Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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08 marzo 2010

Nuovi modelli di redazione

Nell'evoluzione vorticosa del giornalismo di oggi, in piena fase di convergenza delle tecnologie di comunicazione, fioccano dalle migliori scuole di giornalismo modelli che consentono una migliore configurazione della redazione in conformità con le nuove esigenze d'informazione. L'apertura verso un flusso di notizie dal basso potenzialmente innumerevole, la possibilità di essere presente ad un evento particolare, di raccontare la propria realtà quotidiana semplicemente digitando a tastiera i propri pensieri, rende probabile una commistione futura tra il mondo dei giornalisti professionisti e quello dei non-professionisti, i cittadini comuni.
Per poter gestire una mole spropositata di input occorre sì selezionare ciò che offre la rete, ma non bisogna altrettanto trascurare l'importanza ormai evidente dei contenuti user generated.
Faticano a cedere alla nuova era della virtualità i cari ssotenitori della carta stampata, ma si deve considerare l'effetto ambiguo e confuso creato dall'attenzione per il vecchio e per il nuovo.
Benoit Raphael non esita a tracciare una nuova concezione della redazione giornalistica, sulla base dei nuovi cambiamenti in atto. Una redazione definita "Google Newsroom" per le somiglianze e, ancor meglio simbiosi operative con il motore di ricerca più famoso del mondo. Un modo di fare informazione principalmente legato all'abilità dei nuovi professionisti di scovare la notizia meglio raccontata, l'evento sfuggito ai media tradizionali, l'appoggio sempre più vasto e competente di cittadini-giornalisti, blogger, individui curiosi e attenti a ciò che ruota vicino a loro. Tecnicamente, in questa visione futurista, l'80% dei nuovi operatori dell'informazione si occupano di un giornalismo che "crea valore" mentre il restante 20% di mettere in scena le notizie raccolte dai loro colleghi.
Tra i nuovi portatori di valore, suddivisi in unità operative, c'è spazio per coloro che, rifacendoci ai vecchi termini del mestiere, possiamo tranquillamente chiamare "cronisti". Si buttano alla caccia di articoli presenti in social network (facebook o twitter), video, chat, e altri siti dove possono nascere nuove notizie. Per continuare con quelli che fungono da "link", selezionano, mandano al setaccio tutto ciò che proviene dalla rete e ne fanno una summa organica. Last but not least la presenza dei cosiddetti "storici", ovvero con il compito di fornire un approfondimento personale agli avvenimenti accaduti.
Non si pensi che possa sparire del tutto la segreteria di redazione, anzi, dato che il compito di presentazione, messa in forma chiara e attrattiva deve sintetizzare e valorizzare un corpo ancora più grande di argomenti. Non da meno i "community manager", con una maggiore propensione al coinvolgimento dei lettori nei fatti trattati dal giornale. Sotto questo aspetto, il New York Times ha pubblicato un interessante database frutto dell'incontro tra i dati manifestati dal dipartimento di polizia, con i fatti di cronaca segnalati dal giornale in determinate aree geografiche.
Una maggiore specializzazione, unita alla rigenerazione del ruolo di mediazione che richiede una migliore capacità di capire le dinamiche della realtà e suoi movimenti più bruschi e repentini.
Lorenzo Carrega

Fonte: festival del giornalismo

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