Sembrerebbe seriamente assurdo pensare che in un’ epoca in cui la
comunicazione scritta (articoli, slogan, SMS, e-mail, chat, post, hashtag)
prevale su quella orale, vi siano persone incapaci di comprendere tali messaggi,
e la situazione andrà peggiorando sempre più in quanto le innovazioni
tecnologiche non sembrano voler pazientare per dar tempo a tutti di stare al
passo. D’altro canto non si può neanche negare a coloro i quali si nutrono di
tecnologia, di sperimentare e provare tecniche di comunicazione sempre più
immediate, sempre più accurate. Il problema maggiore nasce quando a non essere
compresi non sono solo i moderni modi di fare comunicazione scritta, ma la
comunicazione in senso stretto, la “commuico” latina: mettere in
comune, far partecipe. Dall’articolo emerge benissimo la gravità della
questione, emerge quanto sia pericoloso vivere in una società dove a causa dell’analfabetismo galoppante, l’opinione pubblica è impedita nel formarsi la sua
“opinione”. Ecco quindi che non solo si avrà una società non formata, ma ancor
peggio una società non informata.
Trovare la soluzione al problema non è semplice in quanto la piaga dell’analfabetismo riguarda un panorama eterogeneo, di conseguenza andrebbero
adottati metodi differenziati. Uno però potrebbe essere il metodo per
eccellenza: invertire il classico paradigma del genitore che ha qualcosa da
insegnare al figlio, e prendere coscienza che la “i-generation” ha molto da
insegnare, ma cha a sua volta ha l’obbligo di maneggiare con cautela gli
strumenti informativi che ha a disposizione, facendone un uso produttivo ed
intelligente.
Ilaria Vitiello
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