Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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10 febbraio 2012

Salviamo i giornali, salviamo la società

A chi non è mai capitato di sedersi davanti alla schermata principale di Internet, magari durante una breve pausa dal lavoro, senza sapere che sito andare a visitare? E' un po' come trovarsi davanti ad un universo potenzialmente infinito di informazioni, musica, film, chat... ed essere spiazzati davanti a questa immensità, dove si può trovare tutto, ma non si sa che cosa cercare. E' questo il rischio che corrono gli utenti del web, i nuovi cittadini digitali che hanno sostituito alla lettura dei giornali l'uso di Internet. Perchè c'è un lusso che questi "first globals" (primi cittadini globali, come vengono definiti dal sondaggista americano John Zogby nel libro The Way We’ll Be) non possono permettersi: quello di assorbire passivamente le informazioni preconfezionate da altri, come succedeva all'epoca della carta stampata. Una volta non ci si poneva il problema "che cosa mi interessa sapere oggi?". Bastava leggere un quotidiano, uno dei numerosi nazionali, per avere almeno un'idea di quello di cui bisognava essere informati. Oggi, invece, possiamo sapere tutto quello che vogliamo sapere... al punto che ormai solo stabilire che cosa vogliamo sapere è il problema.
L'invenzione e la diffusione di Internet hanno generato una grave crisi dei giornali e della carta stampata; Enrico Pedemonte nel libro Morte e resurrezione dei giornali sostiene che l'unica soluzione possibile sia recuperare la funzione fondamentale che i giornali hanno svolto fino a questo momento per la società e reinterpretarla adattandola al formato della rete. Gli studiosi di comunicazione del Novecento hanno dibattuto su quale fosse il compito dei giornalisti: il vero giornalismo è giornalismo di notizie o giornalismo di opinioni? Oggi questa domanda non ha più senso, perchè le notizie non sono più appannaggio esclusivo dei giornalisti. Tutti possono generare notizie ed informazioni e condividerle in tempo reale su Internet. Tutto è notizia, tutto è conosciuto, tutto si può sapere. Il giornalista di oggi è colui il quale, in questo fiume di notizie, individua quelle di reale interesse per la comunità (il pubblico) a cui si rivolge, e le comunica in modo accattivante, interessante, in modo da attirare il più alto numero di lettori possibili.
Internet permette a tutti di accedere in breve tempo alle notizie più specializzate che corrispondono sempre con maggiore precisione ai gusti del lettore. Poiché è possibile venire a conoscenza quasi in tempo reale degli accadimenti nazionali e internazionali più importanti, i fatti a cui una volta si riservava la prima pagina non fanno più notizia. Di conseguenza, i giornali hanno cercato di tenere vivo l'interesse dei lettori radicandosi sul territorio e creando edizioni on line incentrate sulle notizie dei quartieri dove il giornale è particolarmente diffuso. La risposta dei giornali al web è, secondo due illustri giornalisti americani, l'iperlocalismo. Rob Curley, che ha rilanciato numerosi quotidiani locali on line, afferma che per interessare i lettori la sua ricetta è stata quella di aumentare a dismisura i dettagli delle informazioni fornite. Ugualmente anche Chris Anderson, direttore di Wirde, scrive sul suo blog: "Il nostro interesse per un argomento è inversamente proporzionale alla sua distanza geografica ed emozionale (...). La notizia di mia figlia che si è sbucciata un ginocchio in giardino per me è più importante di un'auto bomba a Kandahar."
Il giornale costruisce e rigenera l'identità collettiva di una società, se la sua funzione viene meno, i giovani avvertiranno un crescente senso di disinteresse e di distacco per la comunità che li circonda. I social network stanno cercando di ridurre questo allontanamento, introducendo il concetto di geo- networking: la localizzazione delle persone permette di offrire loro notizie sui luoghi di ritrovi, sugli avvenimenti, su bar e ristoranti. Questa tendenza priva i giornali del loro tradizionale ruolo di colla sociale, di creatori della solidarietà locale e di produttori di identità.
Internet, i social network e i motori di ricerca hanno creato un popolo di utenti, che sa scambiarsi informazioni e incontrarsi in rete. Ma chi orienterà gli utenti in questo mare di notizie? Chi spingerà i loro interessi in una direzione piuttosto che in un'altra? E' a svolgere questo compito che vengono chiamati i giornali: essi devono ripensare il loro formato e privarsi di tutti i contenuti che non servono a svolgere un ruolo chiave nella democrazia (e che vengono svolti, meglio, dal web). La risposta è l'ipergiornale on line, che fornendo tutte le informazioni indispensabili alla vita dei cittadini diventa "il centro pulsante della comunità" (p. 188).
L'ipergiornale, il sostituto del vecchio formato cartaceo, non è un'araba fenice che si è rigenerata dalle sue ceneri, ma è un prodotto nuovo, che nasce dalla consapevolezza che i giornali svolgono un ruolo importante e ben determinato nella società democratica: la creano. Non c'è democrazia senza società civile, senza cittadini informati e consapevoli, non c'è democrazia senza giornali. Questa è tutta l'eredità che i nuovi giornali in formato digitale possono permettersi di ricevere dagli antenati cartacei.
Ilaria Bucca

Enrico Pedemonte
Morte e resurrezione dei giornali, chi li uccide, chi li salverà,
Milano, Garzanti, 2010, 237 pp.
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