Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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02 settembre 2015

La libertà è di tutti


 

“Lesbiche e gay sostengono i minatori!” “Lesbiche e gay sostengono i minatori!” urla a gran voce un manipolo di ragazzi sparso tra i marciapiedi londinesi. E’ il 1984 e i minatori della Gran Bretagna rifiutano ostinatamente di tornare al lavoro, mentre una pallida e cotonata Margaret Thatcher, imperturbabile nel suo tailleur di ferro e gabardine, calpesta con le eleganti scarpette nere un’Inghilterra ormai agonizzante. Con la chiusura della miniera di carbone di Cortonwood, il Primo Ministro britannico inaugura una fase di smantellamento di ben venti siti estrattivi le cui conseguenze appaiono immediatamente insostenibili. L’Unione Nazionale dei Minatori, nel tentativo di salvaguardare più di 20.000 posti di lavoro, indice uno sciopero senza precedenti, che si protrarrà per un intero anno. Nonostante la signora Thatcher si mostri priva di qualsiasi scrupolo, sciogliendo in ogni luogo e in ogni ora il guinzaglio di centinaia e centinaia di poliziotti, i minatori non sono soli. Tra i numerosissimi gruppi di sostenitori che, in un modo o nell’altro, tentano di dare il loro apporto a una più che giusta battaglia per la vita, vi sono undici ragazzi omosessuali guidati da Mark Ashton, ventiquattrenne tanto giovane quanto determinato a liberare il mondo dalle sue ingiustizie. Spinti dalla solidarietà verso persone che, come loro, sono vittime di un sistema che teme e condanna la diversità, gli LGSM (Lesbiche e Gay Sostengono i Minatori) riescono con non poche difficoltà a convincere una piccola comunità di minatori gallesi ad accettare il loro sostegno. La diffidenza e l’imbarazzo iniziali svaniscono in fretta, mutandosi in un reciproco sentimento di stima e affetto, destinato a sfociare in una vera e propria amicizia che coinvolgerà tutti. O quasi tutti.

Pride, diretto da Matthew Warchus e impreziosito da una splendida colonna sonora e da un cast spumeggiante, è assurdamente passato quasi sotto silenzio nelle sale cinematografiche italiane sul finire dello scorso anno. Osannato invece dal Times e dal Guardian,  viene premiato ai Bafta Film Awards di Londra in un trionfo di applausi e consensi. Il film riscrive una storia vera di lotta e coraggio che dimostra quanto una piccola realtà possa cambiare le regole di una nazione intera. Al pugno di ferro del governo Thatcher si oppone la voce di coloro che questo stesso governo si affanna ad ammutolire e nemmeno la fine dello sciopero nel marzo del 1985 può incanalare un fiume ormai sfuggito ai propri argini. L’anno successivo infatti viene proposta in Parlamento una mozione per introdurre i diritti di lesbiche e gay nel manifesto del partito laburista, mozione infine approvata grazie anche al voto unanime di uno dei sindacati chiave d’Inghilterra: quello dei minatori.

E se il Galles nei suoi giorni più bui ha visto riaccendersi un barlume di speranza per l’entusiasmo di un gruppo di ragazzi, liberi e fieri della propria identità sessuale, allo stesso modo il gay pride di Londra del 1985 accoglierà un’inattesa fiumana di minatori, pronti a sollevare gli striscioni per una lotta ormai comune. Perché ciò che Pride mostra è che poco importa quale sia il motivo per cui ci si ribella. La Libertà è di tutti ed è giusto sempre e comunque combattere per essa.

Tuttavia Mark Ashton fu costretto a deporre presto le armi, poiché la morte lo colse l’11 febbraio del 1987 a soli ventisei anni, ma quando passeggiando per le strade di Londra oggi ci si imbatte senza difficoltà in coppie serenamente omosessuali sono certa che da qualche parte, chissà dove, chissà quanto lontano, il giovane eroe del 1984 possa sorridere ancora una volta.  “Abbiamo vinto noi signora Thatcher.” mi sembra di sentirgli dire  “E tu hai perso.”

 G. Camilla Severino

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