Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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18 dicembre 2014

La fede e l'orrore


Una mattina come tante. Sono le 7 e vado al lavoro. Intorno a me le solite facce di gente per bene che si affretta a prendere il treno. C’è chi pianifica le vacanze natalizie e chi bisbiglia di passioni pregresse. C’è chi si rimbocca il cappotto e chi ancora sogna qualcosa. Non c’è nessuno che legge il giornale. Nessuno che parla dell’orrore di Peshawar. Forse è ancora troppo presto per pensare. O troppo tardi per reagire. L’alibi del paese a noi lontano funziona ancora benissimo. Così come il “Non possiamo farci niente” o “I Taliban sono fanatici esaltati”. L’elenco delle ipocrisie di rito potrebbe durare a lungo. Di botto arriva il treno e schiaccia le frasi fatte sulla testa della gente. La fede e l’orrore si sono mischiate. Avere fiducia nella vita implica la speranza di non provare orrore. Sperimentare l’orrore ammutolisce ogni fede.Non sempre. A volte la fede diventa strumento per praticare l’orrore. Non solo quello dei Taliban contro bambini innocenti. Ma quello del mondo che sta a guardare. Menefreghista e impotente. Come chi conosce già il finale. Perché qualcuno sul pianeta sa bene cosa può capitare. Conosce ogni minimo dettaglio della prossima mattanza. La produzione del terrore è industria mondiale.Il terrorismo è una favola per lattanti. C’è qualcuno che decide dove andrà a cadere la bomba del dolore. Qualcuno che non si deve sapere e non si deve dire. Ma che c’è e non muore.
                                                                     Anna Scavuzzo

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