Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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13 ottobre 2010

Questa sera si recita a soggetto

La stagione del Teatro Stabile di Genova si è aperta martedì 12 ottobre al Teatro Duse con Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello per la regia di Alberto Giusta.
Si tratta di uno dei tre testi pirandelliani della Trilogia del teatro nel teatro (gli altri due sono Sei personaggi in cerca d'autore Ciascuno a suo modo) nella quale l'autore scandaglia, smonta e rimonta a suo piacere tutti i meccanismi della messa in scena del dramma borghese ottocentesco. Se nei Sei personaggi in cerca d'autore si analizzano i contrasti tra Attori e Personaggi ed in Ciascuno a suo modo quelli tra Attori e Pubblico, in Questa sera si recita a soggetto viene affrontato il conflittuale rapporto tra Attori e quello che oggi viene comunemente definito regista ma che nel 1929, anno della prima rappresentazione, era ancora indicato come "direttore". Il termine "regista" (derivante dal tedesco régisseur) in Italia sarà introdotto solo nel 1932 nel vocabolario Migliorini e diverrà di uso comune solo dopo la Seconda guerra mondiale. 
Questa sera si recita a soggetto mette in scena il tentativo del direttore tedesco dottor Hinkfuss di mettere una scena la novella Leonora, addio!, di Pirandello anch'essa: un tipico dramma borghese nel quale si intrecciano tradimenti, gelosia e morti drammatiche. Il direttore però vuole allestire la novella senza un copione prestabilito ma attraverso le improvvisazioni (la recitazione "a soggetto" appunto) degli attori. Attori che però non sono liberi di affrontare scene e personaggi come meglio ritengono, ma che vengono costantemente ingabbiati da un direttore che li considera meri strumenti della propria arte al pari delle scenogragie e delle luci. Dapprima gli attori tentano di seguire le indicazioni del direttore e, fra proteste ed interperanze, recitano circa tre quarti del dramma; ma la scena della drammatica morte del padre è disastrosa. Egli dovrebbe entrare in scena insanguinato per la pugnalata ricevuta al cabaret, ma il suo bussare non viene sentito dagli altri attori (impegnati a cantare un'aria del Trovatore) ed alla fine sale sul palcoscenico solo per portare le proprie rimostranze al direttore. Ne nasce una discussione nella quale il direttore dimostra quanto poco importante reputi la necessità di immedesimazione degli attori nei propri personaggi, e quanto sia invece interessato alla realizzazione della sua personale opera d'arte. A questo punto gli attori si ribellano, cacciano il direttore e concludono da soli il dramma recitando, finalmente, come vogliono. Vale a dire mettendo in pratica un'immedesimazione quanto più possibile vera e credibile col proprio personaggio. Addirittura la prima attrice avrà un vero collasso al momento della morte del personaggio. Ma vi è un colpo di scena finale: il dottor Hinkfuss ricompare ed asserisce di non aver mai smesso di guidare, anche a loro insaputa, i propri attori. Come un burattinaio tiene i fili delle proprie marionette. 
L'allestimento curato da Alberto Giusta brilla per la grande capacità dimostrata nel rendere giustizia ad un teatro umoristico (nel senso descritto dal medesimo Pirandello nel saggio L'umorismo) che però spesso viene allestito come estremamente drammatico, cervellotico e noioso. Sicuramente sono stati d'aiuto i molti tagli operati nei confronti di quelle parti didascaliche che Pirandello inseriva nei propri testi proprio perché sapeva quanto possa essere facile per gli attori travisare o distorcere volontariamente il pensiero dell'autore.
Alberto Giusta ha inoltre accentuato, nel suo dottor Hinkfuss, i tratti che rendono questo personaggio un regista-demiurgo, solo ed unico padrone della scena, il quale pone ogni elemento della rappresentazione, attori compresi, a completo servizio della sua arte. Hinkfuss indossa un frack logoro, leggermente troppo piccolo, si muove a scatti perchè nervoso, e fisicamente è quasi sempre leggermente piegato di lato. Forse leggermente stereotipata, ma l'idea dell'artista della prima metà del secolo scorso leggermente sregolato è resa alla perfezione.
Gli altri attori sono parimenti bravi nel continuo gioco di essere se stessi (non a caso si utilizzano i loro veri nomi e cognomi) ed i personaggi del dramma. In particolar modo Mariella Speranza  nella caratterizzazione popolar siciliana della signora Ignazia ed Alessia Giuliani, veramente emozionante nel confronto finale col marito/carceriere Verri (Massimo Lorino), la conseguente morte di crepacuore ed il vero malore dell'attrice. 
La scenografia di Laura Benzi e le luci di Sandro Sussi hanno ben reso l'atmosfera del piccolo teatro di provincia dove è probabilmente ambientata la rappresentazione. Su un palcoscenico libero da quinte e fondali un piccola tenda rossa, sorretta da una struttura metallica, funge da sipario. Alcuni pannelli dipinti ricordano i fondali in uso ai primi del '900; vi sono inoltre alcune sedie di legno e vimini e poco altro. Il tutto estremamente essenziale e funzionale alla rappresentazione. Interessanti poi sono tutte le luci dal basso poste da Sandro Sussi a ricordare come nei teatri primonovecenteschi usasse ancora questo tipo di illuminazione con le classiche luci sulla ribalta. 
Il giudizio generale su questo allestimento è dunque positivo. Rimane solo un dubbio. Perché, dopo la cacciata del regista, il dramma viene rappresentato in maniera così vera e credibile? Nella Trilogia del teatro nel teatro Pirandello ha non solo posto l'attenzione sui nodi focali degli allestimenti teatrali, ma ha anche (e forse maggiormente) decretato, smembrandolo e picconandone le fondamenta, la fine e l'irrapresentabilità del dramma borghese sino a quel tempo (ed anche oggi in fondo) imperante sulla scena italiana. Forse questo tema è maggiormente evidente nei Sei personaggi in cerca d'autore, ma di certo non è estraneo a Questa sera si recita a soggetto. Non sarebbe forse stato meglio portare l'ottima recitazione di Alessia Giuliani ad una carica di emozioni tali da renderla, alla fine, ridicola nel suo cercare di "essere" il personaggio? Questo, ovviamente, senza alcuna presa di coscienza da parte sua o degli altri attori. Pirandello mina la rappresentabilità del dramma borghese che invece, qui, appare ancora perfettamente realizzabileQuesta sera si recita a soggetto è sì un testo incentrato sul rapporto tra il direttore e gli attori, ma la riflessione sul teatro al suo interno è decisamente di più ampio respiro.
Un'ultima notazione. E' interessante che il direttore sia tedesco e non italiano. In Europa invece, ed anche in Germania ovviamente, sin dalla fine del secolo precedente si stava andando definendo il concetto di regista come unico e vero autore, e quindi artista, dello spettacolo. In Italia invece il direttore era inteso, secondo i dettami di Silvio d'Amico, come un garante della volontà dell'autore contro le interperanze degli attori. E' quindi altamente probabile che Pirandello abbia riversato sul dottr Hinkfuss tutta la sua diffidenza per una figura che non considerava il testo come parola sacra da restituire al pubblico, ma come un semplice strumento di lavoro da modificare a proprio piacimento.
Andrea Scarel

Questa sera si recita a soggetto, di Luigi Pirandello

con Alberto Giusta, Davide Lorino, Massimo Brizi, Mariella Speranza, Alessia Giuliani, Cristina Pasino, Alex Sassatelli, Barbara Alesse, Ernesta Argira, Manuel Zicarelli, Carlo Sciaccaluga
Scene e costumi di Laura Benzi
Luci di Sandro Sussi
Regia di Alberto Giusta
Produzione Compagnia Gank e Festival teatrale di Borgio Verezzi; in collaborazione col Teatro Stabile di Genova.
Genova, Teatro Duse, dal 12 al 24 ottobre 2010.

1 commento:

Fabio Fundoni ha detto...

Caro Andrea, non ci vediamo da...? Dodici anni? Tolto qualche fugace saluto per le strade del centro città, direi che non mi sto sbagliando. Ricordo perfettamente la tua passione per il teatro e vedo che non hai abbandonato la strada, anzi. Complimenti per il pezzo, spero di rileggerti presto.

Fabio

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