Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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30 aprile 2012

“Visse, scrisse, viaggiò, cioè naturalmente fuggì”

“E’ stato un partigiano della verità”: la prefazione del libro La forza di Sisifo un volume interamente dedicato alla figura di Alberto Cavallari, inizia con una citazione del cardinale Achille Silvestrini, poche parole che racchiudono l’essenza e la personalità di una delle più autorevoli firme del giornalismo italiano della seconda metà del ‘900.
La forza di Sisifo è un’opera a cura di Marzio Breda che racconta, attraverso articoli di cronaca, reportage e interviste, ciò che Cavallari ha rappresentato per il giornalismo italiano: l’innovazione.
Alberto Cavallari, nato a Piacenza nel 1927, aveva un approccio molto semplice all’informazione e al mestiere di giornalista. Niente fronzoli, né retorica, ma i fatti riportati esattamente come li vedeva, con chiarezza, acume e obiettività, riuscendo allo stesso tempo a comunicare al lettore la passione dietro al suo lavoro. Leggendo gli articoli raccolti nell’antologia, emerge la capacità di Cavallari di raccontare i fatti di cui è testimone in maniera accurata e precisa, senza dimenticare di citare il dettaglio, a prima vista insignificante, che trasforma quello che potrebbe essere definito un freddo resoconto in un articolo che colpisce al cuore.
Questo accade, ad esempio, nel pezzo che inaugura l’antologia, E’arrivato Munsù Presidente, un articolo che parla del ritorno di Luigi Einaudi alla vita di normale cittadino dopo l’esperienza come presidente della Repubblica. Dalle parole del giornalista, che descrive Einaudi sulla soglia della sua fattoria di Dogliani, emerge il ritratto di un uomo quasi smarrito, che dopo sette anni ritorna alle origini e trova tutto uguale, ma tutto diverso. Questo passaggio è reso da Cavallari con un piccolo dettaglio che ai più sarebbe sfuggito, ma che descrive alla perfezione il cambiamento. Scrive infatti Cavallari: «Quando Einaudi e donna Ida si mossero per rientrare in casa, il presidente si passò, e non casualmente, il bastone dalla mano sinistra alla mano destra. Qualcuno gli ricordò, allora, che sette anni fa, quando fu eletto, aveva detto: “Nella mia vita cambierà una cosa sola: poiché ora dovrò sempre salutare, dovrò passare il bastone dalla mano destra alla mano sinistra”».
L’articolo su Einaudi è una delle tante perle presenti all’interno della raccolta, che include i reportages di Cavallari sulla rivolta in Ungheria - esperienza che mise a repentaglio la sua stessa incolumità, essendo rimasto intrappolato con una manciata di colleghi alla frontiera- sul disastro in Vajont, e la famosa intervista a Papa Paolo VI, la prima mai rilasciata da un pontefice.
Di particolare interesse è inoltre, a mio parere, il breve articolo su “Che cos’è il giornalismo”: scritto nel 1979, tratta un tema di grande attualità, e sembra prevedere ciò che avverrà alla professione circa trent’anni dopo con l’avvento della tecnologia. L’opinione di Cavallari, giornalista vecchio stampo, trapela dalle parole che Hubert Beuve-Méry, fondatore di "Le Monde" (quotidiano dove lo stesso Cavallari, durante i trascorsi a Parigi, ebbe una scrivania) rivolge a un giovane reporter che parla delle nuove frontiere del “giornalismo elettronico” durante una conferenza: “Che cos’è il giornalismo? E’ la scrittura, signori, non sono pulsanti. E’ riflettere, signori, dentro la scrittura”.
Gli scritti non sono sistemati in ordine cronologico, né seguono pedissequamente il percorso professionale di Cavallari - che per buona parte della sua carriera lavorò al "Corriere della Sera", giornale di cui dovette anche assumere la direzione, su invito dell’allora presidente Sandro Pertini, in seguito allo scandalo che travolse la testata nei primi anni ’80 - ma sono suddivisi in base alla tipologia: “Cronache e reportage“, “Le opinioni, il potere, l’Italia“, “Sul Giornalismo” e “Interviste, inchieste e idee”.
Marzio Breda interviene soltanto all’inizio, con la prefazione, e alla fine, quando in poche pagine riassume la vita di Cavallari: dagli esordi in “Italia libera” al ruolo di corrispondente e inviato speciale per “Stampa” e “Corriere della sera”, arrivando fino al ruolo di editorialista per “La Repubblica” alla morte datata 1998 a Levanto, cittadina della costa ligure di levante, all‘età di 71 anni.
Giornalista, scrittore, insegnante - per molto tempo visse a Parigi, e proprio all’Université Paris II insegnò metodologia dell’informazione - Cavallari fu un vero e proprio pionere del giornalismo, un uomo che, come il mito greco da cui prende il nome l’antologia, portava avanti una sorta di crociata, consapevole di dover ricominciare da capo ogni giorno, e che nonostante ciò non prese mai scorciatoie.
Alberto Cavallari fece suoi concetti come obiettività, imparzialità e professionalità, e per il suo modo di affrontare il mestiere ottenne numerosi premi e riconoscimenti, oltre che la stima di tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo.
Andrea Barsanti

Alberto Cavallari
La forza di Sisifo
a cura di Marzio Breda
Torino, Aragno, 2012, 253 pp.

In libreria

Massimo Lo Jacono
 Il giornalismo sportivo. La professione nelle redazioni dei giornali
Roma, Gremese Editore, 2012, 125 pp.
Descrizione
Chi non ricorda, anche soltanto per averlo sentito raccontare, il mitico “quasi gol” di Niccolò Carosio? È una delle curiosità ricordate da Massimo Lo Jacono in questo volume che si pone a metà tra il manuale e uno zibaldone di esperienze professionali rievocate con sagacia e umorismo. Al suo interno, i lettori troveranno non solo molti buoni consigli pratici, ma anche un’illuminante panoramica del mutamento che si è prodotto nel mondo dei giornali di settore e delle pagine dello sport, dalle grandi cronache del passato ai commenti di oggi, alle interviste, alle inchieste. Sullo sfondo, campeggia una squadra di “grandi” giornalisti del passato e del presente (Brera, Ghirelli, Mura, Recanatesi, Tosatti, solo per citarne alcuni) dei quali si ripercorrono carriere e qualità giornalistiche, oltre ai molti aneddoti che li hanno visti protagonisti e che comunicano le “atmosfere” di questo mestiere più di mille parole. Massimo Lo Jacono si ritaglia il classico ruolo di “preparatore”: a chi voglia cimentarsi nella professione offre una conoscenza enciclopedica dell’argomento e una chiara traccia di quanto fare e di quanto NON fare. I requisiti di base? Possedere una buona cultura, innanzitutto. Poi, come insegnava Montanelli, cominciare l’articolo con un forte incipit, per invogliare il lettore a proseguire, e chiuderlo alla grande, perché sia interessato a leggere il prossimo. Il libro riesce nell’intento.
Massimo Lo Jacono si è sempre occupato di sport. Ha iniziato al Corriere dello Sport sotto la direzione di Antonio Ghirelli e ha seguito estesamente la Roma di Helenio Herrera. È stato poi a Tuttosport e ha diretto la rivista del CONI Totocalcio. Come giornalista non ha scritto solo di sport: ha collaborato con moltissime testate - Il Messaggero, La Repubblica e Il Tempo, solo per citare i più famosi quotidiani, ma anche il settimanale Il Mondo -, intervistando personaggi famosi come Oriana Fallaci, Ennio Flaiano, il cosmonauta Titov, Sergio Leone. Appassionato di fantascienza, ha diretto la prestigiosa rivista Futuro ed è l’autore di alcuni racconti pubblicati in Italia, Francia e Spagna.
*link all'Introduzione del libro.
*link alla collana Media Manuali dell'editore Gremese, Roma.

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29 aprile 2012

Alla corte delle parole, tra intrighi e potere

Il Papi, il Ciarra, i Canguri, Ranocchia, Cicogna e Zio Tibia, ci siamo tutti? Partiamo. Sono alcuni dei soprannomi che il lettore incontrerà sul sentiero che lo porterà a districarsi nel labirinto che si scorge sotto il palazzo del potere. E noi, poveri ingenui, che pensavamo di aver archiviato, con la caduta di Benito, i sistemi più subdoli per tenere a bada le masse! Parola dopo parola, grazie allo sforzo di Guarino, si riuscirà a trovare la giusta focale per raggiungere quella nitidezza che permetterà di comprendere i fatti più importanti della storia del nostro Paese. Anzi, proprio dietro quei fatti si celano gli intrighi più inquietanti davanti ai quali, riletti con lo strumento corretto, il lettore rimarrà basito. Non fu proprio Gelli, il Maestro venerabile, a dire: “ Il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media”? Mai parole furono più azzeccate!  Così come il suo obiettivo: “Destabilizzare per stabilizzare”. Ma chi erano costoro? Semplicemente, come li definiva un illustre affiliato, “.. Una ramazzaglia di arrivisti e mitomani”? Forse si, ma sta di fatto che a poco a poco ottennero il controllo dei punti nevralgici del potere, di quel potere che, anche dopo la caduta dell’organizzazione, andava sempre alla ricerca di nuovi padroni che sapessero utilizzare al meglio l’arma più potente che esista: la parola. Si capirà come dietro la compravendita di buone penne si celino menti sopraffini che hanno compreso come il potere, sin dalla notte dei tempi, debba passare necessariamente attraverso il controllo dei media. La Macchina del fango si rivelerà un’arma letale sotto i cui colpi cadranno gli avversari, ma non solo. Il metodo Boffo, gli scoop fasulli, le pseudo-inchieste, ecco alcune delle tecniche in cui si inseriranno i bravi di turno. Pansa, Feltri, Belpietro e Sallusti, appunto Zio Tibia, sono alcuni dei giornalisti rimasti impigliati nelle maglie della rete, una rete che si rivelerà ben presto troppo piccola a contenerli tutti. Si scoprirà così come, al semplice cenno del pollice verso del padrone, la Macchina del fango si metta in moto, triturando uno dopo l’altro i personaggi più illustri della storia della Repubblica. L’affare Telekom-Serbia, il dossier Mitrokhin, il caso Unipol-Bnl, Fini e la casa di Montecarlo, il bacio di Ilda, Tremonti e la casa in affitto, lo 007, che non poteva mancare, la mise di Travaglio e molti altri, sono alcuni degli argomenti che verranno trattati nelle avvincenti pagine scritte da Guarino. Il libro si legge in un batter d’occhio, a tratti ironico, senza, tuttavia, mai perdere di vista la gravità del dramma che ha ammantato tutti noi. Nessuno escluso. Buona lettura
Fabrizio Pronzalino


Mario Guarino
Mercanti di parole.
Storia e nomi del giornalismo asservito al potere
Bari, Dedalo, 2012, 304 pp.

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28 aprile 2012

Net feminism. Donne, rete e informazione

Net feminism è un movimento che promuove, attraverso le tecnologie, campagne e idee per "femminizzare la Rete". La rete è donna e permette alle donne di uscire dal posto minoritario che occupano nei media tradizionali e far sentire la propria voce, diffondere un nuovo modo di far informazione, un interpretazione diversa dei fatti. Ancora oggi, purtroppo, l'ottica maschilista porta a vedere l'uomo come eroe e la donna come oggetto. Bisogna sovvertire quest'ottica e il web permette di fare ciò. Apre un mondo di possibilità al giornalismo femminile. Con questo termine non si intende quel tipo di giornalismo velleitario,forse un po' futile come le riviste di moda o di costume. Si intende il giornalismo fatto dalle donne che si occupano di tutti le tematiche dell'informazione (dalla politica allo sport) proprio come fanno gli uomini.
Il tema trattato nell'ambito del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia è, dunque, quello dell'informazione al femminile con uno sguardo ottimista verso le nuove possibilità che la rete offre. La giornalista Barbara Sgarzi sostiene che il web si basa sulla logica dello sharing, della condivisione, del dono. Ma non è un dono gratuito, è qualcosa che torna indietro in termini di visibilità e riconoscimento. Questo ben lo sanno le giornaliste sedute al tavolo che hanno ottenuto grandi successi in rete. Raffaella Menichini lavora da quattro anni nella piattaforma online del quotidiano "La Repubblica". Lei ha vissuto sulla propria pelle il passaggio dalla carta stampata al web e, per forza di cose, si è dovuta convertire a questa nuova tecnologia. Ha dovuto cambiare il suo modo di scrivere e soprattutto ha dovuto abituarsi all'idea di non avere più a che fare con un fruitore passivo dell'informazione, ma con lettore partecipe del processo, che commenta, critica e dialoga con il giornalista. Il web crea nuove possibilità, apre nuove finestre sul mondo, offre la possibilità di creare più facilmente una rete di contatti. La giornalista afferma che sono soprattutto le donne ad usufruire di queste nuove possibilità, forse proprio perché sono consapevoli dell'enorme forza che ha il mondo online. Una forza ancora tutta da sfruttare. Ricollegandosi a quest'ultimo pensiero, la giornalista di Radio Popolare nonché nota blogger (il suo blog è uno dei più seguiti in Italia), Marina Petrillo sostiene come gli uomini che riescono a sfruttare i social media lo fanno grazie a una sensibilità femminile. Infatti, è inutile negarlo, le differenze di genere esistono ma non sono da intendere in ottica negativa. La donna ha generalmente una sensibilità maggiore degli uomini ed è proprio questa sua sensibilità che le permette di interpretare i fatti in maniera differente, di "legare i fili" delle narrazioni, di vedere particolari che potrebbero sfuggire ad un occhio maschile.
Serena Danna, giornalista del "Corriere della sera" e curatrice del blog femminista 27sima Ora, nel suo intervento focalizza l'attenzione sull'uso sbagliato del termine ragazza. Potrebbe apparire un problema linguistico di forma, ma non è così. Il termine "girl" implica la giovane età, l'inesperienza e mette in posizione di inferiorità rispetto agli uomini (che non vengono chiamati ragazzi). Dobbiamo imparare a chiamarci donne e a non sentirci inappropriate quando entriamo nella "stanza dei bottoni".
Il panel si conclude con una nota critica. Nonostante tutto l'ottimismo verso quelli che vengono definiti nuovi media e che ormai non sono più tanto nuovi, nel mondo online purtroppo si stanno riproponendo le stesse dinamiche del mondo offline. Siamo lontani dalla realizzazione dei sogni delle cyberfemministe degli anni Novanta. Ma in fondo il web è una strada che si sta iniziando ora a percorrere e non sappiamo ancora bene dove ci porterà. C'è ancora posto per la speranza.
Anna Lucia Dimasi

27 aprile 2012

Smontando l'ambiente sul Web

Gran parte del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia è incentrato sui nuovi linguaggi della comunicazione, quindi sul web. Anche l'incontro riguardante i temi ambientali e della scienza si è focalizzato sull'informazione nel web 2.0, sui nuovi media e sul loro utilizzo. Sono state presentate alcune esperienze in questo senso.
La prima esperienza è quella del progetto realizzato da Marco Tozzi con Avoicomunicare. Molti esperti e giornalisti hanno raccontato e continuano a raccontare i disagi ambientali recandosi nei posti dove avviene un fatto e realizzando reportage, interviste, inchieste. Mentre il progetto itali@ambiente utilizza i contributi della gente che vuole denunciare il degrado ambientale dei posti in cui vive. Si tratta di un tipo di comunicazione dal basso. Attraverso il web, la gente comune è diventata parte attiva del progetto. Inviando storie, immagini silenziose, interviste ha contribuito alla realizzazione di un filmato che sensibilizza sulla devastazione ambientale presente in varie parti d'Italia. I temi trattati sono vari: dai rifiuti a Napoli, all'inquinamento degli impianti industriali; dalla cementificazione insensata, alle catastrofi causate dall'uomo che non rispetta l'ambiente. Non è nato un filmato come tutti gli altri, ma gli attori, i protagonisti e i registi sono i cittadini comuni, siamo tutti noi. Da settembre 2010 sono stati raccolti più di duecento video di cui sono state scelte e montate alcune parti per creare un filmato di 39 minuti che presto sarà disponibile sul web. Tutto questo processo è avvenuto nel modo più democratico possibile, cercando di raccogliere i pareri di tutte le persone interessate tramite una piattaforma wiki. Alcune parti del video sensibilizzano su disagi ambientali e hanno previsto alcuni fenomeni che poi si sono avverati. Ad esempio l'alluvione di Genova.
Nell'intervento successivo, Caterina Vinci ha presentato l'Enea web tv. Si tratta di un progetto interno all'ente, un contenitore di servizi giornalistici nell'ambito dei temi dell'energia e dell'ambiente. Sempre afferente all'Enea è la rivista Energia, ambiente e Innovazione che negli ultimi anni è diventata una rivista online e si aperta ai social media. Questa apertura ha portato anche dei cambiamenti all'interno della rivista stessa. Come ha ben spiegato Vincenzo Ferrara, responsabile della rivista, essa prima si rivolgevaad un target puramente scientifico. Ora questo target si è allargato e ad una parte specifica è stata affiancata una parte divulgativa accessibile a tutti.
Infine, Marco Fratoddi, direttore La Nuova Ecologia, ha analizzato l'informazione intorno ai fenomeni ambientali tra il 2005 e il 2009. Questa è stata la “stagione d'oro” delle tematiche ambientali, grazie anche ad eventi come l' Uragano Katrina o al Vertice di Copenaghen. Forse, però, si è caricata troppo la mano sul catastrofismo e questo ha un po' allontanato l'informazione da questi temi.
Anna Lucia Dimasi

*link al video del panel discussion.


26 aprile 2012

Scuole di giornalismo in India

L'Indian institute of journalism and new media è stato fondato nel 2001 dalla BS&G Foundation, un'organizzazione non-profit che si impegna per promuovere i valori e le istituzioni democratiche in India. La BS&G foundation si basa sulla partnership tra l’organizzazione Adi Chunchanagiri Maha Samsthana e la The George Foundation.
In India, grazie allo sviluppo economico e tecnologico, le opportunità di impiego nel mondo dei media stanno crescendo, e il giornalismo sta diventando una scelta preferibile di carriera. L’IIJNM, essendo un ente indipendente e quindi non affiliato a nessuna testata giornalistica o organizzazione mediatica, è in grado di mantenere larghi contatti con vari e diversi editori. Gli studenti laureati in questo istituto hanno perciò la possibilità di accedere a quasi tutte le organizzazioni mediatiche per cercare un impiego.
IIJNM offre un curriculum associato con la Columbia University Graduate School of Journalism, New York. I corsi sono vari e diversificati: stampa, televisione, radio e giornalismo online o multimediale. L’istituto è considerato dalla maggior parte della comunità mediatiche come uno dei migliori corsi di giornalismo in tutta l’Asia del Sud.
La missione dell’IIJNM è di dotare i propri studenti di un’ampia gamma di capacità e concetti, come per esempio la raccolta delle fonti, l’editing e la presentazione della notizia, e di prepararli alla carriera giornalistica. Oltre a un’educazione prettamente “giornalistica” gli studenti ricevono una formazione di base, o più che altro ne ricevono un ampliamento e un rafforzamento, che li renda capaci di affrontare in modo intelligente gli argomenti fondamentali del giorno.
La speranza è che i giornalisti dell’IIJNM non solo saranno in grado di raggiungere gli standard giornalistici attuali, ma anzi saranno abili nel superarli e nel migliorare potenzialmente la qualità del giornalismo nel subcontinente indiano.
L’IIJNM possiede inoltre una specie di testata online, dove gli studenti pubblicano articoli parlando dei temi centrali nel mondo dell’informazione. Questo strumento credo ci possa essere molto utile per capire quali sono i temi più discussi in un paese dallo sviluppo giornalistico piuttosto recente come appunto è l’India.
Gli studenti pubblicano infatti le notizie secondo loro più interessanti su tre portali: The Softcopy, The Observer e The Beat.
Giulia Torreggiani

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India 2.0

IndiaUnheard è la prima comunità di news lanciata dalla piattaforma VideoVolunteers, nata nel 2010. L'iniziativa consiste nel dare ai corrispondenti di comunità la possibilità di raccontare storie che altrimenti rimarrebbero inascoltate. Mettendo in comunicazione questa comunità con i principali canali televisivi internazionali e con vari network online IndiaUnheard dà alle comunità globali la possibilità di ottenere un audience globale.
 IndiaUnheard  è composto da un network di 45 corrispondenti di comunità, sparsi sul suolo di 27 stati indiani e in grado di far luce sulle prospettive più marginali e marginalizzate, come i Dalit, le popolazion tribali, le minoranze linguistiche religiose e sessuali. Ai corrispondenti vengono insegnate le basi del giornalismo, di un buon documentario, e l'uso dei social media come strumento per diffondere le notizie. L'uso dei social media, del video giornalismo e degli sms permette ai corrispondenti di mettersi in contatto con il pubblico nazionale e internazionale in modo del tutto innovativo.
Grazie ad IU possiamo avere una visione dell'India reale,non quella mostrata sulla cartoline del Taj Mahal e degli imperatori moghul. L'India infatti è la più grande democrazia del mondo, ma la maggior parte dei suo abitanti non è ancora consapevole dei propri diritti: questo poichè è esclua dai media (a causa dell'analfabetismo o della scarsa istruzione) e poichè il governo non riesce facilmente a immedesimarsi nella condizione dei poveri e della comunità rurali.
IU sta cominciando ad avere un impatto sulle comunità in cui opera; i visitatori del sito infatti cominciano a rendersi conto della reale situazione dell'India rurale e si muovono per dare una mano concreta nelle problematiche più comuni come la scarsità dell'assistenza sanitaria o la corruzione dei governi locali.
Un esempio di campagna, andata a buon fine, portata avanti da IU è questo video reportage. I reportage video sono disponibili online e nel Gennaio del 2011 VV ha lanciato un programma settimanale di notizie della durata di 30 minuti sul canale indiano in lingua inglese News X.
Giulia Torreggiani

25 aprile 2012

Meeting dei movimenti dei giornalisti precari italiani a Perugia

A Perugia il primo incontro del Festival Internazionale del Giornalismo  è stato dedicato alla categoria dei precari dell'informazione e dei free lance. I cosiddetti “sfruttati” dell'informazione hanno iniziato a farsi sentire solo recentemente, diventando nell'ultimo anno protagonisti del dibattito sul lavoro giornalistico in Italia. Questa categoria, che di fatto tiene in piedi il mondo dell'informazione, ha iniziato a rivendicare maggiori tutele e diritti nello svolgimento della professione. Tutto è iniziato ad ottobre, quando i movimenti dei giornalisti precari italiani si sono riuniti a Firenze e hanno scritto un documento deontologico sulla precarietà del lavoro dei giornalisti, la Carta di Firenze che è stata approvata dal Consiglio Nazionale l'8 novembre 2011. Si tratta di uno strumento che doveva servire a porre le basi per regolamentare la posizione dei precari dell'informazione, ma nei fatti ciò non è avvenuto. Molti punti stilati non sono stati rispettati. Ad esempio, gli organi regionali dovevano decidere autonomamente il compenso dei free lance, ma ciò non è stato fatto. Inoltre, al momento non c'è alcun organo che vigila che i principi presenti nel documento vengano rispettati. Il documento è rimasto ad uso e consumo del coordinamento, non è “sceso in strada”, non è stato diffuso neanche tra i colleghi giornalisti che non erano presenti all'incontro e che tutt'oggi non sanno a chi rivolgersi per essere tutelati. In sei mesi, sono stati solo tre i casi in cui si è adoperata la Carta di Firenze. Essa, inoltre, non è chiara su alcuni punti e sicuramente andrebbe rivista, ampliata e concretizzata. Ad esempio, non sono chiare le sanzioni che può fare l'Ordine nei confronti di chi sfrutta i precari. Non è chiara la tutela che spetta al precario che denuncia una situazione di sfruttamento. E ancora meno lo sono i metodi per circoscrivere la situazione dei pensionati che continuano a lavorare in veste di collaboratori, agevolando le testate che vengono esentate dal pagamento dei contributi e togliendo di fatto la possibilità ai nuovi giornalisti di essere assunti. Tutti i relatori sono stati concordi nell'affermare che il documento deve diventare uno strumento reale utile per creare una coscienza di professione. In questo momento stiamo vivendo una fase fondamentale per la professione, in quanto tra poco si discuterà la riforma dell'Ordine dei Giornalisti. Una riforma che si spera porterà un po' di chiarezza all'interno del complesso quadro legislativo che riguarda lo svolgimento della professione. L'Ordine infatti, non va visto come la controparte a cui i precari devono rivolgersi, ma la controparte sono gli editori. Sono loro che devono cambiare. Solo così potrà cambiare il mondo dell'informazione che deve puntare alla qualità del lavoro e non alla quantità.
Anna Lucia Dimasi

*link al video del meeting:

L'enogastronomia raccontata dai media Cina


"Non c'è amore più sincero di quello per il cibo"
George Bernard Shaw
Negli ultimi tempi l'attenzione dei media verso il cibo è cresciuta vertiginosamente. Questa grande considerazione verso la cucina, gli alimenti e i ristoranti ha condotto alla nascita di una vera e propria professione che coniuga l'attività mediatica con l'attenzione verso il cibo: il giornalista enogastronomico.
L'esperto in giornalismo enogastronomico si occupa di redigere contenuti editoriali e multimediali in ambito alimentare: ad esempio scrive recensioni per ristoranti, crea documentari sui "luoghi" del cibo, organizza eventi e manifestazioni di carattere gastronomico ed è un esperto della comunicazione e del marketing alimentare.
"L'Italia enogastronomica raccontata dai media cinesi": è il tema di uno degli appuntamenti del Festival Internazionale del Giornalismo, che dal 25 al 29 aprile porterà in Umbria, a Perugia, oltre 500 giornalisti ed esperti di comunicazione.  L'incontro, inedito per l'Italia, é organizzato dal Centro Estero Umbria e si è tenuto oggi. Al panel, coordinato da Federico Fioravanti, partecipano Yang Xiaolei e Lawrence Lo, due tra i piu' importanti giornalisti televisivi cinesi. Con loro, due reporter italiani che da anni viaggiano tra l'Italia e la Cina: Claudio Grillenzoni, giornalista enogastronomico, corrispondente in Cina di Identita' Golose e Sonia Montrella, uno degli autori del libro 'Il modello cinese', che collabora con AgiChina24. Yang Xiaolei, Chief Editor del programma Business Channel Global Connection di CCTV, ha ricoperto il ruolo di Chief Editor dei programmi gastronomici 'Manhan Quanxi' e 'MeishiMeike' e ha diretto la quinta edizione del 'National Television Cooking Contest'.
Serena Cellotto


24 aprile 2012

"Zagreb": noi e loro, i buoni e i cattivi, nel primo romanzo di Arturo Robertazzi


"E sì, domani si parte. Mi aspetta una bella settimana: due presentazioni di Zagreb, una a Genova e una a Perugia [...]. Chi vive all'estero lo sa, ogni volta è un po’ diverso: ci sono quelle volte che proprio non vuoi tornare, perché magari a Berlino è arrivata la primavera e non te la vuoi perdere o magari perché di sentire l’italiano ovunque attorno a te proprio non ti va; ci sono quelle volte che viaggi con poca voglia, poi arrivi, e ti accorgi di essere contento di aver messo piede in Italia; e ci sono quelle volte, un po’ più rare, per la verità, in cui non vedi l’ora di arrivare. Sarà il sole, la cucina, l’italianeità, la famigghia, insomma, questa volta ho proprio voglia di scendere. In effetti, un po’ emigrante mi sento. E in fondo, un po’ lo sono"

Sono queste le prime righe del blog di Arturo Robertazzi, "Destinazione Cuore Stomaco e Cervello". Nato a Napoli nel 1977, salernitano, chimico teorico alla Freie Universität, musicista in un gruppo elettro-rock, esperto di nuove frontiere del giornalismo (lo dimostra il suo intervento nel mese di marzo 2012 nell'ambito della conferenza organizzata al BerioCafè di Genova dal gruppo di blogger LeDita). Non ancora impressionati? Arturo -@ArtNite, per il popolo di Twitter, che lo conosce e lo segue- è diventato di recente anche autore di un romanzo, Zagreb, pubblicato da Aìsara, che ha già riscosso un buon successo. L'autore, dal discreto fascino underground, ha presentato il suo libro questo pomeriggio (24 aprile 2012 alle ore 18) alla libreria BooksIn di Vico del Fieno, a Genova. 
“Buonasera. Cosa devo dire?”: questo l’esordio sui generis dell’autore, vuoi per l’imbarazzo, vuoi per il clima poco accademico e piuttosto familiare che si respirava da BooksIn. A dire il vero, tutto l’incontro è stato un po’ sui generis, in perfetto stile berlinese: incalzato dalle domande del moderatore ed accompagnato dalla presenza irruente di una giovane "Vorleserin” che ha recitato estratti del libro, Arturo ha raccontato cos’è Zagreb. Si tratta di un romanzo ambientato nella ex-Jugoslavia, nel periodo delle Guerre Balcaniche. E tuttavia, serbi, croati, bosniaci, musulmani, i popoli coinvolti nello scontro, non compaiono in senso stretto nel romanzo di @ArtNite, il quale racconta non tanto la guerra fatta al fronte, quanto piuttosto lo strazio di una quotidianità devastata e insopportabile, più letale di ogni bomba. Niente sarà più come prima. Lo capiscono i protagonisti del libro, i quali prendono consapevolezza dello strappo che una guerra di questa portata si trascina dietro: la dicotomia noi-loro (e gli annessi vincitori-vinti, ragione-torto) si impone, e anche gli “amici” diventano “nemici”, in quel grande vuoto di senso che la guerra si porta dietro. 
Tanti i temi affrontati dall'autoredall'impiego in guerra di più di 3 mila bambini soldato, all’incertezza per il futuro di questi popoli nostri “dirimpettai” che sognano di migrare in Italia, la terra promessa a sole 10 ore di nave. Non solo guerra, dunque: Arturo, italiano di nascita, berlinese d’adozione, cosmopolita di professione, racconta anche una storia di migranti come lui, che hanno cercato e cercano tuttora fortuna altrove, in un’Italia che, talvolta, non li sa e non li vuole accogliere e che tende piuttosto ad appiattirli sullo stereotipo di un “loro” svuotato di senso e privato di una storia. L'autore invita ognuno di noi a riflettere sul presente, su come certe dinamiche di pregiudizio e ritrosia continuino a proporsi: “anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti”, praticamente. La citazione di De Andrè sembra venire proprio a proposito: lo cantava già lui qualche anno fa, e la situazione italiana -e di Genova in particolare- non sembra affatto cambiata: paura del diverso, xenofobia, esacerbati dibattiti sull'opportunità o meno della costruzione di una moschea infiammano proprio in questi giorni gli animi dei genovesi. L'intervento di Robertazzi capita proprio ad hoc e fa riflettere anche i più insospettabili di noi, che da sempre si auto-assolvono.
La scelta dell'ambientazione è suggestiva: si tratta di una guerra di circa 20 anni fa, dunque né troppo lontana, né vicina nel tempo, al contrario molto vicina nello spazio, ma in qualche modo allontanata dal clamore mediatico, che l’ha trasposta in un' altrove indefinito. Perché proprio questa scelta, apparentemente immotivata? E' un progetto intavolato ormai da dieci anni, racconta l’autore, rivelando il suo interesse per un periodo storico molto intenso, che portava con sé i resti della caduta del muro di Berlino, la fine del Comunismo e la guerra del Kosovo. Non poteva non parlarne, dice Arturo, che racconta le sue storie in bilico tra un bianco e nero sbiadito e un rosso intenso, colore onirico che da voce ai sogni tormentati dei protagonisti. Romanzo sinestetico, è stato definito. E, direi, a ragione.
Un "bravo", dunque, al poliedrico Robertazzi, che spazia dalla scienza, alla tecnica, all’arte, alla letteratura, dando saggio del suo amore per l’arte di Schiele (da cui ha preso spunto per “dipingere” qualche scena del suo romanzo). L’inizio di un grande e meritato successo di un giovane che si distingue all’estero ed è apprezzato a casa propria: sulla scia di Missincat (giovane cantante del panorama indie, come molti altri immigrata a Berlino per fare successo), @ArtNite è l’ennesimo cervello in fuga,  che però, in questo caso, torna a condividere con noi le sue scoperte e i suoi successi.
Non da ultimo, @ArtNite sarà anche ospite di Librinnovando (festival organizzato dalla Facoltà di Giornalismo dell’Università degli Studi di Tor Vergata, che si terrà il 27-28 aprile 2012) per parlare di ebook e nuovi mezzi di comunicazione digitale. Zagreb, infatti, è già disponibile anche nella versione eZagreb, con contenuti inediti e tante novità. 
Elettra Antognetti

23 aprile 2012

Carta di identi-libertà

Una finestra sul mondo dell'informazione, senza tende. Culture, società e temi d'attualità a confronto. Eliminando gli stereotipi, smascherando i media, la politica, l'opinione pubblica.
Siamo tutti assetati di libertà. O quasi. Nell'informazione, nella vita. Questo blog nasce dall'idea che si possa arrivare ad una conoscenza più diretta e pura della diversità delle culture. Ognuno di noi è un'identità frutto di diverse maglie culturali che indossiamo ma che possiamo togliere in ogni momento. Noi vi chiediamo di spogliarvi solo di tre cose: stereotipi, pregiudizi, false credenze. Dentro la carta di identità di ciascuno di noi ci sono solo dati. Precisi e fissi. Ma dietro a ogni foto si nasconde una persona con mille variabili. Se ci lasciamo andare con la mente i contorni si fanno via via più labili e sfumati. Come dice l'eco poetico delle parole di Amadou Hampaté Ba: maa ka maaya ka ca a yere kono. In bambara significa: "le persone di una persona sono numerose in ogni persona". Occorre, soprattutto, dare voce a chi non ne ha per conoscere le numerose culture, i differenti stili di vita, le diverse se non opposte prospettive. Occorre avvicinarsi, conoscere ciò che si ignora, addentrarsi in realtà fisicamente e mentalmente lontane da noi. Affinché questo viaggio di conoscenza non sia esclusivamente virtuale. Già Seneca aveva compreso il tutto e raccomandava: "al momento dell'imbarco fate che il viaggiatore abbia cura di non portare in viaggio se stesso. Molti uomini non ritornano migliori di quando sono partiti. Si portano con sé nel viaggio". Un viaggio che non presuppone per forza lo spostamento. Un viaggio che trova spazio nella quotidianeità. Solo così tutti potremmo parlare da pari. Pari quali nasciamo. Pari quali siamo, realmente, nella vita. O, meglio, dovremmo essere. E pazienza, se tornando per un attimo alla foto della carta d'identità, questa risulterà sfocata e mossa.
Ma Carta di identi-libertà è molto di più: uno spazio dove condividere temi di attualità, società, politica. Uno spazio dove l'inchiesta e la curiosità non si fermano alle apparenze. Ma a volte le parole non bastano. Per questo è nata la sezione Cartoline dal mondo dove la fotografia sprigiona tutto il suo fascino. Eccoci allora pronti ad intraprendere un viaggio che si nutre di curiosità e supera i meandri dell'apparenza e della superficialità. Noi siamo pronti a partire e tu?
Amministratore e autore:
Andrea Ghiazza: Laureato in Scienze della Comunicazione presso l'Università di Genova con una tesi sul turismo sostenibile in Africa. Attualmente sono iscritto alla laurea magistrale in Informazione ed Editoria. Ho collaborato dapprima con Sampdoria Magazine, in seguito con "Il Secolo XIX", redazione di Savona, pubblicando articoli all'interno dello sport e della cronaca locale. L'obiettivo è mettere la mia curiosità e la passione di scrivere al servizio del giornalismo. Carta di identi-libertà rappresenta l'inizio di un cammino che insegna a non fermarsi davanti all'apparenza.
Autore:
Gabriele di Terlizzi: Laureato in Scienze Politiche presso l'Università degli studi di Milano con una tesi sul rapporto tra censura e giornalismo durante la prima guerra mondiale. Attualmente iscritto al corso di laurea magistrale in Informazione ed Editoria presso l'Università degli studi di Genova. Le strade per diventare un vero giornalista sono molteplici. "Carta di identi-libertà" è una di queste.

contatti:bloghiazza@gmail.com
http://cartadidentiliberta.blogspot.it/
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20 aprile 2012

In libreria


Raffaele Masto
Buon giorno Africa. Tra capitali cinesi e nuova società civile
Milano, Bruno Mondadori, 2011, 208 pp.
Descrizione
Le imprese cinesi sono arrivate in massa. E si affacciano leader giovani e pieni di energie. Una svolta epocale? Due decenni di viaggi nell’Africa nera hanno insegnato a Raffaele Masto che i miracoli non succedono, ma che è importante cogliere i segni del cambiamento. In questo libro si rivela l’esistenza di circuiti economici ignorati dalle statistiche occidentali. Si racconta la storia straordinaria di una baraccopoli di Nairobi che si mobilita contro la guerra in Iraq. Si descrivono il viaggio in taxi con un uomo d’affari di Shanghai e le spedizioni nel deserto con guide capaci di illuminare il viaggiatore non solo sulla strada da percorrere. E mille altre storie, che gli occhi aperti di un vero reporter hanno saputo catturare.
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19 aprile 2012

In libreria

Giuseppe Di Fazio - Orazio Vecchio
Dove sta la notizia. Giornali e giornalisti nell'era di internet
 Caltanisetta, Lussografica, 2012, 146 pp. 
Descrizione
"Citizen journalism" potrà sostituire la funzione sociale svolta dalla stampa tradizionale? I blog personali sono destinati a soppiantare il lavoro dei professionisti? I coriandoli di notizie che circolano sui "social network bastano a offrire un'informazione reale? E perché le tragedie vengono trattate in tv alla stregua di "reality show"? E quali prospettive si profilano per il giornalismo al tempo di internet? Sono queste alcune delle domande a cui questo libro tenta di fornire una risposta.
pubblicaziobe a cura del Centro Studi sulla Cooperazione «A. Cammarata»

In libreria

Artur Domoslawski
La vera vita di Kapuscinski: reporter o narratore?
Roma, Fazi 2012, 614 pp.
Descrizione
Kapuscinski è stato il più importante reporter del Novecento, esempio di un grande giornalismo improntato a una scelta etica, volto a dare voce a chi non l'ha e a produrre una qualche forma di cambiamento nel mondo. Tenace demolitore di luoghi comuni, con la sua vita il "maestro Kapu" ha testimoniato l'indipendenza del reporter, seguendo per mezzo secolo guerre e conflitti in vari continenti, dalla Polonia comunista all'Africa postcoloniale, dall'Iran di Khomeyni alla Russia sovietica. A rischio della propria vita. Biografia riccamente documentata, "La vera vita di Kapuscinski" ha dato adito a forti polemiche per aver insinuato un pesante dubbio: Kapuscinski è stato un grande reporter o un grande narratore? Ebbe mai la tendenza a esagerare, se non addirittura a inventare i fatti? Ha davvero incontrato di persona Che Guevara o il leader rivoluzionario del Congo Patrice Lumumba? Da questo spunto derivano quesiti di metodo di straordinario interesse: fino a che punto è lecito modificare lo svolgimento dei fatti per scrivere un reportage? Dove finisce il reportage e dove inizia la letteratura? Qual è la relazione tra la realtà e la parola, tra la storia e la letteratura?

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15 aprile 2012

Il caso Morosini: la spettacolarizzazione della morte

Per me un sabato pomeriggio come tanti altri a seguire allo stadio la squadra del cuore. Ore 16:50: al termine della partita leggo sul tabellone dell'impianto sportivo genovese che la partita Pescara-Livorno è stata rinviata. Maltempo penso. Mi reco comunque nel primo bar dello stadio con una televisione in bella mostra per saperne di più e, mio malgrado, vengo a conoscenza della morte per arresto cardiaco del calciatore livornese Morosini. Da quel momento non ho neanche il tempo per riprendermi dalla notizia che inizia il tam tam mediatico. Le reti sia pubbliche che commerciali a suon di frasi retoriche preconfezionate mostrano sequenzialmente le immagini della doppia caduta dello sportivo prima di accasciarsi per un'ultima volta sul manto erboso. I diversi canali si contendono l'audience nel cercare di mandare per prime e il più velocemente possibile le tragiche riprese attestanti la morte. Come se si stesse mostando alla moviola l'esistenza o meno di un fuorigioco. Ma stavolta in ballo non c'è un goal. C'è la vita di una persona. Neanche la morte, quindi, ha più una dimensione intima, privata. Non importa se avviene in uno stadio dove ci sono migliaia di persone. La morte mostra così spietatamente il suo carattere democratico e crudele allo stesso tempo. Democratico perchè non guarda in faccia a nessuno: colpisce indistintamente giovani, anziani, uomini, donne, ricchi e poveri. Crudele perché si porta con sè un ragazzo dalla vita già travagliata e difficile: senza genitori, un fratello recentemente morto per suicidio e una sorella con un handicap. A dimostrazione che i soldi possono aiutare ma non sono tutto.
Ma più cinico e spietato è stato il mondo dell'informazione, con poche eccezioni, che ancora una volta ha dato vita al macabro reality della spettacolarizzazione della morte. Le immagini e le fotografie fungono abilmente da complemento a servizi e ad articoli ma in casi come questo sono così necessarie? Forse disseteranno la volontà voyeuristica di molti italiani. Una volontà voyeuristica che, troppo spesso, non conosce limiti. Infine, pur con il massimo rispetto per un ragazzo che purtoppo non c'è più, è tragedia solo se i media ne parlano? La morte, almeno per alcuni media non è uguale per tutti e non ha lo stesso peso nella bilancia dell'informazione.
Andrea Ghiazza

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12 aprile 2012

Libri ri/trovati

Diego Verdegiglio
La TV di Mussolini
Sperimentazioni televisive nel Ventennio fascista
Roma, Castelvecchi, 2003, 486 pp.
Descrizione
Questo libro vuole far conoscere al pubblico un fenomeno ancora largamente ignoto: l’esistenza di regolari trasmissioni televisive giornaliere in Italia poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Molti pensano, infatti, che la televisione italiana sia nata con la Rai agli inizi degli anni Cinquanta, ma in realtà gli esordi sono negli esperimenti che l’Eiar effettuò a Roma, Milano e Torino tra il 1939 e il 1940, con tanto di artisti, presentatori, interviste sportive in studio, trasmissioni di film, sketch, commediole, canzoni, imitatori, balletti e concerti. Le grandi aziende elettrotecniche italiane e straniere intuirono l’importanza del mezzo televisivo e iniziarono immediatamente la fabbricazione di televisori a valvole destinati a un piccolo pubblico di gerarchi, docenti, industriali e imprenditori che installarono sui tetti delle tre grandi città italiane le prime antenne per la ricezione delle immagini: non fecero eccezione i Palazzi Vaticani e Villa Torlonia, dimora di Mussolini. La regolare programmazione televisiva del tempo, testimoniata in gran parte sul «Radiocorriere», riporta tutta una serie di novità assolute per l’Italia di quell’epoca, e sorprendenti ancora oggi: la presenza, ad esempio, della prima, vera «signorina buonasera» del video italiano, rintracciata e intervistata appositamente per questo libro. E di uno dei primi presentatori televisivi, che fu Nunzio Filogamo. Non mancano opere relative alla radio, al cinema e al teatro di quegli anni: ma la televisione (a parte qualche paragrafo isolato qua e là) non aveva mai avuto prima d’ora una ricerca di così vasta e documentata portata.
* link ad alcuni estratti del libro.

09 aprile 2012

In libreria

 Fausto Pellegrini
La bisaccia del giornalista. L'informazione necessaria per il XXI secolo
Viareggio, Dissensi edizioni, 2012, 150 pp.
Descrizione
Viviamo in una età di mezzo. Quello che ci stiamo lasciando alla spalle è chiaro. Ma se proviamo a chiederci verso dove stiamo andando le certezze spariscono. La bisaccia del giornalista nasce dal bisogno e dalla voglia di capire: chi siamo dove andiamo e come. Cosa è bene portarci dietro e cosa è meglio abbandonare. Ma soprattutto è un libro contro l’indifferenza, contro il feticcio di una presunta obiettività del giornalista che, di solito, maschera l’adesione al pensiero dominante. Per una informazione che smetta di essere forte coi deboli e debole coi forti, che non lasci mai notizie orfane, che sappia uscire dai palazzi del potere per “camminare domandando” all’interno della società. Fare domande lungo la strada della vita, professionale e non solo, significa fuggire qualunque certezza precostituita; significa essere disposti ad avere ogni volta occhi nuovi per guardare gli stessi luoghi; significa essere capaci di viaggiare sempre “in direzione ostinata e contraria” rispetto al pensiero dominante, senza avere in tasca formule miracolistiche (...). Questo libro nasce da una insoddisfazione e da una speranza. Dall’insoddisfazione di vedere l’informazione ridotta a “brusio dell’insignificante” (come scrive Todd Gitlin) o peggio, a strumento di/per il potere, come profetizzava lucidamente Pier Paolo Pasolini: due facce di una stessa medaglia. Dalla speranza che un moto d’indignazione condivisa porti al rovesciamento del tavolo, restituendo al giornalismo il ruolo di cane da guardia della società nei confronti del potere, di strumento di partecipazione e riscatto per i senza voce, effetti collaterali di ogni guerra: militare, politica economica.  La Prefazione è firmata da Pietro Ingrao.  
*link al sito della casa editrice Dissensi.

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06 aprile 2012

In libreria

Marco Forno
Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano
Roma-Bari, Laterza, 2012, 320 pp.
Descrizione
Nei rapporti tra potere politico, economico e finanziario e mondo giornalistico italiano esiste una prassi di lungo periodo, declinata dal fascismo in forme mai viste prima ma non pienamente rimossa neanche dalla transizione alla democrazia repubblicana. Si tratta di una delle conseguenze della particolare connotazione storico-politica di un paese come il nostro, nel quale una ristretta oligarchia ha guidato tutti i passaggi decisivi della vita economica e politica e ha riprodotto un modello spiccatamente gerarchico nella distribuzione della ricchezza e del potere, anche a livello di influenza sui canali di informazione. A questa condizione ha fatto non di rado da corrispettivo la malcelata aspirazione di vari celebrati rappresentanti del mondo giornalistico italiano di entrare a far parte di quella stessa ristretta oligarchia, in una logica di non alterazione – e anzi spesso di salvaguardia – dei rapporti di potere. Mauro Forno prende in esame gli ultimi centocinquant'anni di storia italiana e analizza le maggiori questioni che hanno attraversato il giornalismo italiano: i periodici d'informazione, confessionali e di partito, le strutture governative di controllo, il sindacato di categoria, la propaganda di guerra e l'esperienza fascista, l'istituzione dell'albo, le leggi repubblicane sulla stampa e l'editoria, fino all'avvento della televisione e del giornalismo online.
*link all'Indice del volume.
*Il libro é disponibile anche in formato e-book
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05 aprile 2012

In libreria

Giuseppe Richeri
Economia dei media
Roma-Bari, Laterza, 2012, 224 pp.
Descrizione
I media sono stati molto osservati dal punto di vista sociale, culturale e politico, ma poco dal punto di vista economico, nonostante siano ormai diventati un settore industriale di primo piano. Questo libro offre strumenti per capire l'economia dei media e i suoi rapporti con il settore più ampio delle comunicazioni, comprese le telecomunicazioni e l'informatica. Oltre all'analisi di aspetti generali del processo produttivo e del mercato, i suoi capitoli approfondiscono i caratteri e l'evoluzione attuale dei principali media, con particolare attenzione all'Italia.
*link all'Indice del libro.
*il libro è disponibile anche in fomato e-book.


04 aprile 2012

Da Mr. Gwyn a Mr. Earbrass

“Queste pagine raccontano una storia verosimile che, tuttavia, non potrebbe mai accadere nella realtà. Raccontano infatti di due personaggi che si incontrano per tre volte, ma ogni volta è l’unica, e la prima, e l’ultima. Lo possono fare perché abitano un Tempo anomalo che inutilmente si cercherebbe nell’esperienza quotidiana. Lo allestiscono le narrazioni, di tanto in tanto, e questo è uno dei loro privilegi.”
Con queste parole Alessandro Baricco introduce il suo ultimo libro: Tre volte all’alba.
Articolato in tre capitoli come le altrettante storie che racconta, il romanzo intreccia narrazioni diverse tra loro ma legate indissolubilmente da un filo conduttore.
Conclusa l’ultima pagina, a cui si arriva con estrema facilità grazie ad una scrittura agile e coinvolgente, tutte le parti si ricompongono come in un puzzle realizzato e completato in un tempo inesistente.
L’autore decide di scrivere questo libro, durante la stesura del suo precedente romanzo, dal titolo Mr. Gwyn.
All’interno di questa storia, infatti, si faceva riferimento ad un piccolo libro scritto da un angloindiano, che portava proprio il titolo Tre volte all’alba, e ricopriva un ruolo tutt’altro che secondario ai fini delle vicende narrate in Mr.Gwyn.
Baricco rende reale questo libro immaginario, che pur non essendo un sequel del precedente romanzo, ne diviene una sua diramazione.
L’autore, così facendo, dimostra come dietro ai libri, alle frasi o a semplici parole che leggiamo, in realtà si nasconda un mondo tutto da scoprire,
Infiniti collegamenti legano storie ad altre storie, ma questo non avviene solo tra le pagine dei libri.
La casa editrice Adelphi ha di recente dato vita ad un nuovo blog, che pur muovendo ancora i primi passi, promette molte soddisfazioni agli amanti della lettura.
Mr.earbrass.com è un titolo ispirato all’omonimo protagonista dell’Arpa muta di Edward Gorey, in cui attraverso la vicenda di Mr Earbrass, uno scrittore alle prese col suo nuovo romanzo, Gorey gira un documentario surreale sugli imbarazzanti vizi, e le poche virtù, del mondo letterario. Illustratore tipicamente gotico, Gorey era noto per scrivere e disegnare storie che non si sapeva mai come definire, e che di volta in volta potevano sembrare storyboard di minuscoli film muti o addirittura coreografie per balletti non danzabili.
Un personaggio che può da subito dare l’idea del vero spirito del blog, che presenta con questa breve introduzione le sue finalità:

I nostri libri – come tutti gli altri – raccontano storie, che a loro volta contengono le tracce di infinite altre storie, e ne segnalano la presenza, da qualche altra parte. Quello che vogliamo fare, in questo blog, è semplicemente seguire, nel modo più libero possibile, quelle tracce. E facendolo, naturalmente, raccoglierne altre. Con la stessa serenità di Mr Earbrass quando pescava il titolo di un nuovo romanzo dal suo calepino verde, senza la minima idea di che cosa, a quel titolo, avrebbe poi corrisposto.

Quella che Baricco è riuscito a fare nel suo nuovo libro, si avvicina molto a questa concezione della lettura, secondo la quale si dovrebbero cercare infiniti rimandi.
L’obbiettivo del blog è proprio quello di mostrare le innumerevoli possibilità di collegamenti, non solo tra i libri ma anche tra questi e certi film o immagini.
Un compromesso che sembra poter mettere fine alla diatriba tra eBook e formato cartaceo: grazie a questa nuova idea, non sarebbe più necessario sostituire l’uno all’altro, ma integrarli e far sì che il digitale e il mondo del web possano contribuire ad ampliare ciò che è tradizionale.
Sara Azza

02 aprile 2012

In libreria

ItaliAmerica. Il mondo dei media
Milano, Il Saggiatore, 2012, 325 pp.
Descrizione
Dopo il primo volume dedicato all'editoria, il viaggio nel "continente ibrido" ItaliAmerica continua con una raccolta di saggi che esplora il mondo dei media e della cultura pop lungo l'arco del Novecento, alla ricerca delle icone che hanno segnato l'immaginario comune. I cinque interventi, firmati da studiosi e docenti universitari, mettono in luce una rete di reciproche suggestioni in cui Italia e America si incontrano e si influenzano, rivoluzionando la prospettiva che rappresenta il Belpaese come colonia culturale statunitense. Gli stretti rapporti e i continui rimandi tra Hollywood e Cinecittà; il ruolo della RAI, di Mike Bongiorno e dei servizi informativi americani nella diffusione dello stile di vita a stelle e strisce; l'innesto del jazz e del rock and roll su un panorama tradizionalmente dominato dalla musica melodica; il percorso del punk, che dagli Stati Uniti arriva in Italia tramite la mediazione inglese; il tentativo di esportare nella patria del calcio uno sport come il baseball: questi i momenti simbolici di un incontro e di uno scambio interculturale i cui effetti sono tuttora visibili.

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