Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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15 novembre 2015

Allerta 2

Se in una tiepida domenica d’autunno, mentre tranquillamente passeggiamo con il nostro cane, assaporiamo la sensazione di calma che ci regala la risacca del mare. Se ci accostiamo a una piazza per parlare con gli amici. Se partecipiamo a un evento sportivo, se andiamo a visitare un museo…Se viviamo “normalmente” e tutto questo ci sembra ovvio e banale, quasi noioso, proviamo a pensare a quanto diamo per scontata la nostra libertà. Ad essa ci siamo abituati così tanto che quasi non la percepiamo più. Soprattutto, non ci rendiamo conto quando stiamo per perderla. Soprattutto, non vediamo l’ombra di un possibile regime che incombe, famelico delle nostre paure, bramoso di distruggere le nostre democrazie.
Allerta 2, fino a un paio di giorni fa, faceva pensare all’imminente passaggio di qualche forte perturbazione. Ci si preparava alle giornate di pioggia intensa e ai probabili effetti collaterali di allagamenti, frane, alberi abbattuti. Oggi, allerta 2, ci fa pensare ai preparativi per una guerra dove gli effetti collaterali sono la paura, il terrore, la morte. Contro l’allerta meteorologico possiamo predisporre misure precauzionali ed evacuazioni. Possiamo rafforzare argini, erigere barriere, evitare spostamenti, bloccare ferrovie. Contro l’allerta da guerra scandagliamo mari e orizzonti, controlliamo bagagli e persone, chiudiamo frontiere e costruiamo muri sempre più alti, predisponiamo eserciti, navi, aerei.
Entrambe le allerte ci fanno paura. Ma c’è qualcosa di più nell’allerta 2 proclamato dopo i fatti di Parigi. Qualcosa che non passa come fa una perturbazione. Qualcosa che rimane impresso nelle nostre coscienze. È la paura che pervade uno stato di insicurezza  e precarietà permanente. È la paralisi dell’azione. Avere paura, sempre. Questo è il vero nemico. Il tarlo che lentamente mangia la nostra democrazia.
A tutto ciò è necessario reagire. Non con le armi. Non con i vertici sulla sicurezza. Non con il filo spinato sui muri. Non chiudendoci in noi stessi. La paura, affinché non diventi panico o terrore, la si vince affrontandola. Possiamo dimostrare a chi ci vuole assoggettare al martirio incondizionato quanto sia grande la nostra volontà di essere e rimanere liberi.
Quanta forza e potenza sia contenuta nella nostra democrazia. E la violenza del terrorismo sarà come una tempesta che, o presto o tardi, deve finire. Ma per realizzare tutto questo serve essere uniti e determinati, non facilmente impressionabili.
Avere il cuore di Parigi e le sue luci sempre accese nella mente. Come splendida icona della conquista quotidiana della libertà. Sarà allora che quel vivere “normalmente” ci sembrerà meno ovvio e banale. E la paura una parola sconfitta e noiosa.    
 Anna Scavuzzo       

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