Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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15 febbraio 2015

Un Cappello pieno di ciliegie

"Ora che il futuro s'era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l'inesorabilità della sabbia che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone che da un lontano giorno d'estate costituiva il mio Io." 
Così Oriana Fallaci da il via alla sua saga famigliare che, partendo dal 1773 fino al 1889, mescola le vite dei suoi avi con gli avvenimenti della Storia. Un romanzo denso di minuziosa e maniacale ricerca delle date, in giro per il mondo, nei luoghi in cui i suoi “cromosomi” sarebbero stati costruiti poco alla volta. L’opera è divisa in quattro parti, ciascuna delle quali si occupa di un ramo della famiglia e di come la Storia, ricostruita in modo accurato, possa aver definito in vari modi la sua essenza. Accanto alla sua antenata Caterina Zani amata per la caparbietà, il desiderio furioso di imparare a scrivere usando anche il suo corredo di nozze come foglio e il coraggio di scagliarsi, con il pancione di otto mesi, contro Napoleone troviamo Thomas Jefferson, Benjamin Franklin e Filippo Mazzei. Un altro arcavolo, Francesco Launaro bestemmiatore incallito, Anastasìa, che con atteggiamenti inammissibili per una donna dell’Ottocento, va alla conquista del Far West, seguono poi gli aneddoti legati ai suoi ricordi da bambina come quando vide per la prima volta Mussolini. Tutti i personaggi della Fallaci sono dei rivoluzionari, non si arrendono a una vita preconfezionata, cercano di migliorarla, di avere un riscatto morale anche attraverso la voglia di impadronirsi della scrittura e della lettura. Inevitabilmente però il Destino ha la meglio: naufragi, suicidi e le “mal dolent”, la malattia che non risparmia la trisnonna della madre di Oriana e che non risparmierà l’autrice, “Lo spietato mal dolent che aveva ucciso Maria Isabel Felipa, che attraverso i suoi cromosomi e quelli di Montserrat avrebbero ucciso un mucchio di gente in famiglia, e che prima o poi ucciderà anche a me.” La Fallaci in questo suo regalo postumo ci dona uno straordinario viaggio all’indietro, il racconto che ne esce in Un Cappello pieno di ciliegie è la fatica di vivere, l’emancipazione femminile e l’animo rivoluzionario che caratterizza i tanti volti di Oriana. “Il mio bambino”, così definiva il romanzo, ha avuto un lungo periodo di gestazione, occupando tutta l’intera vita d’adulta della Fallaci, “Sicché la ricerca si mutò in una saga da scrivere, una fiaba da ricostruire con la fantasia. Si, fu a quel punto che la realtà prese a scivolare nell’immaginazione e il vero si unì all’inevitabile poi all’inventato: l’uno complemento dell’altro, in una simbiosi tanto spontanea quanto inscindibile. E tutti quei nonni, nonne, bisnonni, bisnonne, trisnonni, trisnonne, arcavoli e arcavole, insomma tutti quei miei genitori, diventarono miei figli. Perché stavolta ero io a partorire loro, a dargli anzi ridargli la vita che essi avevano dato a me”. 
Maria Teresa Nigro


Oriana Fallaci
Un Cappello pieno di ciliegie 
Rizzoli, Milano, 2008, 2014.

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