Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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29 ottobre 2014

Ti gusta la notizia?



La notizia come un prodotto. Scelta e confezionata su misura, in base ai gusti personali, come un gelato. Sarebbe questo il futuro del giornalismo? Si, secondo quanto scrive Chiara Daina a p. 23 de "Il Fatto Quotidiano" di martedì 28 ottobre 2014 nell’articolo “Il futuro del giornalismo? Su Facebook e Youtube”. L’informazione diventa così strumento propagandistico. Quello che conta di più è l’indice di gradimento della notizia, la sua popolarità, la sua volontaria “volgarizzazione” pur di rimanere compresa tra le prime dieci news visibili su Google o sui social network.
La realtà non è descritta ma pubblicizzata. L’informazione non è divulgata ma mirata.
L’ideologia del consumo, di un certo giornalismo, ricerca nella notizia una merce “visibile e vendibile”, esattamente come se si trattasse di un pacco di pasta o di carta igienica. Così i produttori di notizie, i giornalisti, diventano produttori di mercati.
Si cerca di capire cosa piace al pubblico, alla massa, si confeziona una notizia con un bel packaging, si pubblicizza come negli spot e si vende sul web o sui quotidiani. Il lavoro del giornalista assomiglia più a quello del copywriter in un’agenzia di pubblicità. Il servizio offerto non è più pubblico ma per il pubblico e per l’emittente pubblicitaria di turno. La differenza è sostanziale.
La notizia stessa si compera, assieme alla pubblicità con cui ci viene venduta. L’informazione è costituita alla fine dalla somma di piccoli spot, da programmare dal mattino alla sera per indicizzare quanti like la notizia ha ottenuto. Non è necessario fare grandi riflessioni o approfondimenti, tutto viene predisposto per noi con anticipo.
Questo genere di informazione ha un fine decisamente semplice: basta vendere la notizia. E il pubblico? Decisamente compra, rimanendo stupido quanto basta per rinunciare a capire.  
Anna Scavuzzo


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