Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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20 febbraio 2010

La speranza è l'ultima a morire, anche nei film.


20 luglio 1944. Il clima in Germania è da ultima spiaggia e dopo ben quattordici falliti attentati al Führer, l’ultimo fu quello cui si delegarono maggiori probabilità di successo in quanto all’apparenza perfettamente organizzato; fu denominato Operazione Valchiria, una strategia che prendeva nome dal piano di emergenza ideato da Hitler per consolidare il paese nell’eventualità della sua morte ma che venne però usato per tentare di assassinare il dittatore e rovesciare il governo nazista.
Attraverso l’omonimo film il regista Bryan Singer dà la dovuta importanza ad una figura simbolo della Germania del secondo conflitto mondiale, un personaggio temerario quanto oscuro che decide, insieme ad altri uomini di potere all’interno della nomenclatura nazista, di mettere a repentaglio la propria vita pur di offrire alla Germania oltre alla possibilità di riscatto, di uscire da una situazione che stava mettendo in ginocchio non solo lei, ma tutta l’Europa. La prima impressione che si ha guardando il film, è che il generale Claus von Stauffenberg, interpretato da un bel tenebroso Tom Cruise, sia stato rappresentato in chiave un po’ troppo eroica, “all’americana” insomma: poco spazio è stato infatti lasciato alle debolezze ed ai ripensamenti tipici nel genere umano e che avrebbero reso più reale un personaggio che sicuramente avrà vissuto quell’esperienza di grandissima responsabilità tra fantasmi e paure.
L’americanismo adottato per un film di questo genere non è dunque a mio avviso la più adatta come scelta, ma la bravura del regista riesce a tenere, per oltre due ore, desta la nostra attenzione nonostante già si sappia come la storia andrà a finire: un compito molto difficile, ma che si realizza grazie alla continua suspence e ad una colonna sonora emozionante ed incalzante.
Lo stato di permanente tensione è d’altronde riscontrabile sin dall’inizio, a partire dai fortuiti incontri tra i partecipanti all’operazione, che riescono, nonostante un assillante regime di controllo, a portare avanti un piano di una tale audacia e pericolosità da far loro sospettare che chiunque partecipi ad esso possa essere un potenziale traditore. La continua tensione ci accompagna dunque fino al tanto atteso attentato, che avviene nella “tana del lupo”, proprio mentre Mussolini stava per arrivare ed in cui il temerario Generale crede, grazie allo scoppio durante una riunione dell’ ordigno appositamente studiato, di essere riuscito ad eliminare definitivamente il Dittatore, ed in seguito al quale mobilita, assieme ai membri dell’operazione, tutti i mezzi di comunicazione di massa dando la tanto attesa notizia della morte di Hitler e prendendo conseguentemente sotto controllo Berlino.
Singer dà molta importanza alle modalità subdole con cui vengono utilizzati i mezzi di comunicazione, problema così tristemente attuale, mezzi che se sapientemente usati addormentano le altrui coscienze annientando così la volontà del popolo di ribellarsi e creando una situazione in cui ogni tipo di naturale rivolta risulti praticamente impraticabile; l’esempio del generale Claus Von Stauffenberg, nonostante il clima certo non lo favorisse, sparigliava dunque le carte, recando in sé soprattutto la forza d’un idea che non lasciasse ai posteri solamente il ricordo d’una Germania usurpatrice e sanguinaria tiranna.
Operazione Valchiria è dunque un film che seppur oltremodo enfatizzato nei ritmi e nell’allure del protagonista, rimane fedele alla realtà dei fatti riconsegnando alla ribalta un pezzo di storia che, se finalizzato, avrebbe potuto ancora risparmiare tante vite ed inutili atrocità.
Isotta Boccassini



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