La
sensazione di aver viaggiato in un passato che è ancora presente. Il fascino di
una scoperta annunciata, la passione per il giornalismo. Questo è, in sintesi,
ciò che lascia la lettura de La verità del momento, la raccolta di reportages
di Bernardo Valli a cura di Franco Contorbia. Una considerazione che non vuole
essere semplice adulazione retorica, ma che, alla luce dei principi esposti nel
libro, conferma l’impegno di un giornalista che ha vissuto il proprio lavoro.
“[...]
abbiamo attraversato il fiume con una barca a motore, risalendo la corrente che
per settimane ha trascinato via centinaia di soldati uccisi [...] la sveglia la
danno i mortai del Generale Gowon”
Un passaggio
scelto tra i tanti che ben rappresenta l’esperienza di Valli in quasi sessant’anni
di carriera. Un cronista che non riprende i lanci delle agenzie, ma si cala nei
crateri dei missili per raccontare meglio il nero della polvere.
Cinque
continenti, quattro testate giornalistiche ("Il Giorno", il
"Corriere della Sera", "La Stampa" e "la Repubblica”)
centonovantatre pezzi e tante immagini da riuscire difficilmente a credere che
un solo giornalista, in una sola carriera, abbia potuto vivere e raccontare tanti
drammi e tante “verità”.
Verità che
lo stesso Valli specifica non esistere in quanto concetto puro. In uno dei
saggi introduttivi al volume, nel capitolo “sul mestiere del reporter”, il
giornalista racconta di cronache immediate, sentite. Sono anche le sensazioni
che costruiscono la verità del momento, un concetto del quale uno storico
potrebbe sorridere, in quanto poco oggettivo, quasi ossimorico.
Bernardo
Valli è però un giovane reporter che matura le proprie esperienze e il proprio senso
di giudizio in un viaggio lungo ottantaquattro anni. Racconta una passione nata
da bambino, un mestiere che si impara lavorando e sbagliando.
«Più volte -
confessa Valli - ho raccolto immagini e testimonianze che mi avrebbero dovuto
aprire gli occhi sul futuro imminente di Vietnam e Cambogia... il khmer rosso
ci appariva un guerriero puro e invincibile... il mito del vietcong capace di
umiliare una superpotenza ci ha abbagliato». Errori comuni, perché si è
naturalmente portati a schierarsi con gli oppressi, ma quante volte questi
diventano oppressori?
La verità
del momento diventa un ossimoro, perché il concetto di vero è assoluto e oggettivo,
mentre il momento è qualcosa di estremamente caduco. Tuttavia la verità del momento
non si limita ad un gioco di parole, è una trappola dalla quale il giornalista
deve imparare a guardarsi, ma dalla quale deve lasciarsi trasportare in quanto
essenza stessa della cronaca.
Difficile
non appassionarsi ad una filosofia come quella di Valli, ad un mestiere come quello
del reporter.
Valli
ricorda che l’errore del giornalista non è solo quello della partigianeria.
Troppo spesso l’obiettivo della cronaca inquadra i dettagli più cruenti,
tralasciando la cornice di vita quotidiana. Il suo giornalismo racconta di
piccole bare bianche, di scuole e di mercati; ma anche di scontri sanguinosi.
Passaggi malinconici si alternano a cronache veloci e incalzanti. Forse è
questa la verità. Come un narratore esterno il reporter racconta la scena, vede
la scena e non può che darne una visione, la sua.
Bernardo
Valli non ha infatti la presunzione di interpretare acriticamente gli
avvenimenti. Alla domanda di Daniel “tu fai «information ou opinion»?” egli
risponde, quasi ingenuamente ma in modo onesto: “entrambi”. Consapevole
della propria opinione, si sforza di elencare scrupolosamente i fatti. Valli
lavora sul campo perché “Il grande giornalista che non sa le notizie può
scrivere un bellissimo articolo, ma è come un chirurgo che muove
elegantemente il bisturi e uccide il malato”
Elisa Romeo
Bernardo Valli
La verità del momento. Reportages (1956-2014) Milano, Mondadori, 2014, XIV-1052 pp.
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