Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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20 gennaio 2016

Le voci della storia

Antonio Ferrari e i retroscena delle sue grandi interviste

Sgretolamento non è una semplice raccolta di interviste, ma molto di più. In primis è l’emblema di parte della lunga carriera di un grande giornalista italiano, Antonio Ferrari.
Firma illustre del “Corriere della Sera”, dopo aver seguito gli anni del terrorismo italiano, Ferrari è passato all’estero. Prima in Europa e nell’Est comunista, poi nei Balcani, in Medio Oriente e in Nord Africa. Ferrari racconta le sue interviste più salienti ai grandi leader politici, quei burattinai che nel bene o nel male hanno deciso le sorti di un delicatissimo decennio storico come quello degli anni Ottanta. Con uno stile semplice e un linguaggio affabile, tra ironia e autoironia, Ferrari ci insegna che cosa significa essere giornalista. Coraggio, arguzia, sagacia sono solo alcune delle sue qualità. È un provocatore che non teme chi ha di fronte, poco importa se si tratti  di scavalcare la censura romena per l’intervista a Ceausescu,  o di definire il primo ministro israeliano Yitzhak Shamir un terrorista, o di sfidare i servizi segreti siriani con una intervista telefonica nella sua stanza di albergo a Damasco al leader libanese Aoun. Una irriverenza e una spregiudicatezza a volte punite, è il caso del suo avvelenamento a Bucarest e il conseguente divieto di ingresso in Romania in quanto “persona non gradita”.
Ferrari non ha paura di ammettere che oltre al merito più volte ha contribuito anche una buona dose di fortuna. È alla fortuna infatti che attribuisce la sua più cara intervista, quella a Helmut Schmidt, ormai ex cancelliere della Repubblica Democratica Tedesca.
Dalle sue parole trapela la voglia di verità, spesso però una verità ben nascosta negli intrighi politici internazionali, tanto che per trovarla il giornalista rischia di diventare una pedina di un gioco pericoloso. Fa riflettere il suo incontro con il giornalista turco Mumcu alla fine della guerra fredda a proposito dell’attentato a papa Giovanni Paolo II e la presunta pista bulgara. Durante una cena Mumco confessa:
 So però che la pista bulgara è un clamoroso falso. Sono stato preso in gio. Siamo stati buggerati tutti. Questa storia della pista bulgara è stata costruita per colpire, anzi per distruggere il comunismo sovietico”
 E poco dopo continua:
 “Noi non siamo solo responsabili di quel diciamo o scriviamo. Siamo anche responsabili dei nostri silenzi. Non posso tacere. Mai.”
 Ma Sgretolamento è anche altro. È la ricostruzione attraverso incontri e interviste di un decennio decisivo, quello in cui si verificò lo sgretolamento appunto del Muro più alto e doloroso d’Europa, quello che separava due mondi, l’Occidente libero e l’Oriente comunista. È il decennio che vede il tramonto dell’impero dell’Est con le sue conseguenze nei Balcani, in Medio Oriente e sulle sponde del nostro Mediterraneo. Ferrari ci propone un viaggio nella storia. Dalla guerra civile libanese con l’intervista a Gemayel, all’Iraq di Saddam Hussein e alla Grecia di Andreas Papandreou, passando attraverso la Turchia, la Romania e la Bulgaria.
Le voci degli intervistati compaiono senza filtro, a nudo, facendo emergere inattese verità o sorprendenti bugie. Una in particolare colpisce e diverte. È il 4 ottobre del 1985, poche ore dopo dell’attentato israeliano al quartier generale dell’OLP a Tunisi. L’intervista è rivolta al leader palestinese Arafat che alla domanda su cosa stesse facendo nel momento dell’attentato risponde:
 Lo jogging come lo chiamate voi. E poi liberi esercizi fisici. [] Prima ho cercato un cavallo, ma non sono riuscito a trovarlo. Allora sono tornato a casa, ho indossato la tuta e ho raggiunto la spiaggia.”
 La verità era un’altra. Anni dopo si venne a sapere dell’esistenza di un accordo non scritto tra i vertici del potere mondiale di non uccidere i leader. Arafat si salvò soltanto perché una telefonata lo avvisò in tempo mentre invece palestinesi e tunisini morirono, come, scrive lo stesso Ferrari, carne da cannone.
Benedetta Federica Rovero


Antonio Ferrari
Sgretolamento. Voci senza filtro
 Jaca Book, Milano, 2013, pp. 175.


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