10 maggio 2011

Lettera ad un ciclista in fuga

Caro Wouter,
eri uno scalatore e una discesa t'ha portato via. A ventisei anni lasci una moglie che porta in grembo una parte di te, lasci la tua passione, il ciclismo, che era anche il tuo lavoro. Lasci uno strazio penetrante che, ancora una triste volta, fa riflettere sulla fragilità umana. Il ciclismo, sport silenzioso, individualista, strumento naturale per raggiungere Dio attraverso lacrime e sangue, è anche questo, è anche accettare l'idea che una minima distrazione sui pedali può significare la fine. A te, che non dovevi neanche presenziare al nostro giro ma che sei stato chiamato all'ultimo, dal destino, a sostituire un altro corridore, a te, che non eri famoso al grande pubblico, ma solo per il fatto di vivere il sacrificio che il ciclismo richiede ti sei meritato gloria imperitura, mi permetto di porgere questo mio pensiero, da ciclista come te, che ha sofferto qualche anno fa la scomparsa di un compagno di squadra, mancato anche lui mentre stringeva il manubrio di una bici, che mi batteva sempre sul traguardo.
Davide O.
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