Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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27 ottobre 2014

Non strappare quell’erba


Tu terrorista, che sei tra noi.
Tu che siedi comodamente dietro le scrivanie del potere pianificando la prossima “azione”. I tuoi figli vanno al college e alla sera brindi coi capi di stato.
Tu che mescoli l’arroganza e la prepotenza con l’inganno e l’odio per la guerra.
Tu che ti presenti tutto patinato nei talk-show, ma non hai il coraggio di dire la verità. Tu che non credi, ma commissioni genocidi in nome di un falso dio, sfruttando la povertà e l’ignoranza dei popoli. Ti servi di eserciti di esaltati e disperati e sei a tua volta servo della stessa depravazione. Tu che dall’alto del tuo grattacielo vedi bene l’inutilità dell’odio per la vita che rappresenti, ma lo stesso inventi guerre e nemici da abbattere per giustificare sfruttamento e invasioni.
Tu, terrorista, guardaci negli occhi. E facci vedere i tuoi.
Abbi il coraggio di mostrare la tua vera bandiera, la faccia della tua vigliaccheria.
Noi non abbiamo paura.
Noi siamo uomini e donne che ogni giorno conoscono la fatica di un lavoro onesto, della tolleranza verso chi crede a un dio con un nome diverso, del rispetto verso le altre culture, della dignità nella sofferenza e nella morte.
Noi siamo quei giovani che non si arrendono alla tua violenza.
Noi seminiamo erba di speranza e amore per la vita.
Cerchiamo giustizia per gli occhi di Reyhaneh Jabbari, iraniana di 26 anni impiccata perché si è difesa dal tentativo di stupro di un impiegato dei servizi segreti iraniani. Vogliamo una seconda vita in risarcimento di quella crudelmente stroncata per tutti quegli uomini decapitati dall’Isis e per tutte quelle donne violentate nelle guerre del pianeta. Chiediamo giustizia per le città di bambini rapiti, venduti o uccisi dal fanatismo islamico o dai narcotrafficanti.
Ascolta, terrorista, le urla degli uomini torturati e delle donne stuprate e dei bambini venduti. Non senti la valanga di vergogna che incombe sulla tua coscienza?
Tu non conosci la grande dignità di questa gente che hai fatto morire. Morti da eroi. Morti per noi. Le loro urla strazianti fanno eco in tutto il mondo. Saranno il nostro inno per riconquistare l’amore per la vita e la pace.
Tu, terrorista, che non hai sangue nelle vene, ma solo veleno. Davvero pensi di annientare la volontà di popoli e nazioni diffondendo il terrore?
Te lo ripeto. Noi non abbiamo paura. Perché tu non sei niente. Sei solo un fantasma cieco, assetato di soldi e dominio, imbrattato di vergogne. Una bandiera senza colore, un potere inventato. Noi giovani sappiamo come distruggere la violenta arroganza dei tuoi discorsi e il puzzo fetido dei tuoi orrori.
Noi siamo fili d’erba e cresceremo ovunque. Anche tra le bombe di Kobane, anche tra gli spari di Ottawa. Un filo d’erba lo puoi trovare sulla tomba di Maria de Rosario, morta in Messico per aver denunciato con un tweet i narcos. Ciuffi d’erba spuntano tra il fango dei vicoli di Genova alluvionata, tra le braccia solidali di tanti ragazzi o in America nel campus dove Emma Sulkowiez porta con sé il peso di quel materasso dove ha subito violenza. E l’elenco potrebbe continuare all’infinito.
Perché loro, tutti, sono morti per noi. Per non cedere di fronte ai fili spinati dell’egoismo, ai labirinti delle assurde ambizioni, alle sconfinate ipocrisie date in pasto ai media. Noi sappiamo quanto può essere ipocrita anche la lacrima o il fiore che gettiamo sulla terra dove affogano i cadaveri in fosse comuni. Siamo specialisti nel seppellire in fretta ciò che ci disturba e brucia, ostentando corone di dolore.
Sanno d’erba le preghiere di Papa Francesco e l’abnegazione di medici e infermieri che curano i malati di Ebola. Qua e là si aprono crepe nella roccia dura dell’indifferenza. E in quelle crepe nascono spontanei fili d’erba oscillanti nel vento di una nuova resistenza.
Quella di noi giovani che useremo parole invece dei coltelli, lanceremo cortei al posto delle bombe, parleremo di dialogo anziché di guerra. E tu, terrorista, che vivi camuffato nella nostra quotidianità, sappi che non potrai mai strappare quell’erba. Spunterà in ogni luogo liberando la paura del mondo dall’orrore, recuperando l’innocenza dei pensieri, cavalcando l’intelligenza dei sentimenti. Noi prendiamo dolcemente sulle spalle il peso di tutti questi morti e li portiamo alti nella nostra notte e nelle nostre tempeste. Saranno loro a bucare d’azzurro il nostro cielo. E tu, terrorista, sei già morto. Vedrai, anche il tuo falso dio capirà.
Anna Scavuzzo


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