Il 25 ottobre 2011 è una data che rimarrà impressa per sempre nella memoria dei comuni di Borghetto di Vara, Brugnato, Monterosso al Mare, Vernazza in provincia della Spezia e di Aulla in provincia di Massa-Carrara. Quel giorno, infatti, una precipitazione abbondante ha riversato in poche ore circa 580 mm di acqua causando lo straripamento dei maggiori fiumi di Vara e Magra che sono dilagati nelle pianure intorno ai borghi di Brugnato, Borghetto, Ameglia, Pontremoli e Aulla; per quanto riguarda le Cinque Terre l’acqua ha causato frane e quindi ha trasportato ingenti quantità di fango nell’impluvio nei paesi di Vernazza e Monterosso, dove le vie principali si sono trasformate in fiumi in piena. Le prime conseguenze hanno riguardato le comunicazioni che sono diventate complicate: le strade sono state interrotte a causa delle frane, queste hanno danneggiato anche la circolazione ferroviaria, già compromessa per l’allagamento delle gallerie. Queste le circostanze che hanno determinato l’isolamento dei paesi alluvionati; dalle parole di Betta, sindaco di Monterosso, si evince la gravità della situazione: “Qui manca tutto, viveri, acqua, energia elettrica. La gente entra nelle case passando dai terrazzi, è tutto allagato. Monterosso non c’è più. Col passare delle ore la situazione qui è sempre più grave: sono saltate le condutture del gas, l’energia elettrica, i telefoni fissi. Siamo totalmente isolati e ci sono milioni di metri cubi di terra che potrebbero riversarsi sul paese“. Io sono cresciuta e abito a Monterosso da sempre, non sono stata spettatrice diretta dell’alluvione e ho raggiunto il mio paese solo il 27 ottobre con il battello, poiché per i primi giorni è stata l’unica via possibile. Nei due giorni che ho trascorso lontano da casa mi sono documentata grazie alle innumerevoli immagini e video presenti in rete, sui giornali e in televisione; nonostante ciò lo scenario che mi si è presentato di fronte ha superato ogni mia aspettativa: ovunque ho trovato fango e devastazione, tutte le attività commerciali erano sepolte dalle terra dal mio ristorante preferito al bar dove facevo colazione ogni mattina. Camminando per le strade, distrutte dalla furia dell’acqua, il mio iniziale senso di disperazione lasciava il posto alla speranza, nutrita dalla vista di tutti i miei compaesani e di tutti i volontari che insieme lavoravano per far rinascere Monterosso. Dopo pochi istanti ero coperta di fango a trasportare secchi per svuotare il locale dove ero stata a mangiare proprio il giorno prima del disastro. Anche i giorni seguenti ho deciso di contribuire ai lavori, per quanto mi è stato possibile. Ho imparato ad usare una pala e il modo migliore per mettere i sacchi di sabbia come barriera di fronte alle porte per impedire allagamenti, ma soprattutto ho capito che la solidarietà è più forte di qualsiasi calamità naturale.
Giulia Cavallo
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