Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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24 gennaio 2016

Arnasco-gate. Aspettando la misericordia


Il destino si è accanito nei confronti di Aicha Bellamoudden, marocchina morta a soli 56 anni nello scoppio di una palazzina nel centro storico di Arnasco. Non è bastata la fuga di gas, forse evitabile, a provocarne la morte. Non è bastata la mancata benedizione della salma da parte del parroco durante i funerali. Non è bastato l’imbarazzo che la vicenda ha creato con la diocesi di Albenga, recentemente commissariata.
Aicha muore ancora, ogni giorno.
Muore perché ancora non si  riconosce il suo diritto alla cittadinanza nel mondo. Ancora non si tollera il suo diritto a professare una religione diversa dalla nostra. E non basta. Ancora, ad accrescere questa vergogna, è la totale mancanza di rispetto per una donna che ha perso la vita.
 L’Arnasco-gate solleva antichi polveroni, suscita sentimenti creduti ormai sopiti, accende la discussione mediatica. A conferma che parole come accoglienza, tolleranza, misericordia, tanto evocate anche dal Papa, nella coscienza delle persone, non sono altro che parole.
Belle parole, certo. Ma pur sempre lontane anni luce dalla realtà del pensiero prevalente.
Lo stereotipo del migrante, dello straniero pericoloso, del musulmano indegno di ricevere sacramenti, resiste incontrastato. Anche in un piccolo borgo dell’entroterra ligure, dove tutti si conoscono e dove ci si dovrebbe sentire accolti come in famiglia.
 La misericordia, quella di cui scrive papa Francesco nel suo libro, è un sentimento nobile di pietà verso l’infelicità o la disgrazia altrui. La stessa pietà e compassione che dovremmo provare verso la miseria umana di un parroco che non risulta comportarsi da  cristiano. O la stessa ambiguità di spirito che serpeggia tra l’ignoranza popolare che considera la religione musulmana un elemento discriminante.
 Aspettiamo, quindi. Aspettiamo ancora. Ancora, aspettiamo.
Aspettiamo di percorrere la strada che conduce alla residenza del rispetto.
Aspettiamo di capire dove vive la dignità della religione.
Aspettiamo la carezza della misericordia che, in futuro, ci porti lontano da spregevoli luoghi comuni e assurdi stereotipi.    

 Anna Scavuzzo       
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