Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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18 settembre 2012

Diplomazia 2.0

La nascita della diplomazia, come la si intende ai giorni nostri, risale al 1815, data in cui prese luogo il Congresso di Vienna, nel quale il servizio diplomatico divenne una vera e propria professione, distinta da quella del politico e assunse valore giuridico con regole e prescrizioni. Ma se si va indietro di qualche anno, già Edmund Burke nel 1796 utilizzò i termini "diplomazia" e "diplomatico" per intendere le procedure costituzionali di due Stati che intrattenevano delle relazioni tra di loro.
Per molti anni, essa è stata ovviamente legata alla vita di Corte e di palazzo e in più occasioni si ricorreva al matrimonio tra membri reali di Stati diversi come strumento della diplomazia internazionale. Con l'evolversi degli Stati, anche le loro relazioni hanno cambiato forma e aspetto cercando di modernizzarsi insieme ad essi, non con qualche difficoltà e ritardo.
L'immagine che si è sempre avuta della diplomazia è quella di una macchina un po' lenta e obsoleta, composta da lunghe cerimonie e convenevoli, infiniti dibattiti e negoziazioni i cui risultati sono sempre sembrati un po' vaghi e distanti dal cittadino comune.
Anche ai giorni nostri, la conoscenza delle attività diplomatiche del proprio Paese, per non parlare di quelli esteri, rimane avvolta in una nuvola di fumo, districabile solo per gli addetti ai lavori. Sicuramente sono stati fatti innumerevoli sforzi per rendere più dinamica questa materia e una parte del merito va indubbiamente alla comparsa sulle scena dei nuovi social media come Twitter, Facebook,Youtube o altri nuovi (e più veloci) mezzi di comunicazione. Il Paese che per primo maggiormente credette nella nuova diplomazia digitale fu l'America che, tramite la voce del Segretario di Stato Hilary Clinton, sottolineò come per gli Stati uniti d'America fosse fondamentale la libertà di espressione e di come, durante le rivolte del 2009 in Iran, Twitter rappresentasse un strumento per la diffusione in tempo reale delle notizie molto importante per tutto il mondo e soprattutto per i giovani.
Girando lo sguardo verso il nostro Continente e in particolar modo all'Italia, non si può affermare, al meno per il momento, che la diplomazia digitale abbia avuto la stessa rapidità di diffusione che ha avuto in altre Nazioni, soprattutto quelle del Nord- Europa, dove già nel 1994 Carl Bildt, l'allora Capo di Governo della Svezia, mandò un'email personale al Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton.
L'Italia recentemente, prima grazie al Ministro degli esteri Franco Frattini e ora al Ministro tecnico Giulio Terzi di Sant' Agata, ha cercato di avviare dei progetti di politica estera anche sul Web. Franco Frattini fu uno dei primi Ministri italiani a crearsi un account su Twitter, ottimo mezzo per comunicare con i cittadini italiani, ma anche stranieri. L'occasione però è stata persa perchè alla fine la gestione dell'account fu affidata, come spesso accade, ad uno staff tecnico che non ha saputo renderlo un mezzo interattivo. Al contrario, probabilmente anche grazie alla sua esperienza maturata all'Ambasciata italiana di Washington, Terzi usa molti più "tweet" (sia in lingua italiana, sia in lingua inglese) del suo predecessore, tanto da avere quasi 15.000 follower. Non male per un ministro tecnico.
Quello che ancora manca alla politica estera (digitale) italiana è una strategia comune, che miri a far conoscere l'Italia non solo agli italiani stessi, ma anche ai cittadini stranieri. Un metodo veloce e soprattutto non tanto costoso è pubblicare video su Youtube non solo in italiano, ma anche in inglese e modernizzare, partendo dalla grafica, le pagine internet delle nostre ambasciate all'estero. Inoltre sarebbe opportuno creare una figura apposita, magari un Sottosegretario agli Affari Esteri, che si occupi nello specifico della public diplomacy, come già avviene in altri paesi Europei ( Francia e Inghilterra) e in America, ovviamente.
Un altro piccolo passo in avanti è stato fatto anche nel contesto dell'Unione Europea, anch'essa istituzione che ha da sempre dei problemi di comunicazione. Uno dei primi nel credere alla potenza dei messaggi istantanei di Twitter fu sicuramente l'ex Premier belga Herman Van Rompuy, che più di una volta, durante riunioni ufficiali, aggiornava i suoi tweet, talvolta anche in modo anche un po' precipitoso, creando dei disguidi formali.  Ad oggi tutte e tre le principali istituzioni europee hanno la loro pagina Facebook, in cui si cerca di mettere al corrente i cittadini europei delle loro iniziative e si cerca di aprire delle discussioni costruttive sui temi più "caldi" dell'Europa, a volte generando veri e propri inferociti dibattiti.
A voler sottolineare l'intento europeo di restare al passo con la propria popolazione, è l'entrata recentissima nel mondo di Twitter del Presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso.
E' ormai assodato che siamo dentro una vera e propria rivoluzione digitale, che non deve stupire se porta anche ad una rivoluzione dei mezzi di comunicazione, non solo del " cittadino medio" ma anche delle più alte sfere istituzionali. Non sorprenderà più leggere Tweet, più formali, in cui gli stessi Primi Ministri o Presidenti raccontano l'evolversi di un viaggio diplomatico o spiegano direttamente loro una determinata questione internazionale, o Tweet più informali che ci raccontano stralci della loro vita in contesti in cui non siamo abituati a collocarli.
Marta Bisso

 
A. Deruda
Diplomazia digitale. La politica estera e i social media
Milano, Apogeo, 2012, 240 pp.
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