Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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15 ottobre 2008

Viva le buone notizie

Riporto un articolo di David Randall apparso sul numero 765 del 9 ottobre della rivista "Internazionale", seguito da un commento personale.

Viva le buone notizie

David Randall

Nella vita quotidiana, tutti, anche i giornalisti, preferiscono le buone notizie alle cattive

Per chi legge i quotidiani ogni giorno, nelle ultime settimane non è stato facile sorridere. L'economia mondiale ha imboccato la strada della recessione, il sistema bancario barcolla, l'uragano Ike ha ucciso centinaia di haitiani e devastato il Texas.
Poi c'è stato lo scandalo del latte contaminato che in Cina ha fatto ammalare 50mila bambini. Perciò qualche giorno fa ho pensato che sarebbe stato opportuno creare un antidoto a tanta depressione e ho raccolto per il mio giornale, l'Independent on Sunday, tutte le buone notizie che sono riuscito a trovare.
Per esempio, negli ultimi vent'anni la mortalità infantile è calata del 27 per cento. E oggi c'è un paese che ha in parlamento più donne che uomini. In Afghanistan la produzione di oppio è diminuita di un quinto.
In Bangladesh è stato varato un piano da 40 milioni di euro per aiutare due milioni di famiglie povere facendole lavorare alla riparazione dei danni prodotti dalle inondazioni. Nelle acque al largo di New York sono state avvistate tre rare specie di balene.
È stato scoperto un metodo per ricavare il petrolio dalle alghe. La Norvegia ha stanziato un miliardo di dollari per combattere la deforestazione in Brasile. In una biblioteca francese è stato trovato uno spartito inedito di Mozart. Al largo delle coste australiane sono state scoperte 500 nuove specie di crostacei e di coralli.
Nessun mezzo d'informazione ha dato grande risalto a queste notizie e alcune non sono mai uscite dai paesi dove i fatti sono successi.

La reazione a questo insolito menù è stata interessante. Molti lettori hanno scritto dicendo che avrebbero voluto trovare più spesso sul nostro giornale questo genere di informazioni. Varie persone mi hanno mandato email in cui dicevano che, se lo avessimo fatto regolarmente, avrebbero comprato il giornale più spesso.
Questa reazione non mi ha sorpreso. In fondo, nella vita di ogni giorno tutti – perfino noi giornalisti – preferiamo le buone notizie a quelle cattive. Nelle comunicazioni personali della maggior parte di noi – che siano email, telefonate, lettere, pagine di MySpace o di Facebook – le cose belle sono più numerose di quelle brutte.
Eppure, i giornalisti fanno esattamente il contrario, preferiscono dare più spazio e più importanza a tutto quello che non va. Perché?
Un tempo la risposta standard che davo a chi mi faceva questa domanda era che le brutte notizie trovano più spazio perché sono più inconsuete. A sostegno della mia tesi facevo l'esempio della sanità, in cui oggi fortunatamente i successi sono più frequenti degli errori o dei fallimenti.
Quindi a fare notizia sono i pochi errori e i casi di negligenza, non le cure riuscite. Vi piacerebbe, chiedevo alla gente, vivere in un paese in cui sui giornali ci fossero titoli come "Uomo entra in ospedale ed esce guarito"?

Anche se è sempre valida, non sono più sicuro che la mia risposta sia ancora convincente. Ci sono altri due fattori che spingono i mezzi d'informazione a concentrarsi sulle brutte notizie. In primo luogo, molto più di quanto non succedesse in passato, i giornalisti ricevono le informazioni su cui costruiscono i loro articoli da varie fonti istituzionali.
Queste fonti – polizia, tribunali, governi, gruppi di pressione, organizzazioni umanitarie – di solito si occupano di quello che non funziona o di quello che andrebbe cambiato. E se un'organizzazione annuncia un successo, spesso i giornalisti sono scettici, tendono a considerarlo una forma di propaganda e quindi lo ignorano.
Per trovare le vere buone notizie, i cronisti devono andare a cercare fonti di informazione meno convenzionali. E lo fanno molto raramente: in parte perché mancano di immaginazione, e in parte a causa della loro mentalità.
I giornalisti sono convinti che le notizie più apprezzate sono quelle che "colpiscono", ed è molto raro che una buona notizia ci colpisca. Inoltre, da qualche decennio, con il continuo aumento del numero di giornali e di tg (e la diminuzione delle persone che ci lavorano), quello che tende a prevalere è il famoso "ha detto".
In pratica non è successo niente di speciale, ma qualche personaggio (di solito un politico o un esperto), più o meno sollecitato dal cronista, ha espresso un'opinione critica. Così nascono tutti quegli articoli in cui qualcuno "deplora", "avverte" o "esige" qualcosa. E una voce si contrappone alla prima provocando uno scontro: il tutto molto spesso inventato per creare una "notizia".
Quello che i giornalisti dovrebbero fare, secondo me, è concentrarsi di più sulle cose che sono davvero successe, e cercare di trovare un maggiore equilibrio tra gli aspetti positivi e quelli negativi.
Se qualcuno ne dubita, provi a farsi questa domanda: se avessi due amici, uno che ti racconta soprattutto cose piacevoli e l'altro che ti dà sempre notizie deprimenti, quale dei due vorresti vedere più spesso?
Tratto da: http://www.internazionale.it/firme/print.php?id=20478

Commento:

Tutte le buone notizie presentate da Randall possono essere ribaltate in cattive notizie o ne sono conseguenza: Negli ultimi vent'anni la mortalità infantile è calata del 27 per cento? Parliamo del problema della mortalità infantile nel mondo. C'è un paese che ha in parlamento più donne che uomini? Vuol dire che c'è un problema di pari opportunità. In Afghanistan la produzione di oppio è diminuita di un quinto? Allora in passato al brutta notizia era “in Afghanistan si produce troppo oppio”. In Bangladesh è stato varato un piano da 40 milioni di euro per aiutare due milioni di famiglie povere facendole lavorare alla riparazione dei danni prodotti dalle inondazioni? Significa che prima c'è stata la brutta notizia delle inondazioni che hanno prodotto i danni. Nelle acque al largo di New York sono state avvistate tre rare specie di balene? Allora gli animali si stanno estinguendo... e così via. Penso che la brutta notizia serva a favorire una reazione nel lettore: una reazione di sorpresa, una reazione di indignazione, una riflessione sulle cause e sulle soluzioni ai problemi, una presa di coscienza che può tradursi in azioni successive orientate dalla conoscenza di quella notizia. Concordo con Randall quando dice che i giornalisti dovrebbero concentrarsi di più sulle cose che sono davvero successe, senza dare spazio alle polemiche presentate come notizie.

Giacomo Elio Di Bari

15.10.2008

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1 commento:

Giacomo Elio di Bari ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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