Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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04 luglio 2008

Editoriale



Barbara Palombelli
Quei bimbi non sono diversi
"La Stampa", 4 luglio 2008

Caro direttore, siamo confusi, stonati, accaldati, forse persino i più maliziosi sono ormai stanchi della rissa pornopolitica e pornogiudiziaria di queste ore. E dunque rischiamo di non vedere. Rischiamo di non vedere - fra le righe - che, ben mascherato da urgenze e necessità improrogabili, sta per saltare di nuovo in Italia, a settant’anni dalle famigerate leggi razziali, un principio indiscutibile. Quello dell’uguaglianza degli esseri umani. Un principio che viene prima di ogni e qualsiasi schieramento politico e/o nazionale. Un principio che i nati come me negli Anni Cinquanta hanno appreso verso i tre anni, in famiglia o alla scuola. Le suore e i sacerdoti - forse allora meno distratti dai matrimoni o dalle conversioni vip - ci formavano con l’ascolto dei padri missionari... e, anche per questo, quel principio è scolpito nei nostri cuori da tempo immemorabile.Nessuna esigenza «razionale», nessun pregiudizio, nessuna paura emotivamente comprensibile può farci tornare indietro di settant’anni, laggiù negli inferi da dove siamo usciti grazie all’eroismo dei nostri padri. Sono poche le voci che si levano in Italia contro le schedature dei rom, o sulle violenze perpetrate nei centri di accoglienza temporanea, documentate delle ispezioni dei radicali, anche perché la sconfitta sui temi della sicurezza ha annichilito il Partito Democratico nella sua corsa a inseguire temi e provvedimenti che solo dieci o venti anni fa avrebbero fatto orrore certamente agli ex partigiani ma anche ai democristiani e ai moderati più destrorsi. La sola idea che i bambini mendicanti o i disperati che annegano accanto alle nostre isole più belle siano «diversi» da noi è raccapricciante. Eppure, anche nei nostri titoli e nei nostri articoli, qualche volta dimentichiamo che noi potremmo essere quelle madri o quei padri sulle navi della disperazione o che quei bambini al semaforo potrebbero essere i nostri figli. Nasciamo tutti nello stesso modo, in luoghi diversi e in condizioni diverse, ma siamo la stessa cosa, la stessa carne, lo stesso sangue. Ergo: i ruoli e le destinazioni in cui ci troviamo ad esistere non dipendono dalle nostre presunte e future qualità (o difetti). Fa fatica, fa impressione, fa perfino un po’ paura doverlo ribadire, riscrivere, sottolineare. Ed è davvero una tragedia se - distratti dalle intercettazioni e dalle prevedibili modestie del Pd, partito nato al gazebo, insediato all’ombra e finito spiaggiato o sdraiato - non ci rendiamo conto che qui non è questione di impronte o di Cpt (quei recinti e quelle gabbie sono una vergogna mondiale almeno quanto le torture americane di Guantanamo o la pena di morte), è in discussione il fondamento della nostra intera società.

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