Paese che vai, giornalismo
che trovi. E Che giornalismo troviamo in Italia? Questa è la domanda che si
pone Damiano Celestini, l’autore del libro. Il nostro giornalismo è perennemente oggetto di
critiche, vuoi per l’ingerenza della politica, vuoi per la tendenza al “chiacchiericcio”
più che alla storia. Ma cosa porta il nostro paese ad avere questo modello?
Possiamo ritenerlo meno buono di altri?
L’autore cerca di
rispondere a queste domande a partire da un contesto storico/politico,
attingendo dall’analisi di Daniel Hallin e Paolo Mancini nel volume Modelli di giornalismo. Mass Media e politica nelle
democrazie occidentali (Laterza). Motivo della
scelta di questa fonte, risiede nella convinzione che un giornalismo assuma
specifiche caratteristiche in base al
trascorso storico e politico della nazione.
In base a queste premesse il primo capitolo si delinea
come un riassunto del volume di Hallin e Mancini, dove vengono illustrati i tre
modelli di giornalismo individuati dagli autori e i parametri che ne hanno
consentito la classificazione.
Il secondo capitolo, si
sposta sull’analisi del giornalismo politico all’interno di diverse nazioni per
determinarne l’ingerenza politica. Celestini, a supporto della propria analisi,
monitora i giornali principali di alcuni paesi rientranti nei tre modelli
identificati da Hallin e Mancini: New
York Times, Daily Telegraph, Le Soir, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Corriere
della Sera, Repubblica, Le Monde.
Ogni nazione analizzata viene corredata di un background storico-politico nel
quale ogni giornale analizzato si contestualizza, seguita dai principali eventi
che hanno determinato la nascita di ciascun quotidiano monitorato. La parte
riguardante il monitoraggio dei giornali, però viene condensata in poche righe,
passando in questo modo in secondo piano. Del resto una piccola pecca la si può
riscontrare anche nella forte predominanza di informazioni fornite riguardo al
quadro storico di alcuni paesi a scapito di altri.
Nel terzo capitolo Celestini
passa a un’analisi del giornalismo economico, che risulta di poco spessore,
procedendo grazie ad un collage di stralci di interviste condotte dall’autore
ad alcuni professionisti del settore. Uguale struttura la troviamo nell’ultimo
capitolo riguardante il giornalismo televisivo, strutturato mediante un insieme
di opinioni che si snodano fornendo una visione generale del tema di cui il
capitolo è oggetto.
Gli ultimi due capitoli
sono corredati di poche informazioni contestuali a supporto, ma ricche di
esempi pratici e opinioni di esperti che vanno a creare un mosaico di punti di
vista sull’argomento. Interessante è l’accostamento che l’autore propone dei
pensieri espressi dagli intervistati riguardo al loro paese e all’Italia con
particolare attenzione alle carenze o i problemi che essi riscontrano nel
nostro paese. I Professionisti, la maggior parte inviati esteri, forniscono
un’analisi delle maggiori difficoltà nelle quali si imbattono nel tentare di
raccontare il nostro paese ai propri lettori. Questi problemi sono dovuti al
modo di fare giornalismo italiano, al modo in cui la notizia viene raccontata,
con maggiore attenzione alla “storiella” più che al fatto, al dare rilievo alla
dichiarazione più che all’azione, al non attribuire alle notizie il giusto
peso.
Sono le interviste di
questi giornalisti che rispondono alle domande poste inizialmente da Celestini,
sono esse che risultano essere la discriminante dell’analisi. Mediante le
opinioni di questi professionisti l’autore ha operato un confronto tra Italia e
i loro paesi di origine, con un risultato spostato a favore dei secondi.
L’unico settore nel quale l’ Italia sembra uscirne relativamente bene, a parere
degli intervistati, è l’ambito economico, dove l’argomento verrebbe trattato
meno superficialmente. Il ruolo dell’opinione pubblica italiana viene messo,
invece, in rilievo per la sua inattività tanto da venir definito un “muscolo
disattivato”, che non reagisce, e fa si che la stampa italiana lo veda come un
soggetto da coinvolgere, intrattenere e non da informare correttamente.
Grazie all’ausilio delle interviste
condotte e del monitoraggio sui quotidiani, l’autore giunge alla conclusione
che il modello di giornalismo italiano non risulti essere peggiore di altri. La
politica, grosso macigno sulle spalle della nostra stampa, in realtà si rivela
come l’ argomento predominante in tutti i paesi da lui analizzati. La
differenza che caratterizza l’Italia e la rende diversa dalle altre nazioni, è
il modo di trattare la notizia, il ruolo dell’opinione pubblica e dei
giornalisti, anch’essi come l’opinione pubblica inattivi, e non resistenti a
quelli che sono i poteri forti che, come da ogni parte tentano di
strumentalizzare i mezzi di comunicazione.
Ma, se le critiche mosse al giornalismo italiano risultano
fondate, il merito del volume di Celestini è quello di fornire ottimi spunti di
riflessione a partire dalle opinioni di professionisti del settore e di gettare
dei semi nel terreno del giornalismo italiano, auspicando che da questi possano
germogliare nuove professionalità che possano andare a modificare quel “giornalismo
che nel nostro paese troviamo”.
Sara Gossi
Damiano Celestini
Paese che vai,giornalismo che trovi
Prospettiva editrice, Civitavecchia,
2011, 200 pp.
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