Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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16 luglio 2018

Storie di genere e media arabi


 Analizzando il mondo arabo attraverso i media e la prospettiva di genere, i saggi raccolti mostrano le aspettative tradite dall'esito delle rivolte relativamente alle aspirazioni di uguaglianza e di diritti, ma anche il manifestarsi di una libertà di espressione inedita grazie alla quale si fanno largo nuove rappresentazioni delle donne e dei rapporti tra i generi.
Quando in Occidente i mass media discutono di mondo arabo spesso usano l'immagine della donna arabo-musulmana per rappresentare la regione nel suo insieme, facendola quindi diventare la rappresentazione stessa della sua essenza immutabile, della sua cultura e del suo sistema valoriale.
Come vengono rappresentate le donne nei media arabi? Come si auto-rappresentano? Qual'è l'immagine delle donne arabe che appare dai media arabi dopo le rivoluzioni?
È a queste domande che i saggi pubblicati in questo libro provano a rispondere. Attraverso l'analisi di programmi televisivi, siti internet, blog, pellicole cinematografiche, vignette, graffiti, i diversi contributi del libro mostrano la condizione femminile in particolare in Egitto, Tunisia e Marocco.
A due anni dallo scoppio delle rivolte, ciò che appare è una pluralità di modelli femminili. Accanto a programmi con telepredicatrici velate che educano alla devozione familiare, alla modestia del corpo e all'empowerment femminile, ci si può imbattere grazie a TV private in programmi che propongono modelli femminili opposti. Ci sono numerosi canali arabi dedicati all'intrattenimento musicale, dove diversi videoclip mostrano corpi ammiccanti, altri dedicati al cambiamento del look ricorrendo anche alla chirurgia estetica, si pensi per esempio a Joelle. A diversificare ancora i modelli femminili proposti dagli schermi televisivi contribuiscono anche i personaggi delle soap opera (musalsalat) provenienti per lo più dalla Turchia.
La pluralità dei modelli femminili veicolata dai media arabi aumenta ancora se prendiamo in considerazione i nuovi media che si sono affermati in maniera decisiva nel periodo delle rivolte tra il 2011 e il 2012. In questi anni si assiste a uno spiccato protagonismo femminile nel costruire la notizia. I nuovi media permettono alle donne, che di solito non hanno facile accesso al dibattito pubblico, di esprimersi e condividere opinioni ed esperienze in maniera libera, finendo per operare un cambiamento di rilievo nella rappresentazione delle relazioni di genere. In particolare Sara Borrillo prende in esame la differenza di modelli femminili proposti dai media di Stato e da alcuni media digitali animati dalla società civile progressista. Alcuni media digitali, come la rivista Qandisha, diffondono un'immagine femminile indipendente e non dogmatica.
Sebbene a due anni di distanza dalle rivolte le donne continuino a soffrire, si registra una sempre crescente pluralità di modelli femminili e una maggiore libertà di espressione delle donne, come testimoniamo le esperienze di tantissime blogger tra cui Lina Ben Mhenni candidata al Nobel per la pace nel 2011, o l'affermazione di donne in altri ambiti quali la vignettistica grazie a pioniere del genere come l'egiziana Doaa el-Adl.
La maggiore libertà di espressione guadagnata dalle donne è però controbilanciata dalla difficoltà di poter agire liberamente nello spazio pubblico e di vedersi riconosciuti pieni diritti di cittadinanza nei paesi che hanno contribuito a trasformare. Siamo di fronte a quello che viene chiamato paradosso di genere: anche se l'immagine della donna sta cambiando, seppur tra molte difficoltà, le donne non sono ancora riuscite a trasformare le dinamiche sociopolitiche dei nuovi Stati nella direzione dell'uguaglianza di genere auspicata al momento dello scoppio delle rivolte. In particolare Azzurra Meringolo mette a nudo il paradosso di genere che attraversa l'Egitto, vale a dire l'esclusione delle donne dalle istituzioni e dal discorso politico a confronto con il loro protagonismo nella complessa trasformazione del paese.
Carolina Popolani ricostruisce l'immagine femminile che emerge dall'analisi di oltre trenta pellicole incentrate sul rapporto uomo/donna prodotte negli anni precedenti e in quelli immediatamente successivi alla caduta di Hosni Mubarak. La violenza di genere, la libertà sessuale e l'attivismo delle donne sono alcuni dei temi maggiormente affrontati dalla cinematografia impegnata egiziana dell'ultimo decennio.
In conclusione, molte delle premesse e promesse di uguaglianza di genere, pari cittadinanza tra uomini e donne sono state tradite, ma tuttavia nuove possibilità si sono aperte per le donne di far sentire la propria voce e trasformare gli immaginari sociali dominanti sulle relazioni di genere.
Francesca Concaro

Le donne nei media arabi. Tra aspettative tradite e nuove opportunità 
A cura di Renata Pepicelli
Carocci, Roma, 2014, pp. 128.
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