Enrico Menduni, giornalista
e professore universitario, percorre e analizza la storia italiana della
televisione, di cui è stato protagonista come consigliere di amministrazione
della Rai dal 1986 al 1993, collegando le scelte politiche ed economiche dei
governi dagli anni del “centrismo” a oggi alle loro ripercussioni sulla
produzione dei programmi e la fruizione degli utenti.
Dalla
“veterotelevisione” del monopolio Rai (1954-1974) alla digitalizzazione di
oggi, passando per gli anni della nascita delle emittenti “libere” e dello
sviluppo della “neotelevisione” generalista degli anni ‘80, un anno
fondamentale, nel progressivo passaggio dal rigore dell’obiettività,
dell’imparzialità e della completezza dell’informazione verso la manipolazione
della realtà per renderla rassicurante, neutra e spettacolare, è il 1972,
quando scade la convenzione tra Stato e Rai del 1952 e iniziano i dibattiti che
portano alla riforma con la legge 103/1975, con cui si ribadisce il monopolio.
L’anacronicità di questa scelta non impedisce lo sviluppo delle reti private,
che favoriscono la nascita del cosiddetto “contenitore” e dei talk show, in cui le discussioni non
arrivano a un approfondimento o a una conclusione, e alla tv senza opinioni
ardite e scienza, ma intrattenimento e spettacolo. Il neoliberismo economico
degli anni ’80 spinge alla trasformazione dell’uomo in un consumatore e richiede
di non soffermarsi sulle tradizioni e sulle usanze, di non tollerare la routine
o di rimandare la gratificazione.
Il libro è utile per
approfondire la conoscenza della società italiana dalla seconda metà del
Novecento e per comprendere quanto la costruzione televisiva della realtà nasca
dalle esigenze del pubblico e quali effetti abbia agevolato.
L’autore segue un
doppio canale: uno di stampo più tecnico sulle dinamiche imprenditoriali e sulle
soluzioni tecnologiche, uno di carattere sociologico. Nonostante il linguaggio
generalmente chiaro, alcuni termini specifici non sono efficacemente spiegati e
quindi il lettore non preparato potrebbe rimanere confuso di fronte agli
argomenti che rientrano di meno nei suoi interessi o nelle sue conoscenze.
Sicuramente però l’analisi
sociologica del fenomeno televisivo coinvolge e fa riflettere. Menduni ricalca
la visione di Bauman (Intervista sull’identità, 2003)
riconoscendo nella diffusione della televisione in Italia il bisogno di stili
di vita nuovi di fronte ai cambiamenti radicali dovuti al boom economico prima,
all’era globale poi. Le più facili possibilità di ascesa sociale e la
condivisione di beni e di servizi portano a una società in cui si è tutti più
uguali, a patto di riuscire a mantenere il passo. La televisione, dunque,
esprime il bisogno di essere informati facilmente e rapidamente e di occupare
il tempo libero, sentendosi parte di una comunità virtuale e non isolati. Le
possibilità offerte dalle nuove tecnologie non sono la causa della fine delle
relazioni tra gli uomini, ma in realtà ne sono la conseguenza, e un loro
progredire potrebbe aiutare ad accettare le sfide che il mondo globale, dominato
dalla inevitabile dipendenza reciproca, propone. Lo spirito critico di ciascuno
può giovarsi dei contenuti liberamente circolanti in rete.
Fabrizio Rosasco
Enrico Menduni
Videostoria. L’Italia e la tv 1975-2015,
Bompiani, Milano, 2018, pp. 314.
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