Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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18 maggio 2011

Fare strada ai poveri, senza farsi strada

La dicotomia poveri=emarginati è sempre stata indissolubile, perché si sa, se sei povero “stoni” con la tranquillità sociale che tutti vogliamo avere, ma soprattutto vedere, che non vogliamo perdere, e di cui nessuno vuole fare a meno.
Il tema dell’emarginazione si lega così indissolubilmente con il tema dell’integrazione, elemento, sembrerebbe, ormai sempre più fondamentale nella odierna “mancata” cultura della convivenza che ci contraddistingue.
La mancata integrazione ci rimanda poi, alle classi più deboli, minoritarie ed “escluse” della società, e quindi, ai poveri, categoria sempre più diffusa, sia in numero che in tipologia, perché ormai, il povero, non è più solo “quello che non ha”, ma è anche colui, per assunto, che viene da un’area non democratica o comunque non appartenente al Nord del mondo, colui che non ha origini religiose cristiane, colui che ha un colore di pelle diversa o, peggio ancora, quello che ha la famosa “provenienza etnica” differente dalla nostra.
Praticamente quasi tutto il resto del globo, se non appartenente al nostro mondo valoriale, è stracarico di poveri.
Ma cosa succede quando l’altra parte del mondo si “scontra” con il nostro? Succede che lo stereotipo di condensa in stigma, che a sua volta sfocia inesorabile nel pregiudizio, e da quest’ultimo, si arriva a quelli che ultimamente, almeno in Italia, sono stati bruttissimi episodi di razzismo politico, culturale e sociale.
Mai come in questo momento definizioni e termini che riguardano questo mondo sono stati utilizzati in maniera impropria da attori sociali e politici di qualsiasi tipo e natura, un ennesimo modo per girare voti certi e incerti, a proprio vantaggio, ma mai come adesso, questi temi sono fondamentali nello svolgere sociale e questo loro uso selvaggio va contrastato.
Importanti sono quindi gli studi che timidamente in Italia si stanno facendo avanti, così come le ormai numerose pubblicazioni che sfatano “miti” del cosiddetto “noi e l’altro” .
Tra questi lavori recentemente si sono aggiunte due nuove opere, presentate entrambe al Palazzo Comunale di Genova, qualche giorno fa: Gli Ultimi di Pino Petruzzelli e Non chiamarmi Gagiò di Giancarlo Muià.
Entrambi addetti ai lavori del settore, hanno voluto, nelle due loro opere, rappresentare, anche se in modo diverso, come i poveri in età moderna siano sempre più una rappresentazione politica, utilizzata sì, ma non concretizzata in attori sociali in grado di accedere davvero, con voce propria, ai palazzi del potere o della televisione: quindi doppiamente esclusi.
Così il povero, diventa sempre più una rappresentazione simbolica, non pratica, e di conseguenza diventa sempre più un’entità astratta, ma la povertà e l’emarginazione non sono entità fantasmi, bensì una dura realtà frutto di processi economici e sociali che non possono essere ignorati.
Entrambi i libri, sia quello di Petruzzelli che quello di Muià, vogliono essere testimonianza di due realtà, quella rom e quella sinti, ben concrete, realtà che culturalmente sono lontane dal nostro quotidiano ma non per questo frutto di storie “leggendarie”.
Due lavori che hanno visto una nascita contrastata, piena di ostacoli e di “volta spalle”, perché raccontare storie e intervistare chi vive fuori dal “coro”, fuori dall’abitudine a cui siamo avezzi, spesso provoca una reazione a valanga di distanze personali, ma anche pubbliche, da parte di chi non vuole aprire gli occhi per vedere che il mondo globale non è solo beni di lusso per tutti, ma anche incontri con modelli sociali e culturali profondamente diversi dal nostro.
Durante l’incontro Silvio Ferrari ha raccontato che una volta, quando era un bambino, aveva chiesto a sua madre chi fossero gli zingari, ed ella, aveva risposto “Gli zingari sono quelli allegri quando piove”…a questa affermazione Ferrari chiese “Perché?” e la risposta datagli fu “Perché sanno che dopo la pioggia arriva il sole”…una filosofia di vita che, noi “stanziali” e occidentali, dovremmo ben imparare.
Debora Fugazzi


*Giancarlo Muià, Non chiamarmi "Gagiò”. 25 anni tra rom e sinti, Genova,  edizioni Liberodiscrivere, 2011, 138 pp.
liink alla scheda del libro sul sito dell'editore.
*Pino Petruzzelli , Gli ultimi, Milano, Chiarelettere, 2011, 201 pp. (Prefazione di don Andrea Gallo) 
link alla presentazione del libro e dell'autore sul sito dell'editore.


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