Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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21 aprile 2023

Satira politica

Di fronte alla satira politica da sempre esiste la replica di una "indignazione", che di volta in volta e' di destra o di sinistra o di centro, e' parte integrante del dibattito politico, ricerca di consenso nei sondaggi del giorno dopo. La satira (destra e sinistra o centro) lo sa e procede per conto suo fino alla prossima indignazione. Forse è utile ricordare le parole di Rino D'Anna, noto vignettista del "Secolo XIX" :

La vignetta non può per sua natura fare troppi «distinguo», i sospetti possono essere adombrati, allusi, ammiccati se li scrivi, ma se li disegni diventano certezze, le allusioni scoperte. La vignetta vive già di esagerazioni, e le sfumature sono ammesse solo se funzionali al sarcasmo: questo «acceleratore» tecnico e inevitabile almeno deve avere un freno nella scelta delle metafore e dei paragoni. Tenendo anche presente che un quotidiano viene letto da un pubblico eterogeneo per gusti, età, cultura e quindi anche la vignetta deve avere la possibilità di rivolgersi a tutti, almeno tentarlo.
(cit in Claudio Bertieri, Figurinai di Liguria,1985).
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07 luglio 2022

I Malcontenti

L’artigiano non trova lavoro ed è malcontento, sono malcontenti gli impiegati, malcontenti i giornalisti perché il pubblico ha tutt’altro in capo che i loro periodici, malcontente le madri di famiglia perché il pane costa sempre caro e i mariti guadagnano poco, e i figlioli non pensano che a spenderne e a divertirsi, malcontente le ragazze perché non trovano marito, e malcontente le maritate perché la sarta e la modista non cessa di tormentarle con la nota da pagare!” .

I Malcontenti , "La Vespa", 2.12.1856 (giornale satirico pubblicato a Genova).

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18 febbraio 2020

In libreria


Emanuela Morganti
Gabriele Galantara. Satira, editoria e grafica (1892-1937)
Pacini editore, Pisa, 2019, pp.248.

Descrizione
Negli ultimi due decenni le ricerche nel campo dell’illustrazione si sono moltiplicate in Italia con rapida accelerazione, rimediando in parte alla disattenzione denunciata da Ernst Gombrich negli anni Settanta. Il volume si inserisce in questo filone di studi e indaga la caleidoscopica attività di Gabriele Galantara (1865-1937) tra il 1892 e il 1937, affrancando definitivamente il personaggio dalla lettura che a lungo lo ha identificato esclusivamente con il settimanale «l’Asino». Emerge il profilo di un artista poliedrico, la cui sterminata produzione figurativa spazia dall’illustrazione alla caricatura, dalla grafica propagandistico-pubblicitaria all’editoria. L’autrice, sulla scorta di una vasta documentazione d’archivio, ricostruisce questa attività e ne analizza i complessi raccordi iconografici e stilistici. Il volume è arricchito da un cospicuo numero di immagini a stampa, disegni e bozzetti originali, alcuni dei quali vengono qui proposti per la prima volta.

*link all' Indice del libro.

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23 dicembre 2013

In libreria

Matite appuntite. Giornali satirici per disegnare l'Italia
a cura di Renata Giannella  e Daniela Middioni

Soveria Mannelli, Rubbettino, 2013, 134 pp.
Descrizione
La collana "I giornali di Minerva", dedicata allo studio di quotidiani e periodici presenti nelle collezioni della Biblioteca del Senato e inaugurata nel 2011 con la raccolta di saggi "Un giornale al mese", si arricchisce di un secondo volume dal titolo Matite appuntite. Giornali satirici per disegnare l’Italia, che fa seguito all’omonima rubrica mensile on line pubblicata sul sito dell’Emeroteca nel corso del 2012. Attraverso le pagine di questo testo si è compiuto un excursus nella satira italiana dal 1848 agli anni Trenta del XX secolo, soffermandosi sulle riviste più rappresentative del periodo, dall’Arlecchino alla Rana, dal Pasquino al Capitan Fracassa, fino al Bertoldo e al Marc’Aurelio. Depositari di una tradizione illustre che affonda le sue radici nel mondo classico, a partire da Aristofane e Plauto, i giornali satirici conobbero un nuovo impulso proprio nell’Ottocento, quando la libertà di stampa rese possibile l’espressione di una critica, anche feroce e irriverente, al potere. Ecco quindi che accanto alle analoghe esperienze europee, inglesi e francesi in particolare, sorsero le prime riviste satiriche italiane, la cui analisi consente di delineare un percorso di ricerca parallelo all’approccio storiografico, attento al costume e alla società dell’epoca, in grado di ricostruire fedelmente la temperie culturale e politica del nuovo Stato unitario. Le vignette e le caricature delle testate satiriche segnano le tappe di uno spassoso viaggio in punta di penna nelle nostre vicende nazionali, grazie alla testimonianza di intellettuali, scrittori, artisti e disegnatori animati dall’eterna esigenza di irridere il conformismo e moralizzare la vita civile; in tal senso il connubio fra giornale e satira appare perfetto, laddove l’immediatezza della stampa fornisce un’arma micidiale alla polemica. Ripercorrere, sia pure a grandi linee, la storia della satira italiana tra Ottocento e Novecento significa così osservare da un’ottica privilegiata il nostro passato per meglio comprendere il presente, compito, questo, che la Biblioteca del Senato si assume come preciso dovere di formazione e conoscenza.

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18 dicembre 2013

In libreria


Paola Maria Farina
 La rivista «Linus». Un caso editoriale lungo quasi mezzo secolo
Cargeghe (SS), Documenta, 2013, 149 pp.
Descrizione
Perché 'Linus'? Perché Linus, partner e antagonista di Charlie Brown, è un personaggio pieno di fantasia (anche 'grafica': disegna nell'aria!), è simpatico e ha un nome facile da dire e da ricordare". Con queste parole, tanto lievi quanto evocative, un gruppo di intellettuali animati dalla comune passione per i comics, tenne a battesimo a Milano nel 1965 la rivista mensile di fumetti e illustrazione "Linus". Da subito, un successo commerciale da oltre trentamila copie vendute. Da allora, un caso editoriale lungo quasi mezzo secolo. Paola Maria Farina ricostruisce la vicenda della testata ripercorrendone, sul filo della narrazione storica e cronachistica, ma anche memorialistica e aneddotica, il singolare percorso, dai pionieristici esordi con Giovanni Gandini e la libreria Milano Libri agli innovativi sviluppi con Oreste Del Buono e la Rizzoli, dall'interesse per la letteratura grafica all'impegno civile e sociale.
*link alla scheda di presentazione del libro sul sito della casa editrice Documenta.
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03 novembre 2013

In libreria

Satira politica e Risorgimento. I giornali italiani 1848-1849a cura di Marina Antonelli
Roma,  Carocci , 2013, 242 pp.

Descrizione
Ripercorrendo gli eventi caratterizzanti il biennio 1848-49 in Italia, il volume ne propone la lettura attraverso la vastissima documentazione fornita dalle pagine dei giornali satirici. Essi arricchirono il giornalismo politico ai suoi primi passi con un linguaggio allusivo, sferzante, ricco di spunti di notevole rilievo culturale; inoltre l'originalità delle caricature coinvolse anche segmenti sociali sino ad allora poco avvezzi al dibattito politico. Caratterizzati da una vita breve e tormentata dai rigori della censura, anche questi fogli, spesso considerati minori, furono una testimonianza non insignificante del clima appassionato del biennio.
*Link all'Indice
 
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16 giugno 2011

La satira é politica

“La satira politica è una forma di comunicazione tipica della modernità, cresciuta con la società di massa e con la libertà di stampa tra gli estremi dell’ironia e dell’aggressività, verbale e figurata.”
Un diluvio di giornali è il naturale sbocco della certosina opera di catalogazione messa in atto dal centro APICE dell’Università degli Studi di Milano: migliaia di immagini, dodicimila per la precisione, selezionate tra quelle pubblicate dalle più importanti riviste illustrate di tutta europa. Il fine ultimo del progetto è operare una prima comparazione di livello accademico tra testate satiriche italiane francesi e tedesche, dando luogo ad un confronto tra modi, caratteri e stili del disegno satirico europeo. In un arco di tempo breve per la storia ma molto prolifico per il giornalismo satirico, circa sessant’anni, il libro pone i contrasti tra vedute politiche e sociali come base fondante della comparazione, partendo dalle contrapposizioni figlie della Repubblica Romana di Mazzini e arrivando all’affermazione prima iconografica che politica avuta dal fascismo, passando per i temi forti della modernità e della lotta capitale-lavoro e per la prima guerra mondiale, con il fenomeno delle testate edite dai soldati in trincea.
Paradossalmente lo scenario italiano pare più immutabile, il Don Pirlone, giornale edito nel 1848 e 1849 pro-Repubblica Romana non è altri che l’antenato dell’Asino, periodico satirico di matrice socialista, mentre Il Mulo, periodico reazionario e grande nemico dell’Asino, discende dal periodico curiosamente intitolato “Grande Riunione tenuta nella sala dell’Ex Circolo Popolare in Roma”.
Il contrasto è chiaramente politico, l’universo simbolico a cui fanno riferimento attinge ad immagini stereotipate, come il Capitalista grasso e schiavista dei fogli operaisti, il leader socialista che usa i soldi del partito per abbuffarsi e bere champagne delle testate conservatrici, ma si nota come i grandi protagonisti della politica dell’epoca siano conosciuti ed il loro aspetto risaputo al pubblico: appaiono Mazzini, Garibaldi e altri personaggi storici sotto forma di caricatura. È chiaro come sia ancora lontano l’avvento del politically correct, non esiste fair play, i nemici di partito vengono accusati di qualsiasi nefandezza, anche nei lunghi articoli, vere e proprie invettive, che si alternano alle immagini. Il massimo dello scontro è sul tema religioso: Don Pirlone e l’Asino sono su posizioni fortemente anti-clericali, con le prime accuse di pedofilia rivolte ai componenti del clero.
Le riviste straniere L’Assiette au Beurre (francese) e Simplicissimus (tedesca), mostrano più cura dell’immagine, denotano un salto di qualità anche nella produzione artistica, ma soprattutto danno molto più spazio all’immagine, la quale domina sui testi. Entrambe si muovono all’interno dei conflitti del primo novecento: lo scontro capitale – lavoro, visto in chiave proletaria, l’utilizzo dello stereotipo del capitalista sfruttatore sulle masse lavoratrici per L’Assiette, il tema della modernità, dell’avanzata inarrestabile dell’industria visto in ottica quasi positivista da parte del Simplicissimus. Da queste diverge Le Mot, francese, l’ultimo periodico satirico straniero preso in esame, dalla vita breve ma dal notevole impatto, poiché nasce durante un avvenimento nuovo e doloroso: la prima guerra mondiale. Come entrambe le riviste straniere, punta forte sull’immagine a discapito del testo, ma soprattutto introduce una nuova forma di comunicazione: satira militante, cioè propagandismo anti-germanico per definizione e contingenza, ma anche denuncia dei piccoli torti subiti dai soldati al fronte. Per far ciò si sceglie l’utilizzo di una serialità dell’immagine, vere e proprie rubriche come le Atrocitès, le quali dipingono scanzonatamente l’orrore ricorrente della guerra.
L’ultima parte è dedicata al sopravvento artistico, prima che politico, che riesce ad ottenere il fascismo. Vengono citati Il Lunedì del Popolo d’Italia, (come recita il sottotitolo, “Supplemento settimanale letterario, umoristico, illustrato”), Il 420 e Il Selvaggio. L’illustrazione fascista è insieme propaganda e denuncia, nei primi anni, il vero colpo di genio è affidarsi ad illustratori conosciuti e stimati in tutto il paese, che però abbiano il presupposto di aderire allo spirito del partito Fascista: il primo esempio è Sironi, il quale col suo stile naif riesce prima ad ottenere le prime pagine del Popolo d’Italia, salvo poi essere scartato e sopravanzato da artisti futuristi, come il Metaldi, animatore del 420, proprio perché non più rispondente ai canoni della dittatura.
In conclusione, due secoli di storia e di politica raccontati dal basso, tramite immagini che vanno dal popolaresco al raffinato, contraddizioni che esplodono nell’illustrazione e nella possibilità di arrivare a qualsiasi tipo di pubblico. Forse un libro poco ricco, ma di sicuro impatto, un introduzione al mondo della satira politica per immagini.
Matteo Melis

Centro APICE (Archivi della parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale), Un diluvio di giornali. Modelli di satira politica in Europa tra ’48 e Novecento a cura di Antonello Negri e Marta Sironi, Milano,Skira Editore, 2007, 112 pp.

*link al sito del Centro APICE  di Milano.
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28 gennaio 2010

I giornali di trincea

Il Piave mormorava. I Giornali satirici di trincea nella Prima Guerra Mondiale. Catalogo della mostra realizzata al Museo della Satira e della Caricatura, Forte dei Marmi, 19 dicembre 2009 - 28 febbraio 2010,  a cura di Cinzia Bibolotti e Franco A. Calotti, Forte dei Marmi, Museo della satira, 2009, 105 pp.
Il volume presenta un'ampia panoramica dei giornali di trincea italiani ed esteri pubblicati durante la Prima Guerra Mondiale. Nella mostra sono esposti giornali e riviste delle collezioni di Francesco Maggi di Genova e Raffaele Bozzi di Serravalle Pistoiese.
Piazza Garibaldi - Forte dei Marmi

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28 giugno 2009

In libreria

Fortebraccio
Facce da schiaffi. Corsivi al vetriolo di un comunista impenitente
Milano Rizzoli BUR Biblioteca Univ., 2009, 296 p.

Scheda del libro
"Quando proponemmo a Fortebraccio di ribattezzarsi con il nome del prode cavaliere scespiriano - ricorda Maurizio Ferrara, direttore dell''Unità' nel 1963 - ci fu dall'altro capo del filo un attimo di esitazione. 'Forte-braccio... debole-mente, diranno' udimmo obiettare." Accadde il contrario: Fortebraccio diventò subito un "fenomeno" travolgente: il solo scrittore in circolazione - come diceva Biagi - capace di cogliere il ridicolo con garbo e ironia. Un'ironia che era il marchio di fabbrica del suo formidabile piglio di moralista e polemista partigiano. I suoi ritratti di Agnelli (l'avvocato Basetta), Spadolini (coverboy della politica) e di molti altri, restano un esempio di giornalismo critico e intelligente: crudele a volte, caustico sempre, eppure dolorosamente divertente.


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Fortebraccio. Vita e satira di Mario Melloni
a cura di Pasquale Di Bello e Paola Furlan
Reggio Emilia, Ed. Diabasis, 2009, 280 p.


Dalla Prefazione di Michele Serra
"Mario Melloni, in arte Fortebraccio, è stato uno dei più grandi giornalisti satirici italiani. In senso più lato, è stato uno dei pochi scrittori umoristici memorabili in un paese che all’umorismo ha sempre preferito la commedia grassa e l’insulto astioso. Oggi il suo ricordo è ingiustamente attenuato, specie perché si è progressivamente disfatto il campo politico in cui Melloni visse e scrisse, quello comunista. Di lui hanno memoria viva soprattutto gli italiani che hanno passato i cinquanta, e si sono formati negli anni del grande scontro tra Dc e Pci, i due grandi partiti di massa oggi ingoiati dalla storia.
I corsivi di Fortebraccio raccontarono quell’Italia, e quello scontro, con una forza polemica e una leggerezza incomparabili. Le due qualità – forza polemica e leggerezza – parrebbero in contrasto. Non lo furono, in Fortebraccio, in virtù di uno stile signorile e di una prosa educata che inquadravano in forma controllatissima i giudizi più ostili, le opinioni più crudeli. Come gli riuscisse, questo scrivere insieme cortese e feroce, questo capolavoro formale, è un enigma che meriterebbe almeno un paio di corsi universitari, e chissà che qualche italianista ispirato, qualche Facoltà non distratta, non voglia provvedere".
*Link alla scheda del libro dal sito dell'editore Diabasis.
Mario Melloni, (1902-1989)

23 dicembre 2008

07 ottobre 2008

Le iene e la droga in Parlamento, fine della vicenda

Volevo inserire il video del servizio della puntata del 30/09/08 del programma televisivo "Le Iene".
Questo video racconta la vicenda che ha visto imputate le stesse Iene contro il garante della privacy per un servizio su un test anti-droga anonimo cui furono sottoposti 50 parlamentari, di cui 12 risultati positivi alla cannabis e 4 alla cocaina. Quel servizio non fu mai mandato in onda, scatenando comunque un'ondata di indignazione verso la "sfrontatezza" (?) della Iene più che per i risultati del test.
Volevo sapere anche le opinioni dei frequentatori di questo blog riguardo alla vicenda.

22 luglio 2008

La satira di Michele Serra

Si è tenuta ieri sera a Genova, nel piazzale delle Feste del Porto Antico, la presentazione dell'ultimo libro del giornalista del Gruppo L'Espresso Michele Serra, "Breviario Comico". La serata rientrava nella serie di eventi proposti dal Teatro dell'Archivolto, all'interno del Genova Urban Lab Summer Festival '08. La piacevole serata si è svolta all'insegna di una allegra chiacchierata sul tema della satira, con la moderazione di Giorgio Gallione e la lettura di alcuni brani del libro da parte delle Iene Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu.

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M. Serra, Breviario comico, Feltrinelli, 2008

Percorso all'insegna della satira attraverso gli articoli più accattivanti del "corsivista" di Repubblica.
Link alla scheda del libro

20 luglio 2008

In libreria

«Non avrai altro Cuore all'infuori di me»,a cura di Andrea Aloi, Chiara Belliti, Mauro Luccarini, Piermaria Romani, Rizzoli, Milano, 2008.
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Recensione critica di Giuliano Zincone
Negli anni bui si rideva di Cuore
"Il Sole24ore", 19 luglio 2008


Il «settimanale di resistenza umana», nato nel 1989, esemplifica il destino della satira in Italia, svuotata di senso da quando i politici più bersagliati hanno mostrato di gradirla e trarre vantaggio
Ma insomma, un foglio satirico che si chiamava «Cuore» era proprio obbligato a far ridere? La risposta sembra ovvia. Però esce in questi giorni una ricca antologia di quel defunto «settimanale di resistenza umana», sotto un titolo buffamente presuntuoso: Non avrai altro Cuore all'infuori di me. Il librone è pieno di illustri vignette e di corsivi memorabili, ma ci sono pure le testimonianze, nelle forme di lievi necrologi. Qui troviamo la sentenza di Piergiorgio Paterlini, uno dei fondatori: «Se l'umorismo non fa ridere, la sua ragion d'essere viene completamente meno; se la satira non fa ridere, la sua ragion d'essere permane e si rafforza». Boh.«Cuore», comunque divertiva molti. Nata verdolina nella pancia dell'«Unità», la rivista se ne distaccò, e raggiunse il picco delle 150mila copie. Anche questo sontuoso florilegio fa ridere parecchio, soprattutto i nostalgici: perché il genere comico (contrariamente al tragico) funziona soprattutto tra i contemporanei/complici, poi rischia di appassire. Gli ignari e gli smemorati, in ogni modo, apprezzeranno le vignette magistrali di Altan, di Vincino, di Disegni & Caviglia, di Maramotti, di Vauro, di Staino, le storielle di Gino&Michele... Proverbiale è diventata la rubrica «Chissenefrega», e ancora fresche mi sembrano le rustiche gogne tipo «Botteghe oscure» (insegne demenziali di negozi), «Niente resterà impunito», «Mai più senza» (pubblicità grottesche), eccetera. Questo settimanale prezioso e non sostituito, scaturisce nel 1989 e cresce sotto il cielo variegato della perplessità. Nel suo primo editoriale da direttore, Michele Serra scrive: «E adesso al lavoro e alla lotta, come dicevano Stanlio e Ollio». Per forza. «Cuore», all'origine, accompagna «l'Unità», mentre il comunismo agonizza, mentre Tangentopoli smantella i vecchi partiti, mentre l'individualismo di massa azzanna le antiche appartenenze/solidarietà politiche e culturali. In questo panorama spaesato, «Cuore» vuole essere soprattutto un giornale (o un controgiornale) e sferza allegramente gli ipocriti colleghi: «Fior di saggina / t'ho visto con sei culi in copertina / e titolavi "Dove va la Cina"» (Stefano Benni). Accanto a questa utile battaglia, ecco qualche stoccata maramaldesca, però inferta con un'eleganza che adesso sembra introvabile: «Scatta l'ora legale, panico tra i socialisti», e «Passerotto non andare via», quando Craxi si preparava all'esilio (latitanza?) di Hammamet. Il «settimanale di resistenza umana» sfotte, un po' snobisticamente, parecchi miti di massa contemporanei, compreso il Festival di Sanremo. E aggredisce preti e gerarchie vaticane con un linguaggio pesante (altro che laicismo!), sovrastato però da un rigore quasi luterano: «Gesù Cristo risorge, panico tra i cattolici». Antisocialismo, anticlericalismo? Nel cuore di «Cuore», forse, covano i riflessi condizionati dell'arcaica fede comunista? In parte sì, certo. Però una vignetta di Ellekappa è piuttosto addolorata: «W Marx, W Lenin, W Mao Tse tung. Ne avessi azzeccato uno». Poi un titolo crudele: «Un grande partito! Occhetto: "Siamo d'accordo su tutto, basta che non si parli di politica"». Infine, ecco la testimonianza del disegnatore Riccardo Mannelli: «Comunismo per me significa solo tre parole, crimini contro l'umanità». A poco a poco, s'esaurisce la spinta propulsiva. Cambiano i direttori di «Cuore», falliscono gli estremi tentativi di rianimazione. Le copie, ormai, crollano intorno alle ventimila. Avanza, strisciando, una inesorabile malinconia che assopisce, insieme, i redattori e i lettori. Si constata l'indifferenza delle masse con una vignetta sulla guerra: «Eccidio». «Salute». C'è poco da ridere. Che cosa è successo?Secondo me (cosciente o no), s'è acceso un sentimento di superfluità, tenue come una fiammella del gas, ma costante e petulante. Qualcuno, insomma, ha incominciato a percepire che, per sua natura, la satira classica non nuoce al potere, ma che anzi (spesso) lo rafforza. Molti politici eminenti chiedono ai disegnatori gli originali delle vignette che li sbeffeggiano. Ecco, in questo libro, una foto dell'arcinemico Craxi che visita la redazione di «Cuore», ilare a soddisfatto. Ecco, sul «Corriere della sera» del 2008, Berlusconi ridicolizzato come un nano/mago da Giannelli. Quel pupazzetto, benché svergognatissimo, non provoca ostilità ma tenerezza. Così come non suscitò avversione il buffo «Fanfani rapito» messo in scena da Dario Fo, poco prima (ahinoi) dell'autentico rapimento di Moro. Nani come Brunetta, gobbi come Andreotti: la satira sollecita spesso i sentimenti di superiorità del lettore/spettatore. Fa ridere il comico che inciampa e cade, fa ridere lo sfigato come Fantozzi. Ma, alla fine, questi personaggi risultano simpatici o (perlomeno) non certo odiosi. Per questo (anche per questo), forse, qualche comico "antagonista" contemporaneo ha deciso di cambiare registro. Basta con i vecchi attrezzi della satira, basta con le allusioni, le metafore, le parodie, i paradossi. Basta con l'arte sottile dell'ironia. Siamo o non siamo gli ultimi supplenti della politica? Passiamo direttamente all'invettiva, all'insulto. Peccato che neanche questo funzioni. Applaudono soltanto i pochi che sono già convinti. In compenso non ride nessuno.
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