"Un sintomo del grado di sviluppo della democrazia e in generale della qualità della vita pubblica si può desumere dallo stato di salute delle parole, da come sono utilizzate, da quello che riescono a significare. Dal senso che riescono a generare. Oggi, nel nostro paese, lo stato di salute delle parole è preoccupante. Stiamo assistendo a un processo patologico di conversione del linguaggio a un'ideologia dominante attraverso l'occupazione della lingua. E l'espropriazione di alcune parole chiave del lessico civile. È un fenomeno riscontrabile nei media e soprattutto nella vita politica, sempre più segnata da tensioni linguistiche orwelliane. L'impossessamento, la manipolazione di parole come verità e libertà (e dei relativi concetti) costituisce il caso più visibile, e probabilmente più grave, di questa tendenza.
Gli usi abusivi, o anche solo superficiali e sciatti, svuotano di significato le nostre parole e le rendono inidonee alla loro funzione: dare senso al reale attraverso la ricostruzione del passato, l'interpretazione del presente e soprattutto l'immaginazione del futuro. Se le nostre parole non funzionano - per cattivo uso o per sabotaggi più o meno deliberati - è compito di una autentica cultura civile ripararle, come si riparano meccanismi complessi e ingegnosi: smontandole, capendo quello che non va e poi rimontandole con cura. Pronte per essere usate di nuovo. In modo nuovo, come congegni delicati, precisi e potenti. Capaci di cambiare il mondo" [...].
Gianfranco Carofiglio
"La Repubblica", 28 luglio 2009
____
Nessun commento:
Posta un commento