Per fare giornalismo d’inchiesta - ha esordito la Gabanelli - : “bisogna avere una patologia particolare” e non è difficile intendere che cosa volesse dire con queste parole.
Il giornalismo in Italia, il buon giornalismo è sempre più difficile. Ed è altrettanto difficoltoso lottare, o meglio, aver voglia di lottare per quei principi legati alla deontologia professionale che fanno produrre articoli, servizi e reportage utili a formare una coscienza collettiva che ormai manca. Complici le distrazioni che ci vengono propinate dai canali tv, fatte di reality, cattivo intrattenimento e scarsa informazione.
Un’infoitment che non fa bene a chi ascolta, lo confonde, lo distrae da quelli che sono i reali problemi dell’Italia di oggi.
Per la Gabanelli innanzitutto “l’informazione è educazione”, proprio per questo i giornalisti dovrebbero rendersi conto dell’enorme responsabilità che hanno nello svolgere il proprio compito.
Si è parlato anche di teorie e tecniche del linguaggio giornalistico, di come si fa un reportage da video reporter, alla Report, insomma; ben diverso da un tradizionale resoconto giornalistico. Eh si, perché innanzitutto ci si informa, si raccoglie materiale, si scava, si approfondisce la notizia così tanto da diventare “scomodi”. Scomodi per le istituzioni, scomodi per la politica, per l’impreditoria, scomodi per i poteri forti.
Grazie agli interventi del pubblico incuriosito ed interessato, Milena Gabanelli ha potuto anche raccontare alcune sue esperienze sul campo,arricchendo così di un nuovo senso critico, gli orecchi, di chi ha avuto la fortuna di assistere ad una così bella lezione di buon giornalismo.
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