"Guardo la televisione, i talk show con
tutti che urlano e si lamentano, e mi sembra di vivere all'inferno. Poi guardo
dalla finestra e mi sembra di vivere in un posto normale. Con problemi ma
normale». Il meccanico pachistano vive qui da trent'anni. Ha sposato
un'italiana, ha figli italiani, è contento del suo lavoro, la globalizzazione
per lui e per molti altri ha significato stare meglio, molto meglio di quello
che il destino avrebbe potuto riservargli. Quando parliamo di globalizzazione
pensiamo ai contraccolpi negativi che ha avuto dalle nostre parti: perdita di
posti di lavoro, maggiore precarietà sociale, meno garanzie, smarrimento
identitario. Ci dimentichiamo del colossale balzo in avanti che centinaia di
milioni di persone hanno potuto fare in Asia e in parte dell'Africa e del
Sudamerica. Mentre noi scendevamo di un gradino, loro salivano una intera
scala, partendo da zero. Il nostro concetto di globalizzazione non è per niente
globalizzato, e questo ci impedisce di coglierne le ragioni profonde, che sono
quelle della più colossale inclusione della storia. Viaggia chi prima non
viaggiava, guadagna chi prima non guadagnava, mangia chi prima non mangiava.
L'umanità intera pretende di vivere e non più di vegetare, e questa non è una
novità che può essere ignorata se non si vuole sbagliare analisi. La parola più
pronunciata in Occidente, da Brexit in poi, è "esclusione"; è vera, è
percepibile, ma riguarda pezzi di noi, non il mondo. Il mondo, nella sua
totalità, oggi è molto più inclusivo di ieri."
Michele Serra
*“Repubblica”, 22.11.2016 (L’Amaca)
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Si dovrebbe leggere con grande attenzione questa "Amaca" di Michele Serra che ricorda a noi occidentali quale benessere abbia raggiunto quella parte del pianeta che definivamo "terzo mondo". Noi guardiamo alla nostra CRISI e dimentichiamo che negli ultimi decenni milioni di bambini hanno avuto l'opportunità di nutrirsi, di andare a scuola, di correre verso la contemporaneità. (mmilan)
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