Il Capitale Umano, liberamente
ispirato all'omonimo romanzo di Stephen Amidon, è il nuovo film di Paolo Virzì
in uscita in tutte le sale cinematografiche a partire da gennaio. La vicenda, che dal
Connetticut del romanzo sposta la sua ambientazione nella Brianza italiana, ha
inizio in una gelida notte alla viglia delle feste natalizie, notte in cui un
ciclista perde la vita travolto da un Suv.
Questo antefatto legherà, in un
intreccio via via sempre più fitto, la vita di due famiglie di estrazione
sociale diversa ma accomunati dalla medesima volgarità morale: i ricchi e
agiati Bernaschi e i finti arricchiti Ossola.
La scoperta graduale della
verità, inaspettata e per certi versi ingiusta, giunge allo spettatore
attraverso il ritmo lento dei capitoli in cui si articola la pellicola, dando
voce al punto di vista dei suoi protagonisti, Dino Ossola, Carla Bernaschi,
Serena Ossola, sino all' epilogo finale, Il Capitale Umano.
Il regista livornese utilizza per
questo film una diversa chiave interpretativa della realtà, lontana dai toni
leggeri delle commedie degli esordi, vicina al genere noir, fornendoci il
ritratto, non solo del brianzolo tipico di “origine controllata”, per cui Virzì
è stato accusato di cadere in un clichet superficiale, ma dell' umanità in
genere, una collettività meschina e crudele.
Il Capitale Umano è l 'affresco
di un mondo dominato dalla prepotenza finanziaria in cui tutto viene calcolato
su base economica come ci segnala, sin da subito, l'illuminante titolo che
rimanda al paramentro assicurativo utilizzato per stabilire il rimborso in caso
di morte, e che valuta spietatamente e freddamente le nostre conoscenze,
abilità, guadagno e qualità affettive, secondo parametri quantitativi.
Il film rivela, in via
definitiva, una realtà, quella della dittatura economico-finanziaria a in cui siamo
quotidianamente immersi e portata agli estremi, dove anche il valore della vita
umana perde il suo significato, ad eccezione di quello stimato in termini di
profitto.
Sicuramente una pellicola che
merita una particolare attenzione, dove il Virzì-Esopo, attraverso una rassegna
di personaggi, poco fiabeschi, ma spregevoli e ipocriti, dannatamente reali, ha
la dichiarata intenzione di fornire la sua morale che invita lo spettatore a
riflettere su se stesso e sui valori etico-sociali della società contemporanea.
Unica pecca, per i più
sentimetali, amanti del lieto fine, un finale ancor più amaro degli
avvenimenti, dove a farne le spese rimangono sempre i socialmente più deboli.
Flavia Torretta
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