Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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29 agosto 2018

La politica tra propaganda e consenso


La lettura del saggio La Fabbrica delle Verità offre una chiave di lettura fondamentale per comprendere la storia della società italiana tramite il suo “riflesso” più importante, i media.  Nel libro di Fabio Martini, inviato de La Stampa,  ritroviamo un’ampia visione storica del panorama de “L’Italia immaginaria della propaganda da Mussolini a Grillo” coprendo per tanto quasi un secolo di avvenimenti. L’obbiettivo del conseguimento del conseguimento e del mantenimento del potere in Italia è stato raggiunto in diversi modi.
Ogni volta che una delle forze raggiunge e consolida a lungo il proprio potere si pone il problema di come indirizzare la popolazione verso gli obbiettivi che si vogliono raggiungere, giustificare i tagli e le decisioni negative, mostrare un’immagine più compiacente della realtà alla società e in generale creare una unità di intenti tra il popolo e la classe dirigente. Strumento fondamentale per permettere questo passaggio è quello di padroneggiare (se non monopolizzare) i media e ancor di più comprendere le potenzialità dei nuovi media che di volta in volta si presentano e coglierne subito i vantaggi. Allo stesso tempo il racconto dimostra come, inevitabilmente, il consenso sia momentaneo e di come ogni input avvii il rigetto del modello della classe dominante e la conquista del potere da parte di nuove forze.
Analizzando l’evoluzione storica della propaganda e del consenso il libro prende come punto di partenza il regime di Benito Mussolini. Giornalista (politico) tra i più affermati prima e durante la Grande Guerra, il Duce una volta al potere pose subito la carta stampata sotto il suo controllo diretto imponendo le “veline” ai giornali (modelli e direttive se non articoli già preparati inviati a tutti i periodici). Si creò così un’immagine del paese finta, ogni notizia di cronaca nera, avvenimenti e persino bollettini atmosferici venivano nascosti al pubblico, presentando una immagine ottimistica dell’Italia. Fondamentali per unire le masse all’unisono col loro “condottiero” anche gli altri media vennero asserviti alla causa della propaganda. Il teatro, la radio e il cinema furono monopolizzati e usati per affermare l’immagine del paese. Ma il disincanto della guerra abbattè il fascismo. Disfattismo e paura ora aleggiavano nella società, una sfida che i partiti antifascisti dovettero affrontare ma a cui solo la Democrazia Cristiana saprà gestire.
La nuova classe dirigente non ricercava un ottimismo a tutti i costi ma puntava all’alimentazione della paura (specie verso i comunisti e l’Unione Sovietica) vilipendio del nemico e critica alla decadenza dei costumi, una narcosi della rappresentazione di tutto ciò che era troppo pessimistico o veritiero. Davanti alla voglia iniziale di evasione dopo il crollo del regime e di metabolizzare la realtà povera e vitale della nazione immortalata da grandi registi, la DC riuscì ad imporre i suoi valori e modellare la società, anche grazie alla monopolizzazione di un nuovo efficace strumento, la televisione. Proprio la televisione fu fondamentale per colmare il bisogno di evasione e distrazione degli italiani ma mantenendola entro i rigidi limiti della cultura democristiana.
In seguito le grandi trasformazioni mondiali, dal disgelo ai moti di protesta, dagli Anni di Piombo alla domanda di maggiore pluralismo nell’informazione intaccarono il sistema. I politici della “prima repubblica” cominciarono ad entrare sullo schermo, ma spesso apparendo goffi. La stessa televisione, anzitutto servizio pubblico, era chiusa in rigidi schemi comportamentali e sociali che non permettevano grandi libertà di espressione. Una sfida che le televisioni private sono state pronte ad accogliere e soprattutto il protagonista per antonomasia del panorama politico e comunicativo dell’Italia a cavallo del millennio, Silvio Berlusconi.
“Ottimismo Milanese” contro “Disfattismo Comunista”, in estrema sintesi la “seconda repubblica” è stata caratterizzata dallo scontro tra il presidente Fininvest-Mediaset e gli avversari, in uno scontro aperto a colpi di share su vari canali, tg e talk show, con protagonisti nuovi giornalisti-conduttori d’inchiesta. Ma l’invasione della politica su tutti canali ha generato in seguito un rigetto che ha portato infine all’arrivo di leader “freddi” quali Monti e Letta. Tuttavia ancora una volta il bisogno di cambiamento e il rigetto ha stravolto le carte, aprendo così da un lato la strada a Matteo Renzi col suo ottimismo e orgoglio nazionale e dall’altra all’imporsi di movimenti di protesta e “populismo”, fomentati grazie al nuovo media, il web, abilmente maneggiato da Beppe Grillo e il suo movimento.
Alla fine di questa esposizione è chiaro che la propaganda - nella prospettiva  dall’autore - può avere differenti modalità. La propaganda non è solo quella delle grandi parate, dei grandi eventi, delle grandi sceneggiature o delle urla verso il nemico, ma è anche quella più insidiosa e sottile della manipolazione della vita quotidiana, direttamente a livello dell’inconscio.
Personalmente ho trovato molto utile questo libro che mi ha aiutato ulteriormente a comprendere la realtà del nostro paese e soprattutto quella che ho vissuto nel nuovo Millennio, aiutandomi a comprendere che ciò che ho visto è frutto di una lunga evoluzione e che comunque è il popolo, facendosi condurre di volta in volta, a consegnare il potere a chi avrà saputo meglio raccogliere la sfida, creare una storia e cavalcare il consenso, sino al primo errore che inevitabilmente e ciclicamente colpisce ogni leader. Il libro è esposto in modo chiaro e scorrevole, facilmente comprensibile e molto dettagliato senza risultare troppo pomposo.
Alessandro Vinai

Fabio Martini
La Fabbrica della Verità.
L’Italia immaginaria della propaganda da Mussolini a Grillo
Marsilio. Venezia, 2017.
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27 agosto 2018

Consenso/dissenso





Quando una "maggioranza" pretende di inglobare anche il consenso della minoranza, che pure esiste ed è consistente, la democrazia deve tremare.
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