Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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10 aprile 2013

Chi era Margaret Thatcher?


All'età di tredici anni ho preso in mano l'ennesimo numero di Dylan Dog, il celebre fumetto ideato da Tiziano Sclavi ed edito dalla Bonelli Editore. “Finché morte non vi separi” vede protagonista una giovane attivista dell'Ira morire di fame in prigione. Era la prima volta che sentivo parlare di Bobby Sand. Era la prima volta che sentivo parlare di Margaret “Maggie” Thatcher. Sempre intorno a quell'anno ho ricollegato alla stessa donna la celebre scena del film Billy Elliot in cui alcuni minatori, tra cui il padre di Billy, stremati dallo sciopero e spinti dalla necessità di lavorare, prendono l'ascensore inseguiti dagli insulti dei colleghi traditi. E solo quest'anno, in seguito ad uno stage in Argentina, sempre alla stessa donna ho ricollegato i racconti di Inés, la signora presso la quale ho alloggiato, che con tristezza e amarezza ricordava lo sterminio di decine di giovani argentini per quelle che lei chiama le Malvinas, ma che per altri sono meglio note come le isole Falkland.
Quando ieri ho appreso della morte della “Lady di ferro”, credevo avrei letto critiche feroci nei confronti di quella che è stata il primo premier donna nella storia della Gran Bretagna e che ha guidato una delle maggiori potenze del pianeta per tre mandati, dal 1979 al 1990. Tuttavia, la ricerca si è prolungata più di quanto mi aspettassi.
Le Monde titola in maniera concisa e neutrale: “Margaret Thatcher est morte”. Di seguito la si definisce come colei che ha “remodelé le Royeume-Uni avec un libéralisme économique intrasigeant”, “l'un de grands acteurs politiques des années 1980”, dal “caractère implacable”. Non si fa alcuna menzione all'Ira e allo sciopero dei minatori. Inoltre, la guerra per le isole Malvine è definita una “reconquête”.
In Italia il Corriere della Sera apre con la dichiarazione rilasciata dal Primo Ministro britannico, David Cameron: «Abbiamo perso una grande leader». Lo stesso Cameron ha proseguito affermando che «Margaret Thatcher ha salvato il nostro Paese» e che «la sua eredità resterà non solo negli anni a venire, ma nei secoli». Sempre in relazione alla guerra in Argentina, si parla di reazione “all'invasione delle Falkland”, ma non si fa cenno alle dimissioni richieste dal suo partito nel 1990, così come sono nuovamente assenti i riferimenti al gruppo terroristico irlandese e alla questione sindacale.
BBC News riporta nuovamente le parole di stima di Cameron, così come quelle rilasciate dal Presidente degli Usa, Barack Obama, e dalla Regina Elisabetta. Solo più avanti è trascritta la dichiarazione dell'editorialista Nick Robinson, il quale ha definito la Thatcher un “controversial politician”, che pur ha infuso “passione” tra i suoi sostenitori e tra gli oppositori. Si citano inoltre lo sciopero dei minatori del 1984-85 e la privatizzazione di un numero imprecisato di industrie pubbliche. In più è presente una prima menzione all'attentato dell'Ira del 1984, al quale la Thatcher è scampata, senza però approfondire la questione. In seguito ad ulteriori elogi alla “Lady di ferro”, solo negli ultimi paragrafi dell'articolo si passa nuovamente alle critiche al suo governo: Neil Kinnock parla della “inequality” prodotta dalle politiche portate avanti dalla Thatcher, mentre Gerry Adams la accusa di aver “prolonged the war and caused great suffering” nell'Irlanda del Nord. Altre critiche arrivano dal National Union of Mineworkers per aver privilegiato gli interessi di pochi e per aver smantellato l'industria del carbone. In aggiunta, si fa menzione anche alle manifestazioni che hanno avuto luogo a Glasgow e Brixton per “festeggiare” il decesso dell'ex Primo Ministro, seppur rimarcando il numero esiguo di manifestanti: rispettivamente 250 e 100 persone.
Lo scenario si amplia con il più autorevole quotidiano argentino Clarín: la Thatcher si qualifica come “la controvertida ex primera ministra británica”, “mandataria durante la guerra de Malvinas”, che “consiguió destruir el movimiento sindical en Gran Bretaña”. Sempre Clarín cita lo sciopero dei minatori, definendolo “brutal”, ed è l'unico a parlare dell'affondamento della nave Belgrano durante la guerra per le isole Malvine e dello sciopero della fame dei militanti dell'Ira durato 172 giorni. Tale sciopero ha portato alla morte di nove persone, tra cui il loro rappresentante, Bobby Sand. I militanti sono deceduti per stenti senza che gli sia stato concesso il diritto di essere ascoltati.

Indubbiamente la Thatcher ha rimodellato il Regno Unito. Indubbiamente bisogna riconoscerle la forza, la longevità e l'importanza dimostrata e ottenuta in un mondo dominato da soli uomini. Tuttavia, non posso che chiedermi a quale prezzo ciò è stato raggiunto e fino a che punto sia lecito tollerarlo.
Enrica Orru
 
*Queste sono solo alcune delle testate che ho consultato.
 Link (clickare sul titolo):
 
Ex-Prime Minister Baroness Thatcher dies, aged 87”, BBC News, 8 aprile 2013.
 
Margaret Thatcher est morte”, Le Monde, 8 aprile 2013.
 
 
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08 maggio 2011

In libreria

Paolo Pombeni (a cura di)
L'Europa di carta. Stampa e opinione pubblica in Europa nel 2010
Bologna, Il Mulino 2011, 312 p.
Presentazione
Il 2010 è stato un anno di grandi difficoltà per l'Europa e la sua costruzione comunitaria. L'attesa nuova architettura istituzionale, dominata dal Presidente stabile del Consiglio europeo e dall'Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune, ha faticato ad entrare a regime e Herman Van Rompuy e Catherine Ashton hanno avuto non poche difficoltà nel tentare di ritagliarsi un ruolo indipendente accanto a quello dei principali leader nazionali. Ma il 2010 è stato anche l'anno della "grande paura" per la moneta comune. Le crisi successive di Grecia e Irlanda e quelle che molti analisti prospettano all'orizzonte, da un lato hanno messo a dura prova le nuove istituzioni previste dal Trattato di Lisbona, dall'altro hanno risvegliato la tensione fra sovranità nazionali e governo comune - e sovranazionale - dell'Ue. In un quadro in rapida evoluzione a dominare è stato senza dubbio il protagonismo (per molti, il "non-protagonismo") tedesco, incarnato dal cancelliere Angela Merkel, parte dominante di un nuovo asse franco-tedesco nel quale Berlino ha sostituito Parigi non solo economicamente ma anche politicamente. Se l'evoluzione interna dell'Europa è stata segnata dall'incertezza, non meno critico è apparso il ruolo dell'Unione nel contesto delle nuove dinamiche multipolari. Difficoltà sono emerse nel rapporto con il gigante cinese, ma anche nei confronti dello storico alleato americano, in una fase in cui il legame euro-atlantico da "alleanza per necessità" si è tramutato in "alleanza per scelta".
*la pubblicazione annuale esce dal 2007.




05 gennaio 2011

PrimaPagina, la rassegna stampa di Rai Radio3

PrimaPagina è la rassegna stampa di Rai Radio 3 trasmessa ogni mattina in diretta dalle h. 7,15 alle h. 8,40. Ogni settimana un giornalista commenta le principali notizie dei quotidiani italiani; poi segue una conversazione in diretta con gli ascoltatori. Le puntate di PrimaPagina possono essere riascoltate sul sito e scaricate.
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03 ottobre 2009

Rassegna stampa

Il sito Windpress.com consente di consultare in contemporanea le prime pagine di numerosi quotidiani italiani e stranieri.

http://www.windpress.com/primepagine.php

27 settembre 2009

Giornalismo italiano

Arrigo Levi, Giornalismo, il vero e il grottesco
“La Stampa”, 27 settembre 2009

"Quanto si parla di giornalismo! Ma quanto è difficile, per i non giornalisti, capire come funziona realmente il mondo dei giornali, della radio e della televisione, che cosa sia il lavoro dei giornalisti!
Circolano soprattutto degli slogan.
Sul palcoscenico del giornalismo si muoverebbero, come forze dominanti, in conflitto o in combutta fra loro, i «poteri forti», o i protagonisti di oscure congiure, o i manovratori di «macchine da guerra», capaci «di asservire e normalizzare, intimidire e ricattare»; per non parlare di chi descrive tutta la stampa come intenta a diffondere solo bugie e calunnie, nemica del fare, nemica della verità e del bene, intenta soltanto a diffamare, con l’obiettivo di corrompere l’anima pura e onesta (o che tale sarebbe senza l’opera malefica dei giornalisti) della «gente», del «popolo», vittima di continui inganni. Oppure s’immagina (ma o è l’uno o è l’altro) l’informazione in Italia come un mondo ormai schiavizzato, privo di libertà, i giornali e le reti televisive come popolati da irresponsabili e obbedienti schiere di esecutori d’ordini, e l’Italia come un Paese democratico, anzi l’unico Paese democratico, dove domina la censura e dove la libertà di stampa ormai l’è morta.
Intanto continuano a uscire nuovi giornali. Non ce ne sono mai stati tanti a sinistra, ho perso il conto, non so più se siano quattro o cinque o sei, mentre si sentono molto più forti che mai in passato le voci che vengono da destra (ma che rimpianto e nostalgia di Indro: al confronto con quelle d’oggi la sua voce controcorrente ci appare straordinariamente modulata e raffinata). E poi un mondo giornalistico che parlava con voce così sommessa da rischiare l’inesistenza, il giornalismo cattolico, ha trovato un’anima nuova e battagliera, e si fa sentire, e come si fa sentire: forse, perfino dalla Chiesa.
E infine ci siamo anche noi: i grandi giornali d’informazione, con le loro tradizioni e le loro identità antiche e indimenticate, ci siamo sempre, presenti sulla scena con una disposizione a inventare cose nuove che vede in gara giornalisti e direttori giovani e vecchi, gelosi della loro libertà, delle loro idee.
Può darsi che uno che fa il giornalista da più di mezzo secolo sia schiavo di una visione un po’ idealizzata della reale natura del lavoro giornalistico. Ma a confronto di quelle grottesche raffigurazioni o denigrazioni che sono di moda, ci sembra evidente, leggendo ogni giorno tanti giornali diversi da quelli del giorno prima, ascoltando tante trasmissioni aperte e tanti dibattiti in radio o televisione, che in questo nostro mondo trovino ancora tutto lo spazio necessario per emergere nuove personalità vivaci e battagliere. Suvvia, questo nostro giornalismo è ancora e sempre una realtà vasta, complessa, variegata, un mondo che parla con tante voci forti e dissonanti, che propone tante idee differenti, buone e cattive, ma ce n’è per tutti i gusti.
Ho conosciuto tante stagioni nella vita del nostro giornalismo. Ci sono stati momenti particolarmente creativi (come dimenticare l’entusiasmo per la libertà di stampa ritrovata dopo la fine del fascismo, dopo l’avvento impetuoso della democrazia?). E ci sono state stagioni ben più difficili e pericolose di quella attuale, quando avemmo l’impressione che per essere buoni giornalisti ci volesse anche molto coraggio. Ma anche il mondo degli inviati in zone di guerra piange oggi i suoi morti. Avrà pure un suo significato il fatto che il giornalismo attiri ancora tanti, ma tanti giovani, che ti avvicinano ogni giorno per chiederti, ansiosi, di rivelare loro la chiave per accedervi, perché lo vedono come uno spazio per esprimersi e per crescere in libertà.
I giovani aspiranti giornalisti vedono quel mondo in modo non molto diverso da come lo vede un vecchio giornalista, con tante memorie, con tanti volti e tante voci che ti riecheggiano dentro di coloro che ti furono compagni di lavoro nel corso di una vita. Voci che, col tempo, per legge di natura si sono spente, per lasciare spazio ad altre. E voci che, se si ha avuto fortuna, trovano ancora modo di esprimersi, e che ancora si riconoscono nella realtà di un mondo giornalistico, che, alla fin fine, superando tante prove, non ci appare poi tanto cambiato. Chi ha qualcosa dentro che vuole veramente dire riesce ancora a farsi sentire. E ai giovani, come è giusto, sembra sempre di essere portatori di nuove idee, protagonisti di nuove avventure. Sembrò così anche a noi, tanto tempo fa."
*estratto dal sito del quotidiano "La Stampa", 27 settembre 2009
*link al sito de "La Stampa"
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13 luglio 2009

In libreria

L'Europa di carta. Stampa e opinione pubblica in Europa nel 2008
a cura di P. Pombeni

Bologna, Il Mulino, 2009 , 352 p.

Descrizione
II 2008 è stato un anno strano per l'Europa, all'inizio apparentemente dominato dall'impasse per una riforma della governance UE che non decollava. E a giugno, con il no irlandese alla ratifica del trattato di Lisbona, sembrava proprio che il "valore aggiunto Europa" avesse perso appeal. Poi la storia "si è messa a correre" e, un po' per reazione al no irlandese, un po' per una serie di complesse crisi (crisi fra Russia e Georgia, crisi economica e finanziaria, riesplodere del conflitto israelo-palestinese), un po' per lo spirito d'iniziativa del presidente di turno Sarkozy, si è tornati a capire che l'Europa aveva ancora molte carte da giocare. Anche quest'anno "L'Europa di carta", giunto alla sua terza edizione, passa in rassegna gli articoli pubblicati dalla stampa dei vari paesi europei e la passione crescente con la quale ha seguito questa nuova fase dell'avventura dell'Unione. Ma, rispetto alle edizioni precedenti, si è aggiunta una importante novità: alle analisi organizzate per paese si aggiungono analisi trasversali dei grandi temi che hanno interessato il 2008: la questione del clima e le relazioni internazionali, la posizione irlandese e i rapporti Usa-Europa, le reazioni alla grande crisi economico-finanziaria.
v. anche i volumi degli anni precedenti:
L'Europa di carta. Stampa e opinione pubblica in Europa nel 2007 (Bologna, 2008)
L'Europa di carta. Stampa e opinione pubblica in Europa nel 2006 (Bologna, 2007)
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31 dicembre 2008

Consigli ipertestuosi #1

Vi segnalo un link sul quale poter consultare un'interessante rassegna stampa quotidiana curata da Ines Tabusso.

http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/?r=89625

Buon Anno a tutti.
wd?

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