e solamente per chiedervi cosa ne pensiate dell'analisi fatta questa settimana dal direttore di Internazionale nel consueto editoriale, che si riallaccia al post in oggetto:
Frattura
Un sondaggio Ipsos di qualche settimana fa confermava tre dati interessanti. Il primo è che in Italia il 54 per cento delle persone si informa prevalentemente attraverso la televisione (il 25 per cento con i quotidiani, il 12 su internet e il 3 con la radio). Il secondo è che il 53 per cento degli italiani considera i mezzi d’informazione molto o abbastanza autorevoli, mentre il 41 pensa che non lo siano. Il terzo è che le persone convinte dell’autorevolezza dei mezzi d’informazione sono le stesse che guardano la tv, e appartengono ai ceti più popolari. L’aspetto preoccupante di tutto questo è che la spaccatura del paese sembra essere più profonda di una semplice divisione tra nord e sud, ricchi e poveri o destra e sinistra. È una frattura narrativa: gli italiani sono convinti di guardare tutti lo stesso film, ma i film sono due – uno raccontato dalla tv, l’altro dal resto dei mezzi d’informazione – e i personaggi e la storia sono molto diversi. Il rischio è che le due Italie non riescano più a parlare tra loro perché non condividono più la stessa realtà, e forse neanche le parole per definirla. - Giovanni De Mauro
Cadute le ideologie e fallite le grandi Rivoluzioni, è certamente vero che non si può più parlare - solamente - di comunisti e fascisti, proletariato e borghesia (nella loro accezione comune), terroni e polentoni...
non pensate anche voi che non ci sia più la condivisione della stessa realtà, per colpa (o per fortuna, dipende dai punti di vista...) della tv?
E se sì, che parole dovremmo usare noi aspiranti giornalisti?
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