Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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26 luglio 2011

La rappresentazione degli immigrati nei media italiani

L’opinione italiana è spesso divisa sul tema dell’immigrazione. Ma chi è che forma ormai in prevalenza l’opinione che gli italiani hanno di tale fenomeno? I mass media. É quindi molto interessante analizzare l’immagine che questi forniscono riguardo a tale fenomeno.
Innanzitutto si può evidenziare come vi sia, nei discorsi dei media, un rapporto stabile fra immigrazione e criminalità. Questa connessione diventa sia un criterio di selezione delle notizie che criterio di interpretazione e inquadramento della notizia stessa: si tende di fatto a mettere in rilievo la provenienza straniera degli autori di reati (e molto meno di chi subisce un reato) anche quando questa è solo presunta. Il discorso sulla criminalità si unisce anche ad una visione pietistica degli immigrati considerati come persone che vivono in situazioni di marginalità e degrado sociale.
Questa visione si sposa perfettamente con la precedente in quanto nell’immaginario collettivo una persona marginale, povera e in difficoltà viene considerata socialmente pericolosa. I media fanno attenzione solo alla quotidianità e ai piccoli atti criminali: il fenomeno “immigrati” viene presentato soprattutto nella cronaca (nera nella maggior parte dei casi) e nelle pagine di politica interna mentre invece sono da sempre invece molto scarse, se non quasi assenti, inchieste e approfondimenti sul tema.
Le notizie ci suggeriscono quindi prettamente l’idea di un binomio fra immigrazione e devianza: le notizie di atti criminosi da parte di immigrati si susseguono di giorno in giorno, al più cambia il reato che gli si imputa.
Gli argomenti sono quelli dell’invasione (sbarchi, sovraffollamento etc.), della sicurezza e della criminalità (prostituzione, spaccio, terrorismo islamico etc.).  Leggendo qualsiasi giornale si può constatare,come vi siano alcuni leitmotiv: queste ricorrenze possono essere individuate su tre livelli. Nelle pagine “internazionali” e nazionali di carattere generale i due argomenti ricorrenti sono il terrorismo di matrice islamica (legato agli immigrati di fede musulmana) e l’arrivo, come se fosse un’orda, di “clandestini” nelle nostre coste.
A livello nazionale, ma prevalentemente nelle pagine dedicate alla cronaca, e in quelle locali, l’immigrato viene descritto nella maggior parte dei casi come un deviante: vengono infatti presentate un susseguirsi di notizie riguardanti atti di microcriminalità imputabili a stranieri. Emergenza, clandestinità, invasione, sbarchi, criminalità, disperazione e terrorismo sono parole che ricorrono costantemente in relazione all’immigrazione.
I mass media attuano un’informazione molto schiacciata sugli eventi contingenti -e su quelli più sensazionali ed emotivi connotati in termini di conflitto, emarginazione etc.- e poco propensa non solo all’inchiesta e all’approfondimento ma anche alla sua semplice problematizzazione secondo diversi punti di vista. L’immigrato infatti fa notizia soprattutto se è coinvolto in episodi di cronaca nera o è oggetto dell’azione istituzionale; raramente diventa protagonista di reportage giornalistico in quanto espressione di un mondo, di una cultura, di un vissuto diverso che viene a contratto con la nostra realtà .
Il tema immigrazione viene trattato prettamente come un problema da risolvere (solitamente di ordine pubblico) e come emergenza, più che come un fenomeno da analizzare e approfondire: questa dimensione problematica e di eterna eccezionalità e emergenza trasmette un’idea erronea del fenomeno, non facendo comprendere all’audience che l’immigrazione è un fenomeno ormai strutturale e ordinario della nostra società. La migrazione viene così presentata quasi come una fatalità, non come l’inevitabile conseguenza di una sviluppo economico diseguale fra paese e paese. La continua ripetizione di immagini di sbarchi, l’uso di termini come invasione, clandestini etc. porta a creare una sorta di panico morale nella società, creando una sindrome da invasione, da cittadella assediata. Sono infatti molto spesso proprio i media che costruiscono e fomentano l’allarme sociale, soprattutto a partire dai singoli episodi di cronaca.
Ciò che caratterizza il discorso sull’immigrazione è infine la creazione di un senso comune sull’argomento. Si creano così una serie di stereotipi e categorizzazioni che rappresentano l’extracomunitario come portatore di degrado, violenza e criminalità: si impone di conseguenza l’idea che l’immigrazione debba essere controllata se non addirittura completamente fermata. A dare una legittimazione a quanto detto dai mass media sono le numerose citazioni di rappresentanti istituzionali (forze dell’ordine, politici etc.) o presunti esperti del tema; a ciò fa da contr’altare una pressoché assenza di parola dei diretti interessati.
Giacomo Solano

*Il presente articolo è una rielaborazione di una parte di un saggio sull’argomento, dello stesso autore, presente in un libro uscito quest’anno: Baggiani B., Longoni L., Solano G. (a cura di), Noi e l'altro? Materiali per l'analisi e la comprensione dei fenomeni migratori contemporanei, Discanti Editore, Bagnacavallo (Ra), 2011 (con saggi di Aime Marco, Arvati Paolo, Baggiani Bianca, Ballerini Alessandra, Carlini Giuliano, Longoni Laura, Palidda Salvatore, Petrillo Agostino, Queirolo Palmas Luca, Solano Giacomo).
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