Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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12 settembre 2010

Le cose che non ho detto

Nell'ultimo libro Azar Nafisi, ospite illustre del Festival della letteratura che si tiene fino ad oggi a Mantova, racconta la propria famiglia ai tempi dello Scià.
Tredici anni fa ha lasciato l'Iran dove insegnava letteratura per trasferirsi definitivamente a Washington. Il pregio di questo rmanzo e' quello di far conoscere dall'interno, e a un ampio pubblico, una nazione controversa dove, dall'inizio del XX secolo, le donne iraniane lottano per la libertà e, sottolinea la Nafisi,la repressione ha l'effetto di unirle a prescindere da età e ceto sociale. Un tema più che mai attuale dopo la mobilitazione internazionale per Sakineh Ashtiani, condannata per lapidazione.
Solo da adulta Azar riuscirà a guardare i genitori con il necessario distacco, impossibile in età infantile e nell'adolescenza. E proprio i genitori sono i primi ad essere presentati al lettore dalla scrittrice.

La madre, insoddisfatta e dispotica, vive nel ricordo del primo marito, morto dopo solo due anni di matrimonio. Il secondo marito, il padre di Azar, e' sempre criticato e mal giudicato dalla moglie. Tra madre e figlia,inizialmente, non vi è complicità e sono sempre in contrapposizione. Il rapporto con il padre invece e' buono e le ha trasmesso l'amore per la letteratura e per la tradizione culturale persiana.
La figura del fratello è solo accennata. L'evento centrale del romanzo è la crisi tra i genitori, i loro litigi, i tradimenti del padre.
Azar ha molti problemi derivati in parte dal
le molestie subite e mai raccontate per il senso di vergogna e di colpa provato. Si reca a studiare all'estero, in Inghilterra. Dopo le difficoltà iniziali, arriva il sostegno della madre, conosce nuove amiche e il suo inserimento e' cosa fatta. Quando torna a Teheran, il padre è sindaco della città e l' Iran sta vivendo forti cambiamenti:un processo di modernizzazione, l'avvicinarsi a grandi passi del concetto di laicità dello Stato. Cambiamenti non accolti bene dagli ambienti religiosi con cui però il padre continua a mantenere cordiali rapporti, cosa che gli costerà il carcere, ma che in seguito lo salverà da una sorte peggiore.

La madre è eletta al parlamento pochi mesi prima dell'arresto del marito e quello sarà per lei il periodo migliore.
Un primo matrimonio con la persona sbagliata che si concluderà con un divorzio. Dopo lunghi mesi di carcere, subito per false accuse, il padre, a cui Azar è sempre stata vicina, viene scarcerato e assolto. Siamo arrivati ai primi anni Settanta, il malcontento nei confronti dello scià aumenta, in patria e all'estero e gli studenti iraniani che studiano fuori dell'Iran si organizzano per operare forme di contestazione incisive. Nasce un amore vero che sfocia in un secondo matrimonio basato sulle affinità e sul sentimento. La contestazione allo scià, da sinistra, viene però pian piano sostituita da quella religiosa:un piano di Khomeini per realizzare lo stato islamico a cui aveva sempre teso. Inizialmente anche la famiglia di Azar appoggia Khomeini, ma per poco.
La guerra contro l'Iraq è un diversivo utile al nuovo regime. E' l'insegnamento universitario che tiene la scrittrice al di fuori di tutto ciò che la circonda. Nel 1981 le università però vengono chiuse e il regime si fa più durissimo. La nascita di due figli, il divorzio dei genitori. Nell'87 riprende a insegnare e quel momento rappresenta un avvicinamento alla madre. Tra Stati Uniti e Iran passano così molti anni.Pian piano l'idea di trasferirsi definitivamente negli Usa prende sempre più piede,anche se tra i molti ripensamenti e sensi di colpa per lasciare da sola la madre e per abbandonare il proprio Paese in un momento particolare.
La morte della madre è vissuta con grandissima sofferenza, con la sensazione di non averla mai né capita né aiutata a vivere. Il libro si chiude con la morte del padre molto amato, affrontata però con quella serenità che attenua il dolore.
La scrittrice si sente parte della rivolta simbolica che le donne iraniane hanno sui media internazionali e dice:"La forza spropositata usata contro di loro mostra che non sono semplici vittime ,ma avversari temibili". Per la Nafisi tenere viva l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani e ' fondamentale " Il Sudafrica dell'Apartheid non sarebbe mai crollato se il mondo si fosse girato dall'altra parte".
Laura Tosetti


Azar Nafisi
Le cose che non ho detto
Milano, Adelphi, 2010, 342 pp.

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