Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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26 agosto 2013

Dal Caffè ai Blog

Il nuovo libro di Giorgio Zanchini in apertura si propone come un percorso di nascita, evoluzione e decadenza del giornalismo culturale. Scritto con immediatezza e  semplicità  nei primi capitoli affronta la spinosa definizione di cultura, che risulta attualmente essere definita sia come  la “sfera delle attività artistiche e intellettuali che presuppongono ingegno”, sia come “l’insieme di atteggiamenti, norme, valori, credenze, rappresentazioni di collettività umane presente in tutti i gruppi e gli strati sociali”.
L’esauriente chiarimento della materia trattata è seguito da un dettagliato e avvincente sunto storico che evidenzia in modo mirato le tappe più significative dell’evoluzione del giornalismo, compreso quello culturale, individuando nel Settecento la culla della stampa popolare con le prime riviste femminili e i periodici di intrattenimento. Viene poi affrontato capillarmente il periodo del XIX secolo in cui il boom della penny press americana e delle gazzette inglesi lancia un nuovo modo di fare giornalismo. Nello stesso periodo ricorda, con dovizia di particolari, l’ascesa delle riviste di settore e soprattutto il cambio di mentalità degli editori per i quali la stampa diviene una fonte di guadagno non indifferente viste le nuove generazioni alfabetizzate e assetate di notizie a cui risponde l’innovazione tecnologica.
Grande importanza viene data alla nascita della terza pagina in Italia, vera e propria incubatrice dell’articolo culturale. Sul Giornale d’Italia infatti viene riservata la terza pagina, delle sei che comprendeva, ad articoli legati alla critica artistica e letteraria. Se in un primo momento è servito un po’ di assestamento, una volta preso l’avvio questa iniziativa diviene fiore all’occhiello di un giornalismo nazionale fin troppo fossilizzato sull’educazione politica. Alle terze pagine dei vari quotidiani ottocenteschi partecipano le grandi firme della letteratura come Grazia Deledda e Gabriele D’Annunzio; ciò porta anche alla luce la scarsa considerazione che essi provavano per la professione giornalistica.  
Arrivati a questo punto della lettura si percepisce un cambiamento di atmosfera. Dalla rincorsa attraverso i secoli fino all’apice della stampa culturale si giunge ad un momento di impasse, caratterizzato dall’appiattimento degli articoli culturali, sempre meno esclusivi e stilisticamente distinti, per poi riprendere il ritmo in una discesa che pare senza freni.
Dalla seconda metà del Novecento, causa i mutamenti  politici e culturali avvenuti globalmente, lo spazio dedicato alla cultura cambia. Tra polemiche e frigidi ritorni al passato gli anni Cinquanta  segnano un punto di non ritorno per l’elzeviro e tutto il novero di articoli di cultura.
Scompaiono le recensioni dei libri, sostituite dai supplementi che vengono venduti insieme ai quotidiani nei giorni festivi, latitano le critiche musicali e teatrali che compaiono sporadicamente in qualche trafiletto di riempimento, per non parlare dei reportage di viaggio che già molto prima hanno attirato l’attenzione solo grazie alla loro assenza.
Zanchini qui si sofferma, come a prendere fiato dopo la discesa a rotta di collo, sulle possibili cause della “morte della terza pagina”. La rivalità tra scrittori e giornalisti è sempre stata un punto caldo nelle redazioni proprio a causa della partecipazione dei primi alla stesura degli articoli che figuravano in terza pagina affiancati ai diari di viaggio di reporter sparsi per il globo in quella che può essere definita un’avventura collettiva. L’autore però non crede, come me peraltro, che la causa del mutamento/decadimento del giornalismo culturale sia da riconoscere nella sana rivalità tra scrittori puri e giornalisti ma piuttosto nell’avvento delle televisioni, delle radio e infine, nell’ultimo decennio, di internet. Nell’arco di una quarantina di anni lo scenario della comunicazione è completamente cambiato.
Con la televisione i programmi di intrattenimento surclassano la stampa culturale, l’ascesa delle radio e dei programmi radiofonici dedicati al teatro e alla musica ruba un’altra importante fetta di informazione al giornalismo da terza pagina che, privato dei suoi cavalli di battaglia, si adagia in tiepidi articoli che spesso vengono bellamente ignorati dai lettori più interessati alle inchieste e alla politica.
La crisi della carta stampata è frutto della nascita dell’infotainment, che attraverso radio e televisioni surclassa  in immediatezza e coinvolgimento i quotidiani e i periodici.
L’avvento di internet ha definitivamente cambiato il modo di fare giornalismo e di vivere la trasmissione di notizie perché se attraverso i media del Novecento la circolazione di dati era prevalentemente unilaterale, adesso il rapporto tra media e fruitori si è trasformato in un rapporto simbiotico di interscambio.
I giornali hanno fatto un salto qualitativo trasferendo parte degli investimenti della redazione in una conquista di spazi web per interagire con la quasi totalità dei visitatori della rete. Qui Zanchini evidenzia l’attività di consulta e monitoraggio che i deskisti effettuano sui blog aperti e aggiornati da comuni cittadini.
Se nell’Ottocento i luoghi di cultura e dibattito sulle novità erano i Caffè o i circoli privati e durante il Novecento l’unilateralità della Terza Pagina ha in qualche modo sopito lo scambio di idee tra i lettori, ecco che nel XXI secolo rinascono i dibattiti tra privati cittadini, stavolta non nei caffè o nei salotti, ma sul web, dove è possibile trasmettere le proprie opinioni ad un pubblico esponenzialmente più vasto. Ad un pubblico globale.
In tutto questo travagliato cambiamento, il giornalismo culturale ha cambiato maschere, vesti, forme ed espressione fino a giungere ai giorni nostri completamente diverso rispetto alla nascita.
Adesso non esiste più l’articolo culturale o l’elzeviro, adesso la cultura permea l’intero quotidiano, l’intera macchina dell’informazione: dall’impaginazione dei giornali, alla gerarchizzazione delle notizie; dall’agenda setting al linguaggio usato in radio o in tv, dalle fotonotizie in prima pagina ai filmati dei giornali web.
Cultura non è più solo critica o scoperta o prodotto dell’ingegno umano, è tutto ciò che attira l’interesse del pubblico perché parla del pubblico e per il pubblico.
Nelle sue conclusioni, un poco frettolose Zanchini riconosce che la professione di giornalista culturale, un tempo ben definita e con incarichi precisi, adesso è invece una macrocategoria che comprende quasi l’intero entourage della redazione che però non è più caratterizzato dalla specializzazione personale.
Esiste ancora il giornalismo culturale in senso stretto? L’autore lo individua talvolta nelle riviste, nei periodici, spesso in radio e nell’ultimo biennio anche in televisione ma la terza pagina del quotidiano, scivolata nel tempo sempre più indietro, si può dire quasi perduta e sicuramente priva di quell’originalità e dello spessore artistico che la designavano punta di diamante del giornalismo culturale europeo.
Nel complesso Zanchini riesce a mantenere un linguaggio semplice e fresco affrontando i vari argomenti con semplicità riuscendo ad attirare l’attenzione sui punti essenziali della trattazione.
Ho trovato stimolante sia lo stile sia la semplicità di questo piccolo trattato, nato, a detta dell’autore, più per fare chiarezza tra i “non addetti ai lavori” che tra i giornalisti.
Marta Gaggero
 
Giorgio Zanchini
Il giornalismo culturale
Roma, Carrocci, 2013, 160  pp. (nuova edizione)
 
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