Jean-Paul Marthoz, giornalista, scrittore, docente di giornalismo
internazionale presso l’Università Cattolica di Lovanio, consigliere del
Comitato per la protezione dei giornalisti, ex direttore dell’informazione
presso la Human Rights Watch, è senza
ombra di dubbio un personaggio poliedrico. Nel suo ultimo libro, intitolato Journalisme
International, traccia egregiamente il percorso e l’evoluzione del
giornalismo internazionale, declinandolo in ogni sua sfaccettatura.
Nel terzo millennio, l’era della globalizzazione e dell’esplosione delle tecnologie dell’informazione, si ha
“sempre più comunicazione, ma sempre meno comunione”. Il mondo sembra a portata
di click, ma la convinzione di conoscere veramente tutto si rivela un’illusione
colossale, che ha come conseguenza diretta l’isolamento, l’incomprensione e l’incomunicabilità globale. I centri dell’informazione continuano a essere concentrati nel Nord del
mondo, a Washington, New York, Bruxelles, Londra, Parigi, mentre in Cina, Cuba,
Birmania, Asia Centrale e nella maggior parte dei paesi islamici l’informazione
non è libera.
Il volume è a doppio binario, poiché è concepito come un manuale per gli studenti di
giornalismo, ma anche come un sostegno
per i professionisti del settore.
Gli studenti sono guidati nella scoperta del mondo dell’informazione
attraverso un’articolata analisi che ha come punto di partenza la grande stampa internazionale. Dallo
studio delle fonti dell’informazione- - le tradizionali agenzie, i quotidiani
generalisti o specializzati, le radio internazionali, i blog, i social network,
la stampa ribelle e terrorista, la stampa alternativa o d’opinione – si passa
alle differenti figure di giornalisti, dal reporter al disoccupato freelance.
Segue una panoramica che prende in considerazione le varie tipologie di
articoli, i soggetti dell’informazione e gli spazi occupati dalla notizia internazionale nella stampa
mondiale.
I giornalisti sono aiutati a muoversi nello scenario internazionale,
caratterizzato da sfide sempre più complesse. In un mondo in cui l’informazione
è piegata alle logiche di mercato, a causa delle crescenti concentrazioni,
privatizzazioni e conglomerazioni (ingresso di gruppi finanziari e industriali
nel mondo dei media) il rischio principale è la diminuzione dello spazio dedicato alla notizia internazionale, con
la conseguente spettacolarizzazione e banalizzazione della notizia.
Altre sfide sono poste dalla globalizzazione che, come nel caso del
giornalismo americano, ha generato una situazione di autismo nei confronti della notizia internazionale. Il risultato è
un pubblico ignorante, incapace di
comprendere i grandi avvenimenti, che favorisce la possibilità di manipolare
l’opinione.
Tuttavia, di fronte a quello che viene definito “giornalismo dei muti”, in
cui si pratica la censura per omissione, c’è ancora chi si impegna a fare controinformazione, dimostrando la
propria autonomia rispetto ai discorsi dominanti.
Quello che colpisce maggiormente è la praticità
di questo volume: citando nomi, cifre, date, e focalizzandosi sulle debolezze
del giornalismo attuale, Marthoz fornisce consigli pratici e soluzioni concrete
(sebbene alcune questioni rimangano irrisolte) che fanno di questo libro una bussola per orientarsi, una sorta di guida per esplorare l’universo del
giornalismo internazionale.
Significative le pagine dedicate al giornalismo
di guerra, ai genocidi e al terrorismo: sono queste le situazioni più
delicate, nelle quali il giornalista perde di vista il proprio ruolo e le
proprie responsabilità. L’autore fornisce alcuni trucchetti per superare questi
momenti di estrema difficoltà, invitando ad esempio i giornalisti a evitare l’ipermediatizzazione delle immagini in
tempo di guerra, a favore della contestualizzazione.
Un libro che insegna ai giornalisti e agli studenti che aspirano a questa
professione a combattere la miopia
del nostro tempo, ad essere “partigiani di un giornalismo senza paura né
favori”, un giornalismo vero, che
“per la verità può sacrificare la sua fortuna materiale”, evitando
l’eurocentrismo e ricercando l’obiettività.
Marthoz ricorda al giornalista che il suo mestiere ha senso se riesce a fare la differenza, se è capace di
donare un valore aggiunto attraverso la verifica e l’approfondimento delle
notizie, se è in grado di esercitare la sua funzione di cane da guardia delle autorità, permettendo al pubblico di
diventare cittadino a tutti gli effetti.
Un libro consigliato anche ai non addetti ai lavori che volessero avere un quadro
completo sul giornalismo internazionale.
L’unico inconveniente? Al momento il volume è disponibile solo in lingua
francese.
Maria Saia
Jean-Paul Marthoz
Journalisme International
Bruxelles, De Boeck, 2012, pp. 272.
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