“Non si può trovare una lingua che parli ogni
cosa per sé senza aver accattato da altri”
Nicolò Machiavelli
Spending review, welfare, no-global, premier, devolution, leader, core business, rating, utility, take-over, fishing, baby rapinatori, stalking e molti altri. Che significa? Nulla. Almeno per noi. Ma ora torniamo un attimo indietro ed immaginiamo un lungo nastro sul quale, seduti comodi, vediamo scorrere le pagine dei vari quotidiani. L’invasione dei termini inglesi è sotto i nostri occhi! Perché succede tutto ciò? Accade perché, nel giornalismo, tali termini si prestano in modo ottimale a vari scopi, in particolare uno sembra primeggiare: testo più corto e molto efficace. Inutile perdersi dietro lungaggini in italiano per dire la stessa cosa. Ecco fatto. Il giornalista si ritrova quindi davanti un ventaglio di strumenti che sono perfetti per l’uso che ne deve fare. Così, a poco a poco, come tante piccole creature acquistano vita propria e si allontanano da quelle pagine che così amorevolmente avevano dato loro luce. Entrano nel linguaggio corrente, anzi sprofondano nel linguaggio corrente, al punto che molti non sanno neppure se esista o quale sia il corrispondente nel nostro idioma. Queste creature si impadroniscono di sfumature che solo una lingua complessa, come la nostra, può trasmettere. Occorre quindi porre un freno davanti a quest’invasione? Forse si o forse no, difficile per me poter dare una risposta. In ogni caso dobbiamo fare i conti con le statistiche, che di questi tempi non sono certo a nostro favore. Ad esempio secondo la recente ricerca Istat Noi Italia, edizione 2012 la situazione italiana è a dir poco disastrosa: circa il 45 per cento della popolazione in età compresa tra i 25 e i 64 anni ha conseguito la licenza di scuola media inferiore come titolo di studio più elevato. Il 19,8 per cento dei 30-34enni ha conseguito un titolo di studio universitario (o equivalente). Nonostante l’incremento che si osserva nel periodo 2004-2010 (+4,2 punti percentuali) la quota è ancora molto contenuta rispetto all’obiettivo del 40 per cento fissato da Europa 2020. Non pensiamo, allora, che l’introduzione di troppi termini, in un terreno così fertile, possa portare molte persone a risparmiare anche la fatica di conoscere la nostra lingua madre?
Fabrizio Pronzalino
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