La nostra stessa Costituzione viene quotidianamente calpestata, svilita ed umiliata sotto i nostri occhi. "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente a garantire a sè ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa" recita l'art. 36 della Costituzione; "Tutti i cittadini hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure", articolo 21 Costituzione; l'articolo 9, invece, afferma che "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica".
Queste norme, appartenenti al "massimo rango" della legge ed approvate dopo una guerra, la cui fine segnava la nascita di un nuovo Paese fondato su nuovi ideali e concetti, sono sempre più qualcosa di distante dalla realtà, che non ci appartiene nè ci rappresenta più. Sta proprio qui il nucleo del problema: se la Costituzione, che dovrebbe essere la somma e la sintesi di un Paese, la sua colonna portante non rappresenta più lo stesso è evidente che il problema c'è ed è profondo perchè la sua soluzione implica un cambiamento dei paradigmi mentali a cui siamo abituati, un cambiamento di mentalità e culturale. Un Paese democratico, per definirsi realmente tale,si basa su lavoro, istruzione e ricerca, sanità, principi inviolabili ed informazione. Ma se praticamente tutti questi concetti sono stati lentamente erosi e non funzionano? si può ritenere ancora davvero democratico questo Paese?
Forse ciò che bisogna davvero fare prima di ogni altra è ridare valore alle parole, contenuto ai concetti ed alle cose a partire dalle parole "classe", "cultura", "individualità" e "coscienza".
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