Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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11 novembre 2015

La scomparsa dei giornali di carta




I giornali di carta sono destinati a scomparire? È una domanda che si sono posti in molti con la crisi dell'editoria, che negli ultimi vent'anni ha costretto molti giornali a chiudere o, almeno, a ridimensionare il proprio organico. L'editore del "New York Times", Arthur Sulzerberg, nel 2007 diceva di non essere sicuro del fatto che di lì a cinque anni il suo giornale sarebbe ancora stato pubblicato in versione cartacea. Il successo di internet, infatti, suggeriva che i lettori del quotidiano si sarebbero spostati sul web. Più ottimistica la profezia di Philip Meyer, esperto del mondo dell'editoria statunitense, che ipotizzò negli stessi anni che l'ultima copia del più potente giornale americano sarebbe stata stampata nel 2043. Nel 2007, Vittorio Sabadin, all'epoca vicedirettore de La Stampa, pubblica il saggio L’ultima copia del New York Times, inserendosi nel dibattito. Il libro è una riflessione sul destino non solo del giornale di carta, ma del giornalismo stesso. L'autore, con una trentennale esperienza nelle redazioni, testimone dell'evoluzione dell'editoria, dal piombo all'online, cerca di individuare le debolezze dei quotidiani del Duemila e gli elementi che hanno messo in discussione la loro supremazia e credibilità.
Secondo Sabadin, le persone non leggono più i giornali perché non ne hanno il tempo. La tecnologia le tiene troppo occupate, non le lascia mai sole. Ma questo non significa che abbiano smesso di informarsi. Gli under 35, che di rado acquistano i quotidiani, sentono il bisogno di aggiornarsi sulle ultime notizie. Semplicemente, non ritengono che sia il caso di pagare per leggerle. Hanno a disposizione blog, social network, siti delle più famose testate, il tutto aggiornato in tempo reale e fruibile gratuitamente. Perché, dunque, comprare un giornale? "Rispetto ai loro nuovi concorrenti – scrive Sabadin, – i giornali sono rimasti molto indietro: sono lenti, costosi da produrre, difficili da consumare. Richiedono tempo e impegno, molti sono ancora in bianco e nero, come un secolo fa. Hanno poco appeal per le nuove generazioni, incapaci di concentrarsi – come sanno bene gli insegnanti – per più di qualche minuto su qualcosa e per nulla disposte a sorbirsi la lettura di articoli lunghi e apparentemente noiosi".
In questo scenario, le redazioni hanno il dovere di rinnovarsi. Le strade da percorrere sono due: migliorare il prodotto cartaceo, rinunciando al giornalismo che si basa sui lanci d'agenzia in favore di quello fatto "per strada", tra le persone, su temi utili per i cittadini e con inchieste capaci di garantire la buona salute della democrazia, oppure cambiare forma.
Fino ai primi anni del Duemila, la redazione del cartaceo costituiva il 90% dei costi per gli editori, mentre quella dell'online solo il 10%. La percentuale doveva cambiare: dopo una riduzione generale dei costi per rispondere al calo delle vendite, bisognava far sì che l'online diventasse un traino per il cartaceo e non viceversa. Sabadin, su questo, si pronuncia in favore di una redazione "mista", composta da giornalisti che aggiornano il sito e da altri che trascrivono su carta.
Il tutto tenendo conto che le persone, oggi, sono circondate da una marea di notizie, grazie alla free press, a disposizione in metropolitana, in stazione, allo stadio o nelle piazze principali; a canali all-news, con tg 24 ore su 24; radio; blog e, soprattutto, tanti giornali online. Il giornale cartaceo deve distinguersi, provando che vale la pena di spendere per averne una copia, tenendo presente però che il mondo è totalmente cambiato e che nessuno è disposto a dedicare più di 20 minuti alla lettura di un giornale – alcuni studi dimostrano che per leggere dalla prima all'ultima pagina il "Washington Post" servono 24 ore.
Il libro è stato pubblicato ormai quasi dieci anni fa. La testimonianza lucida e mai di parte di Sabadin svela al lettore fatti conosciuti solo a chi è stato testimone, come lui, di molte "ere del giornalismo". Leggere L'ultima copia del New York Times significa confrontare le previsioni e le aspettative di dieci anni fa con la realtà di oggi. Forse, all'epoca, si sopravvalutò il ruolo delle free press, che si pensava avrebbero messo a dura prova la sopravvivenza dei giornali. In realtà, oggi, in Italia, sono proprio i quotidiani gratuiti a essere in forte crisi – "City", la free press di Rcs, ha chiuso nel 2012, dopo undici anni di attività. 24 Minuti, l'edizione gratuita pubblicata dal gruppo del Sole 24 Ore e lanciata nel 2006, ha chiuso nel 2009. Simile la sorte di "Epolis", chiuso poco dopo. Insomma, era errato pensare che questi giornali gratuiti, dagli articoli brevi e semplici, quasi superficiali, potessero scalzare i grandi giornali. La free press ha provato sì a rispondere ad alcune esigenze del lettore di oggi – costo zero, rapidità, facile reperibilità -, ma forse era troppo ambizioso pensare di fare un giornale senza tener troppo conto della qualità e delle grandi firme.
Le previsioni dell'editore del "New York Times", ora siamo in grado di dirlo, erano errate, così come quelle di tanti altri che hanno sostenuto in questi anni versioni apocalittiche per la stampa. Non sappiamo se l'opinione di Meyer si rivelerà più azzeccata, se davvero nel 2043 il quotidiano più potente d'America sparirà nella sua versione cartacea. Quel che è certo è che, nonostante la crisi, i lettori sembrano avere ancora bisogno di fonti autorevoli, delle opinioni delle grandi firme del giornalismo. Nel 2007, quando è stato pubblicato il libro, ci si aspettava una rivoluzione molto più veloce, si aveva una grande fiducia nella tecnologia. La si considerava una forza inarrestabile, che avrebbe rapidamente fatto scomparire i vecchi modelli di giornalismo. In realtà, il cambiamento sta avvenendo in modo molto più lento di quanto ci si aspettava. E nessuno sa dire che ne sarà del futuro dei giornali. Sono in atto molti esperimenti, dalla fruizione del giornale tramite social network (sono in via di definizione gli accordi tra Facebook e grandi giornali di tutto il mondo) alla digitalizzazione del cartaceo ("Il Sole 24 Ore" ha portato moltissimi dei suoi lettori su tablet e cellulare). Oggi si ha la consapevolezza che non c'è un futuro certo all'orizzonte – né per i giornali, né per i libri, che non sono certo scomparsi con l'arrivo degli ebook.

Andrea Giardini


Vittorio Sabadin
L' ultima copia del «New York Times».
Il futuro dei giornali di carta Donzelli, Roma, 2007, 167 pp.





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