Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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19 dicembre 2010

La notizia la facciamo noi?

Il libro di Enrico Caniglia, partendo da un approccio prettamente sociologico, ci offre un nuovo punto di vista: quello di guardare alle notizie non solo come a fatti in sé, ma in base a come le interpretiamo. E, quindi, al perché della nostra interpretazione comune.
Ovviamente, gli spunti critici coi quali esaminare una notizia sono molteplici, ma come spesso accade quello che ci sembra più ovvio, sfugge.
Infatti, partendo dal presupposto della neutralità ed oggettività giornalistica, scopo principale del giornalista,  è quello di farsi capire in maniera immediata dai lettori, ma la domanda che ci pone Caniglia è: come si produce l’informazione e come la riconosce, in quanto tale, il pubblico?
L'autore ribalta la tesi secondo la quale sono i media a produrre il senso comune, sostenendo esattamente il contrario: è il senso comune a rendere possibili i fenomeni mediatici.
Per far questo si avvale dell’etnometodologia, ovvero lo studio dei metodi della gente che costituiscono il senso comune: ovvero, il saper fare, l’ insieme di attività, azioni, procedure e competenze che sono comuni ad una certa società di un certo periodo.
Come viene usato quindi tutto questo all’interno di una notizia dal giornalista? Come, quello che viene scritto ed ancora più ascoltato, viene compreso dal pubblico in base all’interpretazione del senso comune? Siamo noi che in qualche modo “creiamo” la notizia in base ai nostri stereotipi sociali?
E’ questo il punto sul quale riflettere.
Quando leggiamo una notizia, la interpretiamo, la comprendiamo in base a quello che è il nostro vissuto comune di azioni, significati eccetera; ogni parola nella notizia acquista un significato diverso solo in base al contesto del suo uso e ha quindi un peso nel costituire il significato della notizia, nell’insinuare supposizioni, nel lasciar spazio ad interpretazioni comuni.
Ribaltando l’accezione classica secondo la quale “la notizia è la semplificazione di un evento” Caniglia suppone invece il contrario, in quanto la stessa semplificazione può trasformarsi in distorsione della notizia. Ecco quindi che la notizia è la descrizione particolare di un evento; descrizione che avviene attraverso l’uso di parole che appartengono alle c.d “categorie di appartenenza” e che, a seconda del loro uso, evocano significati diversi.
La stessa esistenza di un senso comune che presuppone un mondo normale, condiviso e ovvio, fa dell’evento drammatico, diverso e nuovo, la NOTIZIA; notizia che induce nel lettore, il bisogno di una spiegazione al fatto insolito e diverso.
La scelta, quindi, dell’uso delle diverse categorie di appartenenza non è mai casuale come potrebbe sembrare ad una prima occhiata, bensì è frutto di una scelta del giornalista che, a sua volta, si ricollega a molti fattori: la verità infatti è molteplice e può essere raccontata, seppur sempre in modo trasparente, da diversi punti di vista.
La selezione delle categorie ha a che fare quindi con criteri di pertinenza rispetto alla descrizione che voglio dare della notizia; se la notizia è la descrizione di un fatto, bisogna vedere come voglio raccontare questo fatto.
Ecco quindi che viene introdotta una nuova interpretazione da Caniglia, “la notizia come storia”, che riguarda i fatti della vita quotidiana che meritano di essere raccontati e spiegati. Ma come un fatto diventa notizia? Sicuramente occorre tenere sempre presente quelle che sono tutte le regole e i passaggi propri del processo di notiziabilità, ma possiamo aggiungere un nuovo elemento, quello di costituire un “evento”, un qualcosa di insolito che differisce e si discosta da tutto quell’insieme di conoscenze che sono appunto il nostro senso comune.
Gli esempi ovviamente, possono essere moltissimi e ripresi su qualsiasi quotidiano o fonte di informazione, a partire dai titoli che spesso generano un modo di comunicare sequenziale (causa/effetto) e costituiscono già una mini-storia.
C’è poi un altro spazio, gli editoriali, in cui l’uso delle categorie assume diverso significato; l’editoriale è lo spazio riservato ai commenti (ai views) che spesso vengono anche firmati da penne illustri e che riportano alle vecchia dicotomia tra fatti e opinioni.
L’editoriale esprime un’opinione e quindi, fornisce un’interpretazione del fatto che, alla luce della teoria di Caniglia, consiste nel spostare l’evento da una categoria all’altra.
Ovviamente questo è solo un nuovo punto di partenza, un viaggio nella lettura dei quotidiani che può diventare ogni volta un esercizio diverso attraverso l’applicazione di un criterio piuttosto che un altro; quello che Caniglia ci offre è la possibilità di avere un nuovo punto di vista, di utilizzare un approccio empirico per leggere le notizie e farci riscoprire anche tutto quello che implicitamente è già “dentro” di noi e che spesso inconsapevolmente, guida i nostri giudizi e le nostre opinioni.
Luisa Gulluni



Enrico Caniglia
La notizia, come si racconta il mondo in cui viviamo
Roma-Bari, Laterza, 2009, 194 pp.


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