Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

_________________

Scorrendo questa pagina o cliccando un qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie presenti nel sito.



26 gennaio 2011

Il critico teatrale ed il suo ruolo


Per comprendere quale sia il senso profondo del libro di Massimo Marino è sufficiente leggere l'intestazione del primo capitolo (Che cos'è la critica teatrale?) ed il titolo dell'ultimo paragrafo (Contraddizioni e consigli per non concludere). Difatti l'ampia trattazione si infrange, con la piena consapevolezza dell'autore è bene dirlo subito, contro l'impossibilità di una definizione in qualche modo univoca di cosa sia oggi il teatro, e quindi di quale sia il ruolo del critico contemporaneo.
È meglio però procedere con ordine. Il libro di Marino nasce, come denuncia il sottotitolo, dall'esperienza pratica dei laboratori di critica teatrale condotti dall'autore stesso presso il Cimes dell'Università di Bologna. E l'esperienza laboratoriale è ben presente nel filo conduttore della trattazione; non tanto nelle esercitazioni consigliate al termine di ciascun capitolo, ma nella precisa ed evidente definizione del pubblico a cui è destinata l'opera. Vale a dire studenti universitari provvisti di conoscenze di base della storia e dei linguaggi teatrali. Difatti, seppure è vero che la prima parte del libro costituisce una rapida panoramica del teatro novecentesco, è altrettanto vero che questa stessa trattazione risulta poco comprensibile senza conoscenze pregresse. Da notare inoltre come il punto di vista di Marino sia sempre quello del critico. Le evoluzioni teatrali del '900 sono raccontate attraverso lo sguardo dei critici del tempo; egli difatti raccoglie e mette in relazione pensieri e riflessioni di alcuni dei più importanti, e preparati, critici italiani (Silvio D'Amico, Roberto De Monticelli, Franco Quadri, Oliviero Ponte di Pino, ecc.). Attraverso essi l'autore riepiloga per sommi capi la morte del grande attore ottocentesco e la nascita, il declino e gli attuali tentativi di superamento del teatro di regia. Questo perché non è possibile oggi scrivere di teatro senza conoscere i percorsi complessi, variegati e spesso contraddittori dei differenti gruppi di ricerca oggi presenti in Italia.
Venendo ora all'argomento principale del libro, vale a dire chi sia il critico teatrale e quale sia il suo ruolo attuale, bisogna subito notare come Marino affronti l'argomento facendo dialogare diverse posizioni senza prendere posizione tra esse.
Per prima cosa egli pone il fondamento della critica teatrale nella sequenza di due atti ben distinti tra loro, lo sguardo e la scrittura. Entrambi i momenti vengono analizzati con dovizia di particolari e citazioni guardando sia al passato sia al presente. Il momento della scrittura viene analizzato inoltre in rapporto al mezzo per il quale l'articolo è destinato, sia un quotidiano o un settimanale specializzato, una radio o una pagina di internet.
A proposito degli stili di scrittura e delle capacità della critica di scavare nelle profondità artistiche del teatro contemporaneo, Marino propone il raffronto tra diversi articoli intorno all'episodio R.#7 della Tragedia endogonidia della Societas Raffaello Sanzio (forse la compagnia di ricerca più radicale attualmente in Italia). Attraverso gli esempi proposti di Marino risulta del tutto evidente come la conoscenza del percorso del gruppo (in particolare qui dell'intero ciclo) o del singolo artista siano oggi elementi imprescindibili per una corretta e puntuale critica teatrale. È pur vero che la Tragedia endogonidia costituisce un esempio estremo, e forse per questo scelto da Marino, ma è altrettanto vero che nella maggior parte dei casi il teatro che esula dagli stilemi dominanti risulta incomprensibile a chi non è preparato (sia esso critico o pubblico).
E davanti ad un teatro del genere, ma anche ad opere decisamente più comprensibili e tradizionali, quale deve essere il ruolo del critico? Deve essere la voce di un ipotetico spettatore medio? Deve limitarsi a raccontare e spiegare quello che ha visto? Deve essere un severo censore al servizio di uno stile, di un metodo o di un'ideologia? O altro ancora? Ed è proprio la ricerca della risposta a queste domande a costituire l'ossatura del libro in questione. Ma Marino, pur affermando dalla prima all'ultima pagina la necessità di superare gli stanchi e ripetitivi stilemi teatrali dominanti, non propone una sua risposta. Il compito che si è prefisso è quello di porre questioni, non di dare soluzioni. Forse perché non vuole proporre/imporre il proprio punto di vista, o forse perché, dopo tanti anni di carriera, queste risposte lui non le possiede. Comunque è questo al tempo stesso il pregio ed il limite del libro. Anche perché chiunque si cimenti nella difficile arte di scrivere di teatro dovrebbe almeno tentare di rispondere a quesiti così importanti. Con la consapevolezza della precarietà della scelta, del rischio dell'errore e quindi della possibilità di cambiare rotta. Ma Marino, forse travolto dalle estreme sfaccettature della scena contemporanea, decide di non porre sufficiente in risalto (nel libro mai la questione viene posta come dirimente per il futuro critico) quello che è invece un semplice dovere di onestà intellettuale personale.
Andrea Scarel


Massimo Marino
Lo sguardo che racconta. Un laboratorio di critica teatrale

Roma, Carocci, 2006, pp. 185
____



Nessun commento:

Archivio blog

Copyright

Questo blog non può considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Chi desidera riprodurre i testi qui pubblicati dovrà ricordarsi di segnalare la fonte con un link, nel pieno rispetto delle norme sul copyright.