Se qualcuno ha la prova che Gutenberg abbia inventato qualcosa - un carattere mobile o stampato un libro - ce lo dica. Il concetto vale anche per Steve Jobs. Ma se del primo non ci sentiamo di escludere del tutto che possa essere stato un inventore, del secondo sì. Jobs ha semmai cavalcato meglio degli altri la rivoluzione di Alan Turing, che nel 1936 intuì la possibilità di "inventare un'unica macchina che può essere usata per computare qualsiasi sequenza computabile".
Al pari di Bill Gates, Jobs è stato un carismatico pioniere di quell'impresa digitale che ci fa sentire superati attimo per attimo dalla nostra tecnica e dalla nostra scienza sino a capovolgerci le prospettive del mondo conosciuto.
Più che inventore dunque è stato un enciclopedista che, con spirito illuminato e profondo, ha saputo mettere in relazione il pensiero speculativo e l'attività pratica nella sua officina dei sogni di Cupertino.
Ma sopra ogni cosa il suo capolavoro sono state le strategie, le soluzioni organizzative adottate per un marketing globale. E lo si è visto: la "ola" mediatica del pianeta battezza Jobs come il nuovo Gutenberg, un genio al pari di Leonardo da Vinci, ecc.
“D'ora in poi la socializzazione avverrà nel computer”: le parole dell'aspirante profeta Nicolas Negroponte ("Essere digitali”", 1995) si sono materializzate in oracoli del gusto e del desiderio, fino ad assumere le sembianze della geniale invenzione.
Francesco Pirella
*Francesco Pirella, editore e studioso dell'arte grafica, è fondatore e direttore di ARMUS Archivio Museo della stampa di Genova.
*pubblicato per gentile concessione dell'autore.
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