Secondo il professore, esistono tre tipi di memoria: "quella carnale, che ha sede nel cervello, quella minerale, che una volta era rappresentata dalle incisioni su steli e obelischi ed ora dal silicio del computer, e quella vegetale che si diffonde sui libri". Quest'ultima conserva un'enorme importanza per la nostra identità, sia individuale che collettiva. Per questo Eco ritiene che sia molto improbabile che il libro possa essere rimpiazzato dal computer, il quale è, peraltro, "uno strumento utilissimo per cercar libri". Aggiungerei che forse il dubbio può sorgere più marcatamente nel momento in cui prendiamo in esame la situazione dei giornali, soppiantati sempre più dai media più recenti come la televisione ed ormai soprattutto la rete. Tuttavia, la memoria " a breve termine" che viene fornita da quotidiani e periodici spesso viene convogliata nei libri, chiudendo in questo modo il cerchio.
Allora le biblioteche, di qualsiasi tipo esse siano, non sono solo il luogo di una nostra memoria personale ed individuale, "ma il luogo della memoria universale, dove un giorno potrai trovare quello che gli altri han letto prima di te". Così il libro, in quanto oggetto che puoi toccare, sfogliare ed annusare, in quanto manufatto che grazie al suo solo aspetto (cioè al materiale di cui è composto, al tipo di rilegatura, alla grafica e allo stato di conservazione) può raccontarci già molto di un'epoca. Esso diventa un tramite insostituibile fra i tempi, un ponte che ci collega al nostro passato e ci proietta anche in avanti, nel futuro. Il libro, quindi, fissa nel tempo e tramanda e così anche il giornale, dal momento che ciò che è notizia in un giorno diventa già storia in quello successivo. Perché dunque accumulare tutti questi dati? Perché gli uomini cercano sempre di raccontare, di trasmettere ed infine anche di ricostruire il passato? La risposta a queste domande viene suggerita dallo stesso Eco. Infatti "qualcuno che insieme ai suoi ricordi personali abbia anche la memoria di quel giorno che fu assassinato Giulio Cesare o della battaglia di Waterloo, ricorda più cose di chi non sa nulla di quello che è accaduto agli altri". Quella enorme e palpitante memoria vegetale composta dai libri e dai loro parenti ci consente di vivere di più ed in maniera più intensa, di superare il limite di quella manciata di decenni che il nostro corpo può sostenere, ci garantisce un'immortalità all'indietro. "Rispetto a chi non legge", scherza infatti il professore nella conclusione, "io sono più vecchio di Matusalemme".
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