibilità”. Torna in gioco il campo del possibile, quel che si potrebbe fare. Volenti o nolenti, oltre ai blog più o meno impegnati, che nascono veloci come funghi (ma altrettanto velocemente spesso muoiono per inedia), i principali portali specializzati nell'informazione, soprattutto in Italia, continuano mediamente a vivere in un limbo. “Vorrei, ma non posso”. Spesso figli, anzi figliastri, di storiche testate, dopo l'iniziale boom fatto di investimenti e progetti, paiono aver raffreddato l'entusiasmo, forse per il non immediato ritorno economico, forse per la composizione talvolta “reazionaria” delle redazioni. Ed ecco che i siti diventano l'accessorio. L'etichetta dell'etichetta. Lo strillo della notizia del giorno, con contorno di gossip. Vita politica, anzi, vita dei politici. No, evitiamo decisamente di fare di tutta l'erba un fascio e teniamoci stretti quelli che si sforzano di fare informazione vera, ma qualcosa non quadra, e forse spesso non è nemmeno l'argomento trattato. Anche senza voler prendere come riferimento McLuhan, se il medium è il messaggio o, quantomeno, la correlazione tra le due cose è stretta, sarebbe bene cercare di capire quello su cui il medium si fonda. Internet è veloce. Internet è cangiante. Puoi correggere, integrare, interagire. Internet non va in stampa all'ora prefissata. Allora perché ostinarsi a gestire un portale come se fosse un giornale? Perché rallentarne l'immediatezza, dandogli una gestione a “piramide”? O usarlo come una mera trasposizione degli articoli cartacei? Così, la rete, non diventa un posto dove rapportarsi, ma una scatola. Una grossa scatola, fatta di contenuti da vedere. Ma mettere in una scatola un oggetto nato per un altro contenitore, non sembra essere una buona idea. Sia che ci stia troppo largo o troppo stretto. Sembra un concetto facile, ma ancora oggi, non tutti sembrano capire l'importanza di creare per internet, preferendo usare la rete per emulare altro. E così, i meccanismi non combaciano e la macchina non funziona. S'inceppa. E quando succede, è anche troppo facile ritirare gli investimenti. Eppure, lo sanno tutti che non basta buttare monete in un campo per veder nascere un albero di zecchini...
Fabio Fundoni


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