A vederlo da fuori deve sembrare una meraviglia il luglio italiano: santi e cristi che escono dalle chiese e ballando nelle strade si scrollano felici e contenti di dosso la polvere, paesi che vai feste che trovi, fuochi d'artificio, ravioli e vitello tonnato, belle ragazze sulle spiagge e un cielo blu, dipinto di blu, che è sempre più blu.
Cartolina buona per i giapponesi forse, neanche più per gli americani, l'Italia non è questa. Lo è stata, forse per un decennio, dal 1959 al 1969, dal boom economico al boom di Piazza Fontana: Mastroianni baciava la Loren, Sordi mangiava gli spaghetti, si costruivano palazzi in cemento armato e la buona massaia usava il dado Knorr; anni ipocriti in cui vigeva una democrazia cristiana che con Cristo aveva poco da spartire e un comunismo a ruota che invece pareva a molti essere stato fondato da Gesù in persona per i principi che in un'Italia appena alfabetizzata si mescolavano in un intruglio che ci ha resi quel che siamo oggi.
Ma i tempi cambiano, e lo fanno al ritmo di chi decide l'economia e la manda all'aria e al ritmo di chi conseguentemente decide le manovre finanziarie per aggiustare l'economia (peccato che spesso le persone coincidano). Così oggi un Italiano consapevole deve rendersi conto che non esiste più il clima da commedia all'italiana, ma piuttosto da tragedia all'italiana e comportarsi di conseguenza, nel suo piccolo, non scendere in piazza a festeggiare, perché nulla c'è da festeggiare, semmai andare a rivedere qualche capolavoro cinematografico di neorealismo e meditare sul cambiamento dei tempi in corso.
Davide Olivieri
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