Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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01 marzo 2025

Giuseppe Palermo

Nei giorni scorsi è morto Giuseppe Palermo, il giornalista del Secolo XIX che fu tutor del nostro Diploma Universitario in Giornalismo nelle stanzette di Largo Zecca con 4 computer e un collegamento a internet, sempre pronto a consegnare a tutti competenza, impegno e umanità. Personalmente ricordo con gratitudine quel giorno in cui uno degli allievi gli mostrò un suo articolo e Palermo lo invitò a riscriverlo e a riscriverlo 2/3 volte precisando "Io so che tu lo sai scrivere bene, tu ancora non lo sai"! 
Per questo questa sera trascrivo in questo spazio quel che mi scrisse nel gennaio 2002.
"Come Lei sa bene, non ho mai "insegnato" qualcosa ai nostri ragazzi: abbiamo solo lavorato insieme con grande gioia (spero reciproca) e nulla di più. Che altro potrei dire? Il rischio è quello di un puro esercizio narcisistico che spero di evitare sempre. La ringrazio per le notizie sui "nostri" ragazzi. Fa piacere sapere del successo dei ragazzi che frequentarono le tre stanze del Dug credendo, insieme a noi, in un sogno".
mmilan
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18 febbraio 2025

Le parole, i social e la Storia

"Una parola, decisamente, domina e illumina i nostri studi: comprendere".

Marc Bloch, Apologia della Storia, Einaudi, Torino, 1950 (prima edizione).

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"La logica dei social spinge verso il riduzionismo, verso la semplificazione massima attorno a un uso valutativo (giusto/sbagliato, buono/cattivo) delle parole. Occorre lasciare ad esse, invece, la complessità storica che rappresentano e significano: una complessità che si può riuscire a spiegare in modo chiaro e comprendere in modo semplice, senza ridurle, però, alla logica dei like".
Marcello Flores, Le parole e la Storia, "Il Mulino", 13.2.2018.

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16 dicembre 2024

Il degrado della lingua

 " [...] La nostra classe politica, che in tempi lontani annoverava ottimi parlatori e oratori, tende sempre più ad abbassare il registro, perché pensa di conquistare più facilmente il consenso ponendosi a un livello meno elevato. È la tentazione, strisciante, del populismo. Naturalmente questo implica il degrado anche delle argomentazioni, perché, ai livelli alti, il linguaggio è molto più ricco e duttile. Le conseguenze sono disastrose: da una parte si finisce per ridurre qualunque dibattito a uno scontro fra slogan contrapposti, dall’altra si favorisce la trasformazione di contrasti d’opinione in alterchi, nei quali le passioni, o i preconcetti, annullano il confronto delle idee".

Cesare Segre, Il degrado della lingua, Corriere della sera, 13.1.2010.
*Cesare Segre, Diario civile, a cura di Paolo Di Stefano, Il Saggiatore, Milano, 2024.

15 novembre 2024

L'insegnamento della Storia

 "La storia interessa perché è attuale, non perché è il passato. Il compito degli storici è quello di riattualizzare costantemente il passato, di rinnovare il contenuto della gerla che deve essere portata di generazione in generazione, perché quel passato, che non insegna niente a nessuno, è però fondamentale per sapere chi siamo. Non per avere un insegnamento, ma per sapere chi siamo".

Alberto De Bernardi

*A. De Bernardi, L'insegnameno della Storia, Storicamente.it, 2024/ 20.


13 novembre 2024

Sulla Storia del giornalismo italiano

  - A proposito della storia del giornalismo italiano -

"Fra vent'anni, lo scrivere la storia del giornalismo italiano riuscirà impossibile forse, o di tale difficoltà da spaventare i più coraggiosi. Gli avvenimenti scorrono rapidissimi, la vita giornalistica muta ad ogni tratto, le collezioni di giornali sono rarissime, e i libri che hanno più lunga vita dei diari, poco si curano - o lo fanno solo in modo assai incompleto - di dare un'idea della parte avuta dal giornalismo nei nostri rivolgimenti. Perché non tentarlo adesso? Molti ignorano che i nostri più illustri uomini di governo cominciarono la loro carriera nel giornalismo. Molti altri dimenticano che in Italia il giornalismo ebbe il merito di provocare la rivoluzione, invece di esserne l'effetto. Perché non dovremmo ricordarlo noi, con giusta alterezza, e farlo ricordare?"

Strenna Album 1881 della Associazione della Stampa Periodica in Italia, Roma, 1881, pp. 296-297.

* il volume (disponibile nel Web) contiene numerose infografiche meritevoli di attenzione.


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30 ottobre 2024

In libreria

 

Giuseppe Ferraro
Giornali prigionieri
La stampa di prigionia durante la Grande guerra
Donzelli, Roma, 2024, pp. 224. 
Descrizione
Durante la prima guerra mondiale circa seicentomila soldati italiani furono destinati ai campi di prigionia dell’Impero austro-ungarico e tedesco. Per mitigare la durezza delle condizioni di vita e per spezzare la monotonia di una quotidianità fatta di appelli, pasti in comune e rare uscite nei villaggi limitrofi, i prigionieri si dedicarono a iniziative che potessero ricreare nei campi le attività proprie della vita libera: dallo sport ai giochi da tavolo, dall’artigianato alla musica e al teatro, fino lo studio delle lingue, alla lettura e al giornalismo. Proprio i giornali di prigionia costituiscono uno strumento privilegiato per indagare dall’interno la vita dei prigionieri italiani, facendone affiorare gli aspetti storici, culturali, sociali, psicologici e intimamente umani. A differenza dei giornali di trincea, che raccontavano il conflitto seguendo gli schemi della propaganda bellica e della mobilitazione patriottica, quelli redatti nei campi di prigionia narrano in presa diretta le conseguenze della guerra e le sue atrocità, facendosi portavoce del desiderio di pace dei soldati, della nostalgia per le famiglie e per la patria lontana, delle afflizioni derivanti prima dalla vita al fronte e poi nei campi dei nemici. Compilati a mano, illustrati, poligrafati, ciclostilati o stampati, questi fogli rappresentano un originalissimo laboratorio umano e culturale, che in questo libro viene analizzato nel dettaglio anche grazie a un inedito apparato iconografico. I «giornali prigionieri» finirono per diventare una sorprendente via di fuga psicologica per i soldati italiani caduti in mano nemica, un modo per sopravvivere all’inferno e al tedio dei campi di prigionia.

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23 settembre 2024

Italia 1928 Incontro con la dittatura

"Poiché, ancor più diffidente del lettore dei Paesi democratici è naturalmente quello dei paesi dittatoriali. Mentre il lettore generalmente diffida del “troppo” della notizia, quello italiano cerca dietro il “troppo poco” ancora uno spazio nascosto. Egli cerca “tra le righe”. La lettura del giornale diventa un’attività molto faticosa. Alla mia domanda ad amici che leggono il giornale: “Cosa c’è scritto?”, arrivava quasi regolarmente la risposta: “Chieda piuttosto cosa non c’è scritto!

Joseph Roth

Joseph Roth, La quarta Italia, Roma, Castelvecchi 2013   (reportage del 1928 pubblicato sul quotidiano "Frankfurter Zeitung").

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03 settembre 2024

In libreria

 Francesco Filippi, 500 anni di rabbia. Rivolte e mezzi di comunicazione da Gutenberg a Capitol HillBollati Boringhieri, 2024, 244 pp.

"Perché è chi domina il racconto pubblico che può orientare, attraverso un processo di legittimazione, la misura del proprio potere". (p. 11).

[...] A volte però, ad esempio quando il progresso tecnico porta un’innovazione nel mondo degli strumenti di comunicazione, può accadere che vi sia un lasso di tempo più o meno ampio tra la propagazione del mezzo e la sua presa di controllo da parte degli «spacciatori ufficiali» del racconto pubblico. Che succede nel momento in cui chi domina non ha più il controllo dei mezzi di narrazione? Può accadere che la produzione del racconto sfugga allo stretto controllo dei detentori del monopolio e si formi una sorta di narrazione «non certificata», che si propaga tra il pubblico senza che possa essere controllata sul breve periodo. Una sorta di «fuga di notizie» sul presente o sul passato che si avvale di strumenti e tecniche non ancora addomesticati da chi domina la società. Racconti altri, liberi di trasmettere valori non conformi o addirittura divergenti rispetto al solito. (pp. 16-17).


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