Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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25 ottobre 2010

Misura per misura

Alla fine dello spettacolo, quando le luci di sala si accendono ed il brusio del pubblico sovrasta gli ultimi applausi, una domanda sorge spontanea . Perché?
Per tentare di fornire una risposta non certo definitiva ma il più possibile ponderata, occorre fare un piccolo passo indietro ed analizzare velocemente quanto si è appena visto. Misura per misura di Shakespeare (per la regia di Marco Sciaccaluga), prima produzione del Teatro Stabile di Genova per la stagione 2010/2011, si propone di indagare temi attualissimi (del resto, in quale epoca o in quale luogo non furono tali?) quali il potere, la giustizia e la corruzione. Il duca di Vienna (Eros Pagni) difatti di finge un viaggio, lascia il pieno potere al suo braccio destro Angelo (Gianluca Gobbi) e si traveste da monaco per osservare di nascosto gli eventi in sua assenza. Il duca sa di essere stato in passato troppo buono col suo Popolo nel non applicare le leggi che condannano vizi ed adulteri, ma non vuole nemmeno venire ora additato come tiranno. E, ben conoscendo le inclinazioni puritane di Angelo, sa che egli svolgerà al meglio il compito affidatogli. Difatti questi come primo atto del nuovo regno condanna a morte il giovane Claudio reo di aver messo incinta Giulietta, la ragazza di cui è innamorato e del quale è in realtà promesso sposo. I due, in definitiva, hanno solo precorso i tempi. La causa di Claudio viene allora perorata dalla sorella e novizia Isabella (Alice Arcuri), la quale si reca da Angelo a domandarne non la liberazione, visto che il peccato è stato effettivamente compiuto, ma almeno la grazia. Ma Angelo, sino a qual momento integerrimo castigatore di vizi, è sopraffatto dalla carne e giunge a chiedere alla ragazza la sua verginità in cambio della vita del fratello. Isabella rifiuta e toccherà al duca travestito da frate, attraverso una serie di inganni e colpi di scena, dipanare la matassa, salvare Claudio, punire l'ingiusto Angelo e farsi sposare da Isabella.
Lo spettacolo è, pur con qualche sbavatura (come il balletto lascivo finale di Isabella davanti al duca completamente in contrasto col carattere che la ragazza aveva rivelato sino ad un attimo prima), ben diretto, recitato e curato. Ed è a questo punto che sorge la domanda di cui si diceva all'inizio. Perché? Perché il Teatro Stabile di Genova allestisce oggi, nel 2010, spettacoli come se avanguardie, sperimentazioni e ricerche non fossero mai esistite? O meglio, perché questo allestimento, pur essendo consapevolmente e dichiaratamente realizzato per venire incontro al gusto dominante del pubblico, strizza l'occhio alla veramodernità utilizzando qualche trovata puramente esteriore ripresa da questa o quella avanguardia? Quello che ne risulta alla fine è una commistione ben poco comprensibile. La recitazione e l'impianto generale sono difatti di tipo naturalistico (a parte un Eros Pagni ormai ingabbiato in una recitazione sempre uguale a se stessa, e qualche personaggio comico minore ridotto a macchietta), ma la scenografia è composta da due strutture praticabili mobili molto belle (scale, ripiani sopraelevati e porte) che ruotando e spostandosi danno vita ai differenti ambienti dell'azione. Da notare anche che, benché la scenografia sia decisamente di carattere medioevale, i costumi sono un miscuglio che porta addirittura Claudio e Giulietta ad essere due punk con tanto di maglietta strappata, borchie e ciocca di capelli tinta di viola. In altre scene comparivano una radio ed un registratore portatile. Forse l'intento era trasportare in qualche modo l'azione ai giorni nostri, ma allora si sarebbe dovuta percorrere questa strada sino in fondo e dare un taglio decisamente diverso all'intera messa in scena. E però sono esattamente questi elementi che, presi da avanguardie anche vecchie di cento anni (alcuni esempi di prime scenografie mobili e praticabili risalgono addirittura al futurismo russo ed alle opere di Mejerchol'd), regalano a questo spettacolo una patina di modernità che decisamente non ha. 
Detto questo è lecito allora domandarsi quale debba o dovrebbe essere il ruolo di un Teatro Stabile pubblico come quello di Genova. Salvaguardare una tradizione desueta e ben patinata che riempie la sala di abbonati, o tentare il balzo verso un reale cammino di ricerca? Lo Stabile genovese ha deciso da alcuni anni di relegare la sua modernità alla Rassegna di drammaturgia contemporanea di fine stagione. Ma qui l'attenzione è posta solo sui testi di cui si vuole provare la tenuta col pubblico e non sugli specifici linguaggi del palcoscenico (recitazione prima di tutto, poi scenografie, costumi, luci, ecc.).  E' qualcosa certo, ma può bastare? Anche perché bisogna dire che vi sono esempi positivi in questo senso, ad es. Emilia Romagna teatro coproduce gli spettacoli di Pippo Delbono, forse il regista ed attore più interessante oggi in Italia. Senza dimenticare il sostegno, tra gli altri esempi possibili, dato dal Teatro Stabile di Napoli ad Emma Dante o quello del Festival di Volterra alla Compagnia della Fortezza diretta da ArmandoPunzo.
La domanda resta senza risposta  e Misura per misura uno spettacolo ben fatto buono per passare una serata senza pensare più di tanto. 
Andrea Scarel

Misura per misura, di William Shakespeare
Con Eros Pagni, Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Marco Avogadro, Massimo Cagnina, Fabrizio Careddu, Gianluca Gobbi, Aldo Ottobrino, Nicola Pannelli, Roberto Serpi, Antonio Zavatteri, Antonietta Bello ed Irene Villa
Scenografie di Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl
Costumi di Jean-Marc Stehlé
Musiche di Andrea Nicolini
Luci di Sandro Sussi
Regia di Marco Sciaccaluga
Produzione Teatro Stabile di Genova

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